Omicidio Bergamini. Fabio Anselmo: “Storia di un complotto. Ma di chi?”

di Fabio Anselmo

È la sera del 18 novembre 1989.
Donata Bergamini è casa di amici per la cena. Attendono l’arrivo di Guido che tarda. Donata è scocciata.
Guido era al bar quando viene informato che c’è qualcuno che lo sta cercando: sono i genitori di Rudi Brunelli, il secondo portiere del Cosenza dove gioca Denis.
“Chiama subito Claudio Lombardo!”, gli dicono agitati.

A casa Bergamini la signora Zerbini riceve una telefonata dai carabinieri che la Informano che suo figlio Denis ha avuto un incidente.
Nel frattempo Guido raggiunge trafelato Donata e la porta via dicendole che devono partire subito perché suo fratello ha avuto un incidente.
Alle 22 mamma, papà, Donata e Guido sono in auto diretti verso la Calabria mentre Guido vuota il sacco: Denis è morto suicida sotto un camion. C’era la Internó con lui. Glielo ha detto Claudio.

Nessuno ci crede. Domizio aveva già detto:”tanto non lo rivedremo mai più”.
Arrivano all’obitorio di Trebisacce in tarda mattinata. Incrociano il procuratore della
Repubblica che entra accompagnato da un’altra persona.
Dopo il riconoscimento viene fatta una ispezione del cadavere di Denis.
Dalle dichiarazioni della internó e dai rilievi dei carabinieri, si sostienr che dopo essersi tuffato sotto un camion è stato trascinato via per decine e decine di metri.
Il povero corpo viene ispezionato e toccato tramite “digito pressione”.
Viene riscontrata una “eviscerazione di tutti gli organi del piccolo bacino”.
Vi sono altresì “politraumatismi multipli alle parti molle e alle ossa in varie parti del corpo”.
Tutto torna. Niente autopsia quindi perché la Interno ha detto la verità.
Sono in tre presenti alle operazioni: il medico Raimondi, il maresciallo Carbone ed il procuratore. Tutto a posto niente a posto.
Si scoprirà poi che quel corpo, a parte uno squarcio limitato ad una parte del pube, era perfettamente intatto. Non poteva esser stato investito e trascinato sull’asfalto da un camion.

Il politraumatismo diffuso in tutto il corpo era inventato. Non c’era.
Al processo che si svolgerà 30 anni dopo il dottore Raimondi negherà di aver mai messo a verbale quelle parole.
Il maresciallo Carbone, tentennante, ne confermerà la paternità. Raimondi farà presente che lui, quel verbale, non lo ha nemmeno firmato. Vero. La sua firma non c’è.
Entrambi giureranno che il cadavere di Denis, rimasto sempre “vestito”, non è stato ispezionato. Nessuno si è avvicinato a meno di 1 o 2 metri.
Il magistrato ribadirà che quel verbale non è falso ammettendo di non riuscire a darsi spiegazioni su quanto emerso. Complotto. Ma di chi?