Meritocrazia, collettività e speranza…
Prima di strumentalizzare l’argomento relativo alla dolorosa vicenda ASP sarebbe bene riflettere e lasciare che magistratura e forze dell’ordine facciano il loro dovere.
Sappiamo tutti che Rogliano è abitato da gente laboriosa e che nessuno sarebbe autorizzato a scagliare la prima pietra, ma si deve, prima di difendere gli operatori coinvolti, per forza pensare a quelle persone che non hanno avuto la fortuna di avere il lavoro sotto casa e che anzi giornalmente fanno centinaia di chilometri per recarsi sul posto di lavoro. Se non si è contro ai furbetti del cartellino si deve però essere dalla parte di quei lavoratori che con umiltà, sacrificio e responsabilità svolgono il loro mestiere.
Non bisogna altresì dimenticare quei giovani che dopo anni di studio, grazie al sacrificio a volte immane dal punto di vista economico e affettivo dei genitori, oggi ancora più tartassati da politiche fiscali oppressive, si vedono costretti a lasciare la propria Itaca ed emigrare lontano da paese e affetti, al fine di evitare lo squallido ricorso alla raccomandazione del potente di turno, magari qualcuno che sedeva all’apertura dell’anno accademico dell’Unical davanti al Presidente della Repubblica, apertura che vedeva tra l’altro la presenza di molte istituzioni e l’assenza degli studenti perché impossibilitati ad entrare.
Sì, i giovani, quelli che davvero avrebbero bisogno di essere difesi, difesi da un mondo che non li considera, difesi da una società che gli ha voltato le spalle, difesi da un sistema che gli ha rubato la cosa più importante: la possibilità di sognare!
Di realizzarsi!
Di seguire la loro vocazione senza doversi accontentare per forza di un qualcosa che non sentono loro.
E’ vero, ha ragione il nostro sindaco quando dice che il nostro è un paese di grandi lavoratori, basti pensare al monumento dei caduti sul lavoro, dedicato a coloro che hanno perso la vita sul posto di lavoro per poter permettere, alla propria famiglia, in tempi che paurosamente iniziano a ricordare questo, di tirare avanti.
Basti pensare all’ospedale Santa Barbara così chiamato in ossequio alla protettrice dei minatori.
Sì, è vero siamo un paese di lavoratori, siamo tutti figli e nipoti di minatori che spesso sono morti sul posto di lavoro o morti più avanti negli anni ma sempre a causa di malattie dovute a quel lavoro.
Non si deve fare certamente di tutta l’erba un fascio, ma chi ha sbagliato è giusto che paghi perché c’è gente che farebbe di tutto per un posto di lavoro dignitoso, non si sputi su quello che era un diritto e che oggi è diventato un privilegio.
Il lavoro è sacro, e con sacralità va svolto.
Un’altra Rogliano