Il caso del giornalista cosentino Mario Campanella, in attesa di stabilizzazione da 8 anni da parte dell’ASP di Cosenza, la cui sorte sarà decisa lunedì dal Tribunale del Lavoro di Cosenza, approda sul blog di Repubblica della giornalista Concita De Gregorio, “Invece Concita”.
Ecco cosa ha scritto il giornalista alla collega di Repubblica.
Questa testimonianza arriva da Mario Campanella, Cosenza
Ho 46 anni, due lauree, una terza in arrivo, un master, sono giornalista professionista, sono sociologo della salute, ho scritto otto libri e diverse pubblicazioni scientifiche. Da un paio di mesi ho perso il lavoro e giorno dopo giorno, come la poesia di Ungaretti, perdo la speranza e la gioia di vivere.
Per tanti anni ho guadagnato bene, ho vissuto in un relativo benessere ma la scure della crisi ha colpito anche me. Con l’aggiunta di un particolare che condisce ancor più di amaro la mia vita: da otto anni e mezzo aspetto di essere stabilizzato dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, la mia città. La stessa in cui medici e amministrativi andavano a giocare a Bingo nelle ore di servizio. Non sono bastate sentenze e conciliazioni, rinunce a pretese economiche per avere garantito un diritto.
Ho un figlio splendido, di 17 anni, e lo guardo nel silenzio imbarazzante di chi vorrebbe solo garantirgli il futuro che merita. Il mio grido è strozzato, come l’urlo munchiano e questa dimensione per me nuova mi depersonalizza. Ho sperimentato sul mio corpo la pervicacia crudele di una burocrazia che infetta e distingue tra amici e nemici.
Mi sveglio il giorno sperando che questa angoscia finisca. Non so perché ti abbia scritto, forse per sfidare quella logica perversa del silenzio che noi chiamiamo pudore e che conserva e preserva gli abusi. Spero tu voglia pubblicare questa mia riflessione. E spero che uscendo da questo guado io possa un giorno restituire al destino e alle persone, siano esse bianche, nere, gialle, quel bene che attendo dal destino. Anche settanta volta sette.
Mario Campanella