(Piero Ignazi – editorialedomani.it) – Qual era la visione di Giorgia Meloni quando è arrivata a Palazzo Chigi? Come si capisce ora, a tre anni da quel passaggio, le idee del partito di maggioranza erano vaghe, irrealizzabili e persino pericolose. Su tutto aleggiava un sovranismo da noantri, un euroscetticismo grintoso (è finita la pacchia), una pulsione di legge e ordine, un revanscismo rancoroso nei confronti della sinistra in qualsiasi forma, politica o culturale, si presentasse. La pochezza di quel programma era inevitabile: cosa pretendere da un partito che non aveva classe dirigente in senso lato, ma solo qualche politico di lungo corso transitato da tutte le formazioni della destra neo e post fascista.
L’unico personaggio di un qualche spessore, Francesco Rampelli, animatore dei Gabbiani di Colle Oppio, è stato emarginato non appena ha iniziato a incalzare la premier. L’inconsistenza politico-culturale dei Fratelli d’Italia ha preso forma in personaggi che sembravano emergere dalla commedia dell’arte, da Francesco Lollobrigida, responsabile della sovranità alimentare – già questa etichetta non ha bisogno di commenti – a Gennaro Sangiuliano, capitato per caso al dicastero della Cultura e travolto da una commedia buffa in salsa partenopea.
Se questi casi hanno più che altro fornito un piatto d’argento alla satira, ben più grave è la mancanza di preparazione a gestire un paese. Perché questo ha pesato, e sta pesando, sul nostro sviluppo.
L’Italia ha ricevuto – dall’Unione europea, non certo grazie alla destra – circa 200 miliardi tra donazioni e prestiti: il famoso Next Generation Eu. Nonostante ciò, nel 2024 il governo ha realizzato il record negativo degli ultimi quarant’anni quanto a riduzione della spesa pubblica. Un taglio molto più forte rispetto a tutti gli altri governi degli ultimi trent’anni (Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica).
Non basta: la nostra economia ristagna navigando tra gli ultimi per crescita e i salari sono fermi, sotto la media europea (anche in Spagna oggi sono superiori). ll paradosso è evidente: è scesa dal cielo di Bruxelles una gigantesca manna eppure la nostra economia arranca penosamente. Dove sono andati tutti questi soldi? Un’opposizione un po’ più grintosa ne chiederebbe conto tutti i giorni.
A favore di rendita
Il governo, comunque, ha centrato alcuni dei suoi obiettivi. In primo luogo ha favorito le rendite con una difesa accanita di corporazioni grandi e piccole, dai balneari, una pantomima che va avanti da anni, ai cementificatori del territorio. Poi ha introdotto una corsia preferenziale per gli amici con un interventismo nella finanza (vendita titoli di Mps a prezzi di favore e uso disinvolto della golden share) che in altri tempi avrebbero trovato la fiera indignazione di tutti gli economisti con articoli di fuoco sui vari giornali.
Inoltre, il governo ha dedicato grande energia ad occupare ogni carica possibile gratificando di vari benefit economici la corte meloniana: un assalto alla diligenza per placare una fame atavica di sotto-potere.
La stabilità del governo – diventata ora la parola d’ordine per impostare il nuovo sistema elettorale – non ha alcun valore se non si traduce in politiche efficaci. Ma per questo era necessaria una preparazione culturale che al partito di maggioranza mancava totalmente. E suonano ridicoli gli ammonimenti di coloro che ritengono la sinistra e il Pd privi di un programma credibile… Come se un partito che ha ricoperto ripetutamente negli ultimi tre decenni abbondanti incarichi di governo, che amministra grandi città e regioni da lungo o lunghissimo tempo, non avesse risorse a sufficienza per gestire la cosa pubblica. Altro che gli improvvisati fratelli di Giorgia.
Proprio per evitare di rispondere ai fallimenti sul piano economico-sociale la destra rilancia sul piano dei diritti. Dall’iniziale, fondamentale, decreto sul rave party che ha salvato l’Italia da orde giovanili, al decreto sicurezza che criminalizza la disubbidienza civile non-violenta, il governo è ora passato all’attacco dell’autonomia universitaria.
La rinuncia dell’Università di Bologna ad aprire un corso di laurea riservato a 15 cadetti dell’Accademia militare di Modena, presso l’Accademia stessa, ha offerto l’occasione al capo del governo e a ben tre ministri di denunciare la lesione di un diritto costituzionale, come fosse obbligo per una università preparare corsi di laurea ad hoc, on demand.
La destra non ha pudore di spandere falsità, e non è la prima volta (il caso Almasri insegna). Il fatto è che la sinistra gioca sempre di rimessa, e con guanti bianchi. Balla il minuetto mentre dall’altra parte si sferrano calcioni. Così ci si fa male.









