Il Tribunale della Libertà di Catanzaro ha rigettato la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali di Alfredo Allevato, dirigente del settore 3, ossia Forestazione, Antincendio boschivo e Sorveglianza idraulica, per i quali il gip Giuseppe Perri ha disposto la misura cautelare in carcere nell’ambito dell’inchiesta della DDA di Catanzaro che ha travolto Calabria Verde.
Per Allevato, tuttavia, è stata disposta la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari.
I legali di Allevato, gli avvocati Riccardo Adamo e Giuseppe Mastrangelo, avevano chiesto la scarcerazione di Allevato perché «per il reato contestato, ovvero l’abuso di ufficio, non è prevista la carcerazione preventiva».
Giovedì scorso, nel corso dell’udienza a Catanzaro davanti al TDL, a ribadire la posizione dell’accusa erano stati il procuratore capo Nicola Gratteri, l’aggiunto Giovanni Bombardieri e il sostituto Prontera.
Il TDL si era riservato la decisione e l’ha resa nota oggi.
Allevato è agli arresti dal 21 settembre scorso. Insieme a lui sono coinvolti nell’inchiesta l’ex direttore generale Paolo Furgiuele (tuttora in carcere, che non ha avanzato nessun tipo di richiesta al Tribunale della Libertà), Marco Mellace, dirigente dell’economato, l’ex dirigente Antonio Errigo e l’agrotecnico Gennarino Magnone (consulente esterno). Le accuse vanno, a vario titolo, dal peculato, alle minacce e violenza privata, al falso ideologico.
Tra le accuse mosse ad Allevato, ci sono anche una serie di minacce ai direttori dei lavori dei cantieri di Calabria Verde costringendoli a commettere atti contrari ai loro doveri d’ufficio.
La DDA di Catanzaro ha accertato la distrazione complessiva di fondi pubblici per 80 milioni, destinati invece che ad appalti e ad altre attività al pagamento degli stipendi d’oro per i dipendenti di Calabria Verde.
Gratteri e Bombardieri hanno precisato che si tratta soltanto del primo troncone di inchiesta.