Quando tu applaudivi Misasi (di Francesco Cirillo)

di Francesco Cirillo
Non sopporto quelle persone che adesso le trovi a frugare nei vicoli del proprio paese per cercare qualche carta a terra, qualche rigolo di fogna, qualche muro cadente e gridare VERGOGNA contro le istituzioni sui social.
Ma chiedo loro: dov’eravate quando il potere vero, quello Democristiano legato alla mafia, alle logge massoniche, alla chiesa reazionaria, bastonava, sparava, querelava, imprigionava quei pochi che lo contestavano ? Questo racconto scritto qualche anno fa è dedicato a loro tutti.
La politica è l’arte di impedire alla gente di occuparsi di ciò che la riguarda
(Paul Valery)
QUANDO TU APPLAUDIVI MISASI
Conobbi MISASI quasi per caso. L’ onorevole Misasi era diventato da poco Mini­stro all’Istruzione. Un mio parente del­la provincia di Catanzaro mi invitò per il battesimo della propria figlioletta, ed io, con mia moglie e mio figlio, mi recai alla Chiesetta del paesino dove di li a poco si sarebbe svolta la fun­zione religiosa e il susseguente pran­zo.
Non conoscevo l’attività politica del mio parente, ma ebbi la sensazione appe­na giunto nel paesino che si trattava di un pezzo grosso di un grosso partito, e pensai subito al­la Democrazia Cristiana.
Lo supposi an­che dal fatto che sarebbe venuto a bat­tezzare la piccola, il VESCOVO in perso­na; e dai carabinieri presenti in massa e dalla gente che già dalle 9 di mattina affollavano la piazza capii che sarebbe arrivato anche un pezzo da novanta. Scoprii quindi, che questo mio parente era il segretario della locale sezione della DEMOCRAZIA CRISTIANA e che da so­lo riusciva a gestire un migliaio di vo­ti e che proprio per questo era conside­rato una persona forte all’interno del partito molto seguita e quasi venerata.
Al mio arrivo in piazza il parente mi venne subito incontro a braccia aperte e con un sorriso a tutta faccia, ripeten­do sempre il mio nome e quello di mia mo­glie. Poi guardando mio figlio di 22 anni, lo abbracciò a lungo, e subito mi chiese se lavorava e se aveva bisogno di qualcosa, se era inserito, se c’erano problemi.
Io gli dissi che si era diplomato da po­chi anni, ma che non era riuscito a tro­vare nessun lavoro come si deve. E lui si mise subito a disposizione, di­cendomi di non preoccuparmi perché mi avrebbe fatto parlare con un pezzo grosso che sarebbe arrivato da lì a poco al battesimo della figlia; e quest’uomo quasi, mi suggerì nell’orecchio, era RICCARDO MISASI, L’ON. MINISTRO RICCARDO MISASI.
Riccardo Misasi con Sergio Mattarella e Guido Bodrato
Non ci potevo credere e immediatamente quasi mi si annebbiò la vista, e mille pensieri mi vennero in mente, primo fra tutti, naturalmente, la sistemazione di mio figlio, e quindi la fine di tutte le tribolazioni, le domande per i concorsi, le carte da bollo, i certificati, le fal­se promesse, insomma tutto ciò che da cinque o sei anni, dal diploma in poi, avevo fatto per cercare di sistemare mio figlio.
Certo, mi resi subito conto che avrei dovuto votare per la Democrazia Cristia­na. Ma in effetti non me ne importava un fico secco. D’altra parte avevamo più volte votato DC nel nostro comune. Il nostro Parroco, Don Pasquale, veniva sempre a ricordarcelo pochi giorni prima delle elezioni e noi da buoni cattolici avevamo sempre ubbidito.
Poi alle elezioni nazionali avevamo vota­to a piacere a seconda di chi ci dava più simpatia. Una volta per il Partito Liberale. Altre volte per il MSI, quando c’era Almirante che alle Tribune Politiche le sapeva cantare a tutti, specialmente ai comunisti. E il parroco aveva piacere anche di questo; basta che non votavamo per i comunisti ci diceva.
