Su una cosa con il dottor Gratteri siamo d’accordo: niente soldi all’antimafia di “costume”.
Già, perché a guardare l’utilità di questo carrozzone che lucra né più e né meno di molti altri suoi simili di vecchia matrice politica/mafiosa, è pari a zero. Tanto denaro pubblico speso per necessità private, non una sola coscienza formata.
C’è di tutto nel paniere delle spese di chi ha gestito qualsivoglia “associazione antimafia”. In nome e per conto di questo nobile impegno si è fatto di tutto. Una spregiudicatezza che neanche i veri mafiosi potrebbero imitare.
Questa schifezza assomiglia molto alle truffe che gente senza scrupoli e dignità mette a segno promuovendo la finta solidarietà: chiedere soldi alla gente, per esempio, per aiutare i bambini ammalati, per poi versarli sui propri conti correnti. Anche al ladrocinio c’è un limite.
Un ladro che si rispetti non farebbe mai questo. E invece c’è chi dice di voler combattere il crimine e poi non si fa scrupoli di rubare denaro che potrebbe servire per pagare straordinari ai poliziotti, dotare le procure di moderni strumenti, fare il pieno alle volanti.
Anche questo è squallido quanto la finta solidarietà. A tal proposito proprio ieri la procura di Reggio Calabria ha notificato a tale Claudio La Camera, ex presidente del “Museo della ‘ndrangheta”, nonché consulente dell’Unodc (ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine), l’avviso di chiusura indagini.
L’inchiesta a carico del La Camera porta la firma del procuratore Federico Cafiero De Raho, che ipotizza nei suoi confronti il reato di truffa aggravata e falsità ideologica. Secondo la procura di Reggio il signor Claudio La Camera (che noi pagavamo per prevenire il crimine) si sarebbe impossessato in maniera fraudolenta di quasi mezzo milione di euro, fondi destinati all’associazione che gestiva il Museo della ‘Ndrangheta.
Una complessa e completa attività di indagine portata avanti dalla Guardia di Finanza ha messo nero su bianco la gestione truffaldina dei finanziamenti che sarebbero dovuti servire all’associazione per promuovere attività di contrasto alla criminalità organizzata.
I finanzieri hanno scoperto di tutto e di più: fatture false, rimborsi gonfiati e utilizzo di fondi pubblici per spese personali. Un’ inchiesta che ha anche scoperto i complici del La Camera senza i quali non avrebbe potuto mettere a segno la truffa: i soliti colletti bianchi, in questo caso funzionari della Provincia e della Regione Calabria, che hanno finanziato i progetti con centinaia di migliaia di euro, senza mai preoccuparsi di verificare.
Per farvi capire il tenore criminale di questo soggetto e di come truffava senza problemi vi riportiamo un passaggio di ciò che scrivono i magistrati: dopo aver affittato (senza contratto) un appartamento dal boss Giuseppe Liuzzo, il presidente del “Museo della ‘ndrangheta” Claudio La Camera avrebbe posto “in essere artifizi consistenti nell’aver attestato falsamente ai pubblici funzionari fatti dei quali gli atti stessi erano destinati a provare la verità in relazione alle spese sostenute nell’ambito di ciascuna progettualità dell’Associazione Antigone – Osservatorio sulla ‘ndrangheta”.
Cioè: falsificano documenti contabili che servivano alla Provincia e alla Regione per giustificare i finanziamenti elargiti, con la complicità dei funzionari. Il tutto nella casa del boss che se la rideva alla grande.
Ma la ciliegina sulla torta di questa brutta storia è la connivenza di certa stampa e di certi giornalisti con questo soggetto.
Professionisti che si assoggettavano a lui fornendogli copertura stampa, in cambio di denaro. Ed infatti i finanzieri rovistando sui suoi tanti conti correnti hanno trovato diversi assegni intestati a collaboratori e giornalisti locali e nazionali.
Tra cui: 3mila euro pagati alla “iena” Luigi Pelazza per un giorno di lezione sul giornalismo investigativo. E poi riesce anche a farsi pagare la pubblicazione del suo libro, “Vincere la ‘ndrangheta”, con l’introduzione di Renato Schifani, pensa tu che schifo. Non si ferma qui. Riceve denaro anche per la trascrizione e la digitalizzazione di atti giudiziari già digitalizzati. Un maestro.
E per finire la partecipazione a un documentario sulla ‘ndrangheta trasmesso poi da Rai Educational (30mila euro). Una montagna di denaro che nulla ha cambiato nella nostra terra se non il suo conto corrente. Questa è la lotta alla ‘ndrangheta e questo è il giornalismo di denuncia. Benvenuti in Calabria.
GdD