di Vincenzo Iurillo
Fonte: Il Fatto Quotidiano
E’ un’industria in crescita vertiginosa, quella della corruzione in Italia. Un’industria a pieno regime, che raddoppia i suoi numeri. Le fonti aperte della stampa e del web certificano che dal 1º gennaio al 1º dicembre 2025 il Belpaese è stato attraversato da 96 inchieste su corruzione e concussione, circa otto inchieste al mese (erano 48 nel 2024).
Ci hanno lavorato 49 procure in 16 regioni. Complessivamente 1.028 (lo scorso anno erano 588) le persone indagate per reati che spaziano dalla corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio al voto di scambio politico-mafioso, dalla turbativa d’asta all’estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Oggi è la giornata internazionale della lotta alla corruzione e i numeri estratti dal dossier di Libera, “Italia sotto mazzetta”, sono impietosi. Ci dicono che al Sud e nelle isole c’è il maggior numero di inchieste in cottura: sono 48, seguite da quelle del Centro (25) e del Nord (23). La Campania è “maglia nera” con 219 persone indagate, segue la Calabria con 141 e la Puglia con 110. La Liguria con 82 persone indagate è la prima regione del Nord Italia, seguita dal Piemonte con 80.
I fascicoli raccontano tangentopoli di ogni tipo: mazzette in cambio di un’attestazione falsa di residenza per avere la cittadinanza italiana iure sanguinis o per ottenere falsi certificati di morte, oppure per facilitare l’aggiudicazione di appalti: nella sanità, per la gestione dei rifiuti piuttosto che per la realizzazione di opere pubbliche, la concessione di licenze edilizie, l’affidamento dei servizi di refezione scolastica. Ci sono scambi di favori per concorsi truccati in ambito universitario. E ancora, le inchieste per scambio politico elettorale e quelle relative alle grandi opere con la presenza di clan mafiosi. La corruzione avanza ovunque, nelle grandi città ricche e nelle periferie di provincia, da Torino a Milano, da Bari a Palermo, da Genova a Roma, passando per le città di provincia come Latina, Prato, Avellino, Sorrento.
I numeri sfornati da Libera riguardano inchieste ancora in corso e quindi prive di sentenze che accertino responsabilità. Ma dalla loro analisi emerge una corruzione con basi solide e sistemiche, organizzata dal capo bastone di turno, sia esso un sindaco, un politico o un manager, fino al boss della criminalità organizzata. Sono 53 i politici indagati (sindaci, consiglieri regionali, comunali, assessori) pari al 5,5% del totale delle persone indagate. Di questi 24 sono sindaci, quasi la metà. Il maggior numero di politici indagati riguarda la Campania e Puglia con 13 politici, seguita da Sicilia con 8 e Lombardia con 6.
“Si tratta di un quadro sicuramente parziale, per quanto significativo, di una realtà più ampia sfuggente. Oggi – commenta Libera nella nota diffusa sul proprio sito – il ricorso alla corruzione sembra diventare sempre più una componente ‘n orm al e’ e accettabile della carriera politica e imprenditoriale. Una strategia spesso vincente, che avvantaggiando i disonesti induce una ‘selezione dei peggiori’ e per questa via degrada in modo invisibile la qualità della vita quotidiana, dei servizi pubblici, della pratica democratica.
Questo processo di ‘normalizzazione’, infatti, fornisce agli occhi di molti una rappresentazione della corruzione come elemento ordinario e giustificabile, quasi una componente strutturale della nostra società e della nostra cultura. Ne scaturisce – sostiene ancora Libera – una rassegnazione che finisce per pervadere tanto la sfera privata che quella pubblica, portando troppi cittadini a considerare la corruzione e le mafie come fenomeni invincibili, quando non è affatto così. Essi prosperano però nell’indifferenza, nel disincanto, nella complicità di una parte della società”.
L’associazione presieduta da don Luigi Ciotti ci ricorda che la corruzione tracima anche perché stiamo indebolendo gli argini. I presidi sono stati depotenziati, le leggi sono state riscritte per proteggere i colletti bianchi, ostacolare l’uso delle intercettazioni, rendere più difficili le misure cautelari. È stato introdotto –ma è solo un esempio – l’avviso di arresto per i reati di pubblica amministrazione. È stato abrogato l’abuso d’ufficio, brodo di coltura delle pratiche corruttive. Secondo Libera la corruzione va combattuta attraverso alcune riforme: una regolazione generale e stringente delle situazioni di conflitto di interesse, delle attività di lobbying, un rafforzamento dei meccanismi di controllo dei finanziamenti privati ad associazioni e fondazioni politiche e alle campagne elettorali, introducendo un registro elettronico contenente le informazioni sui fondi impiegati, e rafforzando poteri e risorse a disposizione della commissione di controllo, la creazione di corsi sui temi di etica pubblica negli ordini professionali e nelle università, favorire il whistle – blowing.