D’altra parte aveva pur ragione, se aves­sero vinto i comunisti in Italia, tutti i beni della Chiesa sarebbero stati con­fiscati. Questi pensieri mi affollarono la testa, mentre da solo, fumandomi una sigaretta, osservavo mia moglie e mio figlio che salutavano gli altri parenti e ami­ci che man mano arrivavano. Vedevo mio figlio già in ufficio. Lo vedevo ben sistemato dietro una scri­vania con i suoi telefoni che squillava­no in continuazione e lui che rispondeva ad uno mentre alzava la cornetta di un altro telefono. Alla fine del suo lavoro lo vedevo su un’auto rossa fiammante che tornava a casa. E la sera lo vedevo ricevere deci­ne di telefonate di ragazze che chiedeva­no di uscire con lui la sera.
Mentre finivo questi pensieri, chiamai mio figlio. Gli misi la mano sulla spal­la e forse per la prima volta gli parlai in modo serio. Senti, gli dissi, tra poco conoscerai il MINISTRO MISASI, mi raccomando fai l’af­fabile con lui e dici sempre di si quando lui ti chiede qualcosa. Dagli del lei quando gli rivolgerai la parola e stai sempre sorridente. Pensa che questa persona ti sistemerà e potrai avere finalmente un lavoro tuo, un’auto tua, un ufficio tuo e un domani una casa e una famiglia tutta tua.
Mio figlio mi chiese subito che lavoro avrebbe fatto, io gli ricordai subito che data la situazione qualsiasi lavoro era buono; l’importanza era entrare poi si sarebbe visto. Mio figlio annuì a tutti i miei discorsi e si allontanò tra la folla di parenti in attesa. Avevo la sensazione che tutti quelli che eravamo lì, lo eravamo più per il MINI­STRO che per il battesimo. Vedevo gente confabulare tra loro dicen­dosi le cose quasi nell’orecchio, vede­vo gente che si passava buste gialle contenenti forse raccomandazioni o sol­lecitazioni.
Improvvisamente si sentirono le sirene della Polizia. Un nugolo di poliziotti su motociclette piombò improvvisamente nel­la piazza facendosi largo fra la gente. Gli agenti con le palette in mano facevano segno di allontanarsi dal centro della piazza. Dai lati delle strade quasi per incanto, poiché non me ne ero accorto prima, uscirono decine di vigili urbani, tutti ad invita­re la gente ad allontanarsi.
Poi ecco che una Mercedes nera, quasi al rallentatore, entra nella piazza. La gente appena vede la macchina nera comincia a battere le mani. Anch’io mi avvicino alla macchina e comincio a battere le mani come non avevo mai fatto in vita mia. Anche mia moglie e mio figlio, senza che gli avessi detto qualcosa, li trovo al mio fianco ad applaudire. La macchina è oramai sommersa dalla gente.
Il sindaco e le altre autorità, compreso il mio parente, fanno fatica a raggiungere l’auto. I vigili cominciano a spingerci verso la Chiesa, in un caos incredibile, mentre tutti quei vestiti gialli a pallini ne­ri, rossi a pallini gialli, azzurri a strisce verdi, quei cappellini con la frutta secca in testa, quelle teste di animali fatti a pelliccia, si stropiccia­vano, cadevano, urtavano. Immischiandosi finanche nei colori. Per cui i pallini neri sui vestiti gialli andavano a finire su quelli rossi e a strisce verdi, e le strisce verdi finivano sui vestiti gialli, e le piume dei cappelli finivano fra le fauci degli animali impellicciati e le code giallognole dei volpini fra le piume dei cappelli.
Il caos era enorme, ma in ognuno di noi c’era la convinzione di trovarsi di fronte all’uomo che tanto si dava da fare per la nostra terra oltre che personal­mente per ognuno di noi. Se non c’era lui, ognuno di noi pensava, i nostri figli sarebbero stati costret­ti ad andarsene al NORD, per rivederli solo nelle festività di Natale e Pasqua.
Riccardo Misasi
Si meritava quegli applausi, e mentre facevo questi pensi eri, mi aumentò il ritmo degli applausi e cominciai a gri­dare, quasi automaticamente, RI-CCAR-DO RI-CCAR-DO, RI-CCAR-DO,RI-CCAR-DO. Appresso a me tutta la piazza in un cre­scendo quasi musicale, continuò RI-CCAR-DO, RI-CCAR-DO, RI-CCAR-DO.
