FIACCOLE ACCESE, COSCIENZE NO: LA SANITÀ CALABRESE È UN’EMERGENZA MORALE
Vibo Valentia, Polistena, Castrovillari, San Giovanni in Fiore…
Nomi diversi, stesso dolore. Stesse storie. Stessa vergogna.
Un fiume di luci ha attraversato le città calabresi. Non era folklore, non era una passeggiata serale. Era una fiaccolata contro una sanità che definire “da terzo mondo” è quasi un complimento. Era gente comune che dice basta a reparti chiusi, ambulanze fantasma, medici che scappano, pazienti che muoiono aspettando.
E mentre le fiaccole illuminavano le strade, qualcuno ha finalmente acceso le parole giuste. Il vicepresidente della CEI lo ha detto senza girarci intorno:
“Chi è neutrale è complice. Il cambiamento dipende da noi.”
Fine del dibattito.
Qui non esistono più moderati, equidistanti, attendisti. O stai dalla parte di chi subisce o stai dalla parte di chi governa questo disastro.
E chi governa questo disastro non deve essere solo fermato, deve essere tolto a calci in culo!
La fiaccolata, organizzata da un comitato di associazioni, ha messo insieme cittadini, amministratori locali, imprenditori, realtà sociali. Non bandiere di partito, ma corpi veri. Facce stanche. Rabbia trattenuta a fatica.
Segno che il problema non è “percepito”. È vissuto sulla pelle.
E smettiamola con la favola tossica che “mancano i soldi”.
I soldi ci sono. Arrivano. A pioggia. Fondi statali, fondi europei, PNRR, commissariamenti eterni. Quello che manca è la volontà politica.
Manca il coraggio di rompere sistemi, clientele, equilibri marci.
Manca la voglia di scontentare qualcuno per salvare molti. La politica sanitaria calabrese è bravissima a fare una cosa sola: proclami. Conferenze stampa, slide, annunci, promesse, post patinati. Poi torni al pronto soccorso e trovi il nulla. Torni a casa e speri di non ammalarti. O di ammalarti altrove.
E allora questa fiaccolata non deve restare una bella immagine per i social o una notizia di cronaca locale. Deve diventare contagio civile.
Perché una regione che accetta di morire in silenzio è già stata sconfitta.
Calabresi, sveglia.
Scendere in piazza non è estremismo. È autodifesa.
È l’unico linguaggio che chi governa capisce quando smette di ascoltare.
Se non protesti oggi per la sanità, domani protesteranno i tuoi figli per te. Sempre che abbiano il tempo di farlo.
Le fiaccole hanno illuminato la strada. Adesso tocca a noi decidere se spegnerle… o farle diventare incendio.










