di Marci Palombi
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Lo spettacolo, va detto, è assai irrituale in condizioni normali come quelle attuali: una sessione di bilancio iniziata a metà ottobre non ha prodotto alcun voto parlamentare (forse questa notte…), mentre il governo presenta a rate emendamenti e riformulazioni di testi da settimane, a volte su minuzie, e adesso si decide a modificare i saldi della Manovra (quelli che “non si possono modificare”) per aggiungere 3 miliardi e mezzo di sgravi fiscali nel triennio a favore delle imprese. “Un emendamento importante e che inevitabilmente prenderà un po’di tempo in più”, ha spiegato Giancarlo Giorgetti, che lo ha annunciato ieri all’ora di pranzo in Senato. Tradotto: al momento non è chiaro nemmeno quale sarà il calendario della legge di Bilancio. Basti dire che fino a stasera (almeno) c’è ancora tempo per presentare sub-emendamenti…
ALLA FINE, INSOMMA, il Senato voterà in commissione una Manovra di cui avrà capito poco per approvarla poi in aula col solito maxi-emendamento e relativo voto di fiducia, probabilmente entro la fine della settimana. La Camera, che il bilancio non l’ha ancora visto, lo voterà invece a scatola chiusa tra Natale e Capodanno: un paio di giorni in commissione per far finta di discutere e un paio in aula per lo show finale (sempre con la fiducia). Una débâcle organizzativa e gestionale sorprendente per un governo stabile, senza pressioni esterne e con divisioni nella maggioranza, peraltro fisiologiche durante la sessione di bilancio, su aspetti non certo decisivi. Molti in Parlamento, e non solo tra le file dell’opposzione, sono convinti che il collo di bottiglia sia la Ragioneria generale dello Stato, che ha accentrato tutto il processo di scrittura: dalla forma legislativa alle coperture, il che alla fine significa che di lì passa pure la decisione politica.
Il risultato è che, a due settimane dall’esercizio provvisorio e mentre in Parlamento continuano a piovigginare modifiche o riformulazioni partorite al Tesoro, il ministro dell’Economia annuncia in Senato un nuovo intervento che modifica il profilo della Manovra in un settore non proprio secondario, la politica industriale: 3 miliardi e mezzo per
Transizione 5.0 e la Zona economica speciale (Zes) – “abbiamo avuto domande oltre le previsioni…”, s’è giustificato Giorgetti – più l’allungamento dell’iper-ammortamento per i beni strumentali, tutte richieste di Confindustria.
A pagare parte del conto, particolare delizioso, saranno i fondi stanziati per il Ponte sullo Stretto di Messina, la cui costruzione –semmai avverrà –di sicuro non rispetterà i tempi previsti. Il resto delle coperture usate per arrivare a 3,5 miliardi non è chiaro, anche perché l’emendamento annunciato “per il pomeriggio” da Giorgetti non è mai arrivato in Senato: stamattina, è la previsione serale.
Riassumendo, dopo due mesi il ministro dell’Economia e la Ragioniera dello Stato Daria Perrotta hanno trovato i fondi (forse) per accontentare una lobby potente, mentre per molte altre richieste, altrettanto legittime, a volte della stessa maggioranza, i soldi non ci sono. Non che il Parlamento sia immune dall’attività di l o bbying, ma quando il bilancio è scritto altrove è praticamente certo che gli unici gruppi d’interesse in grado di farsi sentire saranno quelli più ricchi. In altri tempi, e per molto meno,









