Insulti e improperi. La lettura sui giornali delle testimonianze dei collaboratori di giustizia, nel processo d’appello di ‘Ndrangheta stragista, aveva attirato l’attenzione degli uomini della cosca Piromalli di Gioia Tauro. La stessa cosca che, secondo la Procura antimafia di Reggio Calabria, avrebbe partecipato attivamente alla strategia stragista di Cosa Nostra negli anni 93-94 in Calabria.
Alla sbarra, nel procedimento in corso davanti ai giudici di piazza Castello, ci sono il boss del mandamento di Brancaccio di Palermo Giuseppe Graviano e il calabrese Rocco Santo Filippone, legato secondo la Dda proprio alla cosca Piromalli. Entrambi sono accusati di essere i mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi la sera del 18 gennaio 1994 in un agguato vicino allo svincolo autostradale di Scilla. Dopo due sentenze di condanna, la Corte di Cassazione ha annullato gli ergastoli dei due imputati, Secondo i magistrati romani, nel primo processo di appello non è stato «dimostrato adeguatamente» il fatto che i due imputati siano stati i mandanti dell’agguato e degli altri attentati contro i carabinieri tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994.
La Cassazione ha comunque confermato la causale sulla “strategia stragista” che sarebbe stata messa in atto da Cosa nostra e dalla ‘ndrangheta negli anni Novanta. Nel corso dell’udienza del 18 dicembre scorso, il pm Giuseppe Lombardo ha chiesto la riapertura dell’istruttoria e la trascrizione di 5 intercettazioni presenti nell’informativa redatta dal Ros dei carabinieri nell’ambito del procedimento “Restauro”, l’inchiesta che il 25 settembre scorso ha riportato in carcere, tra gli altri, Pino Piromalli classe ’45. In quelle intercettazioni, il boss di Gioia Tauro e alcuni suoi più stretti collaboratori sono stati captati mentre commentavano le dichiarazioni di alcuni pentiti di Gioia Tauro e Rizziconi citati da Lombardo.
Il 15 novembre 2022 veniva intercettata una conversazione tra Pino Piromalli, Antonio Zito classe 51 e Rosario Bruzzese classe 2000 nel corso della quale quest’ultimo leggeva l’articolo do un quotidiano relativo all’udienza celebrata il giorno prima, dov’era stato sentito il pentito di Gioia Marcello Fondacaro. “Le dichiarazioni – scrivono i carabinieri nell’informativa – vertevano in sintesi sui rapporti tra Cosa nostra e ‘ndrangheta, politica e massoneria nei primi anni ’90, nel periodo della stagione degli attacchi allo Stato. All’esito della lettura dell’articolo, Giuseppe Piromalli lanciava una maledizione al pentito Fondacaro “eh malanova m’avi Fondacaro…”. Zito aggiungeva immediatamente dopo “per lui e per suo padre”. Piromalli affermava in riferimento al pentito: “Parla di… non è che dice che…”.
La seconda conversazione aveva come protagoniste la moglie di Piromalli e la sorella. Quest’ultima, facendo riferimento al pentito di Rizziconi Girolamo Biagio Bruzzese, lo aveva definito “pagliaccio”, non capendo la scelta di Bruzzese di continuare a collaborare: “Stupido ognorante… sembra che leggeva… c’erano alcune cose che erano vere… però ho sentito tamto… tu ti presti ai giochi e a ‘ste cose? Hai perso la famiglia… tuo figlio se n’è andato in Brasile e manco ti vede… stupido… ti sei prestato… Non dice niente… dice minchiate£.
Nella terza conversazione, Antonio Zito e Rosario Mazzaferro classe 76, discutevano delle dichiarazioni di Bruzzese in merito a una ipotetica visita di Berlusconi e Craxi a Gioia Tauro per incontrare Pino Piromalli. “Ma che deve sapere ‘sto scemo.. malanova m’avi! Berlusconi e Craxi andavano negli aranceti? Ma tu puoi credere a uno stupido di questi?”-
I giudici di Corte d’appello hanno rinviato la decisione sulla richiesta della Procura antimafia in merito alla trascrizione delle intercettazioni all’udienza del 22 gennaiio prossimo. Stilato anche il calendario delle altre sedute, che saranno celebrate il 5 e il 26 febbraio. Fonte: Gazzetta del Sud









