Le più catastrofiche previsioni sul Castello Svevo di Cosenza si sono avverate. Non solo il restauro, la costruzione di un ascensore e di una inutile, quanto brutta, copertura di un’ala hanno suscitato una enorme quantità di reazioni negative e di polemiche.
A proposito, l’architetto Dezzi Bardeschi, il professore progettista del restauro, non era per niente d’accordo con le modifiche apportate al suo progetto?
Ma anche l’uso di un bene pubblico, di un bene comune appartenente a tutti i cittadini di Cosenza aveva suscitato perplessità e ipotesi che, a detta del sindaco, erano malevole.
A distanza di un anno e mezzo dall’inaugurazione (avvenuta il 15 giugno dell’anno scorso con una conferenza stampa), Mario Occhiuto e i privati suoi amici ai quali ha dato in gestione il Castello (Giampaolo Calabrese, Pietramala e Aiello, che successivamente sono rimasti in due dopo la “promozione” di Calabrese a dirigente comunale) hanno continuato a perpetrare truffe a danno della collettività. E come se non bastasse, il cazzaro ha nominato dirigente uno dei tre per capitalizzare al massimo la sua parentela con il procuratore Spagnuolo. Incredibile, ma vero!
Per oltre sei lunghi anni le più pessimistiche congetture sull’uso improprio di un bene identitario quale il Castello, si sono, purtroppo, puntualmente avverate. Il simbolo di Cosenza è stato a tutti gli effetti un club privè del sindaco Occhiuto e dei suoi amici che lo hanno gestito. Adesso, piegati da divisioni interne e altri casini, i gestori hanno gettato la spugna e il “nuovo” sindaco ha dato il via a un ridicolo bando per la successione, certamente destinato ad altri degni amici degli amici.
Lo straordinario monumento cosentino è stato usato per feste e avvenimenti privati, anche matrimoni, e non c’è stato mese di questo lunghissimo anno nel quale i gestori non hanno fatto i loro porci comodi nel monumento simbolo della città.
Alcuni visitatori, che hanno visto il Castello in questi anni (noi personalmente non ci andiamo esattamente da quella conferenza stampa dell’anno scorso, che ci è bastata per vedere lo scempio che hanno fatto), ci hanno testimoniato, insieme alle foto, che la Piazza d’Armi è stata trasformata in un lounge bar con tanto di divanetti bianchi, bancone e palcoscenico attrezzato, come se si trattasse di un qualunque cortile di una qualunque abitazione privata e non uno dei monumenti più importanti di Cosenza e del Mezzogiorno.
La Sala del Trono è stata usata per decine di matrimoni, come dimostrano i cesti di fiori appoggiati contro la parete ovest. E per le cene luculliane di banche rapaci come Mediolanum.Alcuni degli orrendi infissi in alluminio sono già rotti e, per aggiungere al danno la beffa, l’ascensore, che a detta di tutti gli esperti deturpa il Castello, non ha mai funzionato. L’orribile restauro e l’uso improprio, affidato ad una società privata, del Castello Svevo rappresentano, nel modo più eclatante, il modello della gestione di questa Amministrazione: sperpero incompetente del denaro pubblico ed uso privatistico dei beni comuni che appartengono a tutti i cittadini di Cosenza.
Abbiamo avanzato anche seri dubbi sulla spesa per la ristrutturazione del Castello che, secondo il bollettino del BURC (pubblicato ufficialmente a maggio del 2015), che alleghiamo, era prevista per un ammontare complessivo di 3 milioni di euro, ma risultano pagamenti pubblici per 2.273.327,27 euro e, addirittura, solo 1.730.625,91 euro certificati. Che fine ha fatto la differenza? Dove sono finiti i quasi 1.300.000 euro di differenza?
I notoriamente oculati amministratori cosentini hanno speso meno del finanziamento ? Oppure la differenza è stata dirottata verso altre opere?
Occhiuto, che (a parole) dice di documentare sempre tutto quello che fa, copre in maniera vergognosa la “cresta” di 1milione 300mila euro che ha fatto insieme ai suoi amici, con l’altrettanto vergognoso silenzio compiacente di tutti coloro che avrebbero potuto smascherarlo e non l’hanno fatto.
Nel frattempo, andava al Castello come un “dittatore” con il suo codazzo di lecchini e oche del Campidoglio. Uno spettacolo indecente.