La macchina nera si fermò, quindi, sotto le arcate della Chiesa e dal posto an­teriore uscì una persona che immediata­mente aprì la portiera di dietro. L’ON. MINISTRO MISASI ora era davanti a me. Sorridente come sui giornali e alla te­levisione. Veramente bello e dall’aspetto molto giovanile. Una pioggia di mani si abbattè su di lui. E lui da politico abituato a queste co­se, incominciò a stringere le mani a tut­ti sorridendo e ripetendo a tutti “gra­zie , buongiorno, grazie, buongiorno, buon­giorno”.
Poi incominciò a parlottare con la gente che conosceva: “Giuvà quella cosa tutto a posto”, “uhe Frangè non ti si fattu vidi a Ruma, t’avivu ditti di vini”, e così via tra piccole frasi, pacche sulle spalle, baci alla russa quasi sulle lab­bra.
All’interno della Chiesa è quasi una cor­sa per stare sullo stesso suo banco. Il mio parente nella calca deve acconten­tarsi del posto dietro di lui. Alla fine della cerimonia tutti di cor­sa al ristorante. Il sindaco e il mio parente salgono sul­la stessa macchina dell’ONOREVOLE MISASI. Le altre macchine si mettono tutte dietro in fila come ad un matrimonio, suonando i clacson in una eccitazione generale.
L’arrivo al ristorante è uno sbattere infernale di portiere, un aggiustarsi ge­nerale di cappellini, pellicce, pantaloni, patte, camice, reggipetti. Ricomincia la corsa al tavolo vicino all’ON. MINISTRO. E anche qui un fragore di sedie spostate, di tavolini, di posate ca­dute. Tutti gli occhi sono per il MINI­STRO, per il SINDACO, per il mio paren­te. E durante il banchetto avviene il sospi­rato incontro.
Il parente mi fa cenno con una mano di avvicinarmi. Il momento è arrivato. Mi prende sottobraccio e tutto sorri­dente mi porta verso il MINISTRO. Mi tremano letteralmente le gambe. Tra pochi secondi sarò davanti a lui. L’ incontro è brevissimo. Il parente spie­ga la situazione di mio figlio, dice del mio impegno per il PARTITO, ricorda cose al MINISTRO alle quali io avrei partecipato, gonfiando oltremodo la mia partecipazione alla vita del PARTITO.
Poi al rallentatore vedo il MINISTRO che caccia dalla sua tasca un foglietto di carta sul quale annota qualcosa. Poi dice al mio parente di dare al suo segretario tutti i dati di mio figlio. E’ FATTA, E’FATTA, penso tra me e me. Poi subito altre persone cominciano a parlare col MINISTRO.
Il ritorno in macchina al mio paese è stato un continuo progettare di cose, tra me mio figlio e mia moglie. Dopo solo un mese ebbi l’occasione di rivedere il MINISTRO in un comizio. Una massa enorme di persone, forse mil­le o duemila persone erano lì ad applau­dire MISASI, e tra questi io a gridare più di tutti il suo nome a sventolare le bandiere bianche del partito. Dopo quattro mesi arrivò la fatidica telefonata che aspettavo. Era il segretario dell’ONOREVOLE. Mi chiese di poter andare nel suo uffi­cio di Cosenza. E così feci.
Nell’ufficio dell’ONOREVOLE MINISTRO, il segretario mi diede un elenco di documenti che avrei dovuto fare. Sono domande da BIDELLO nella provincia di NOVARA. Rimasi un po’ contrastato all’inizio. Non avevo pensato al posto di bidello. Ma il segretario, giustamente, mi fece ca­pire che quella era la situazione e se non volevo aspettare altri mesi quello era il posto a disposizione subito. Mio figlio accettò subito. Spinto, forse, più dall’idea di andarsene al NORD che dal posto vero e proprio. E così mio figlio diventò BIDELLO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, grazie all’ONOREVO­LE MISASI.
E’ per questo che l’ON.Misasi rimarrà sempre un benefattore per me. Ora mio figlio si sposerà. Ho telefonato al mio parente per sapere se è possibile che il compare di nozze sia proprio MISASI.
Ha detto che mi farà sapere.