Che dire, so soddisfazioni.
Non per la gente in galera – anche se lo meritano io non auguro mai a nessuno la galera, io sono per il sequestro totale dei loro beni con l’obbligo di lavoro in un cantiere – ma perché, finalmente, anche quelli a cui non riuscivo a far capire (molti facevano finta di non capire) che il “problema” piazza Fera-Bilotti non era la sua estetica ma la forte infiltrazione mafiosa nell’appalto, ora, alla luce di quello che è avvenuto, mi auguro avranno, non dico la compiacenza di fare ammenda, ma quantomeno di stare zitti.
Dell’affaire piazza Fera-Bilotti ho scritto, abbiamo scritto tutto. E in tempi non sospetti. Dall’apertura del primo plico per l’assegnazione dell’appalto, ai giorni nostri. Vi abbiamo raccontato tutto quello che c’era da sapere, insabbiamenti, incontri clandestini, e tutto il giro dei subappalti che hanno ruotato attorno a questo appalto truccato.
E tutto nell’indifferenza generale delle istituzioni preposte ad intervenire, e spesso tacciati da lecchini e sgherri come inventori di notizie. Ciuati, insomma.
Sono anni che scriviamo che Cosenza è governata da una cupola politica/massonica/mafiosa. E l’operazione di oggi dimostra inequivocabilmente quello che sostiene Gratteri: la ‘ndrangheta a Cosenza è classe dirigente ed imprenditoriale. E’ chiaro che questa operazione è propedeutica per “svelare” il passaggio successivo: chiarire le responsabilità del livello politico/massonico/giudiziario.
Ora tocca ai politici mafiosi, ai dirigenti comunali corrotti, ai PM e ai giudici collusi, agli avvocatoni intrallazzati, ai servitori dello stato infedeli. Perché a questi imprenditori mafiosi, qualcuno gli appalti li ha assegnati. Non si trucca un appalto senza il favore politico e amministrativo. E non si resta impuniti senza la copertura di giudici infami.
Per raccontarvi questo ne abbiamo passate di tutti i colori. Denunce a dire basta, interrogatori, pedinamenti, false accuse, prelievo del DNA, agguati mafiosi.
Siamo stati perseguitati, e tuttora lo siamo, dalla Procura di Cosenza che invece di incoraggiarci a raccontare gli intrallazzi, ha fatto di tutto per fermarci. Fino ad oscurare il sito. Abbiamo dovuto lottare nel silenzio degli altri media locali che solo oggi titolano “appalti mafiosi”.
Testate che in tutti questi anni, dalla prima elezione di Occhiuto in poi, non hanno mai scritto un solo rigo sulla mafiosità di questo appalto che tutti sapevano essere così, perché sotto gli occhi di tutti, e che nessuno denunciava. E quando qualcuna ci ha provato è stata subito allontanata dal Quotidiano diretto allora da Matteo Cosenza su sollecitazione di Occhiuto. Che non voleva si scrivesse su questo appalto truccato. Una storia che conoscono tutti, a cominciare dai giornalisti che per quella testata lavorano.
Siamo solo all’inizio dell’azione giudiziaria promossa dalla DDA di Reggio e Catanzaro. Dai “contenuti” di questa operazione sarà possibile trovare i riscontri alle tante cantate dei pentiti locali che con questi prenditori hanno avuto a che fare. E per quel che riguarda l’appalto di piazza Fera-Bilotti, ricordo ai lecchini irriducibili che la stazione unica appaltante di questa opera, è il Comune di Cosenza.

Oltre a questo “filone” seguito dall’antimafia, ricordiamolo, esiste sempre l’altro “filone” in mano alla Manzini: corruzione a Palazzo dei Bruzi. Anche lei ora dovrà decidere cosa fare degli avvisi di garanzia per corruzione inviati a Carmine Potestio (ex capogabinetto di Occhiuto), Domenico Cucunato (ex dirigente comunale nominato da Occhiuto), Carlo Pecoraro (dirigente comunale e uomo di fiducia del cardinale Ambrogio creatore degli intrallazzi prima di Occhiuto) e a due pseudo imprenditori che tutti conosciamo. Quello delle luci di Natale per capirci e quello che ha tanti fratelli.
Poi c’è l’altra costola di questa inchiesta che riguarda le famigerate ditte amiche. Tutta la storia degli affidamenti diretti elargiti agli amici degli amici a nonna. Milioni di euro erogati a ditte mafiose senza che i lavori venissero eseguiti.
Il tempo delle mele è finito anche per la procura di Cosenza che a questo punto deve necessariamente schierarsi. Spagnuolo deve dire chiaramente da che parte sta: se dalla parte delle Giustizia o dalla parte dei mafiosi. La storia del nipote assunto da Occhiuto pesa e non poco. E se così non è lo dimostrasse con i fatti, perseguendo chi ha fatto della “cosa e del denaro pubblico” un bancomat per mafiosi, corrotti, truffatori, intrallazzini e marpioni. Anche perché, oggi, Spagnuolo non ha più scuse, tanto sono evidenti questi reati. Il pentolone del malaffare è stato scoperchiato, e tutti i cittadini sono consapevoli di questo continuo e reiterato ladrocinio a danno della città. E’ evidente a tutti. Dunque anche ai magistrati. Vedremo che farà.
Ebbi a dire tempo fa, ad una nota lecchina di Occhiuto durante una accesa discussione, che in tutte le storie ride bene chi ride per ultimo, cioè a storia finita. E ancora non è arrivato il momento giusto per tirare fuori la famosa risata che vi seppellirà, perchè questa storia ancora non è finita. Ma come inizio non c’è male. E un po’ di soddisfazione ci sta bene.
GdD