Politiche 2018: cara onorevole, ti spiego cosa sono la povertà e la dignità

Cara onorevole,

chi scrive è una donna come te. La differenza tra me e te, onorevole, è sostanziale.
E ora te lo spiego. E scusami se ti dò del tu, nei social e sui media siamo tutti uguali e della netiquette ne faccio bandiera. Quindi non offenderti e leggimi.
Non faccio la mantenuta, né di un uomo né del potere.
Ho cresciuto figli arrangiandomi nell’illegalità di lavori per i quali o accettavo il compromesso di un terzo di stipendio in nero o dietro di me c’era chi già era pronto a farmi lo sgambetto.
E vuoi sapere una cosa? Devo anche ringraziare.
E dopo 15 anni di lavoro sotto sfruttamento io ora non lavoro più. Sai la crisi? L’azienda ha chiuso.

Ho anche la fortuna ora di campare con 289 euro di invalidità civile, un affitto da pagare e delle bollette che cerco di mantenere il più basse possibili.
Lo sai cosa vuol dire? Che per controllare la bolletta del gas io non riscaldo e me ne sto vicino a una stufetta con la bombola a gas, quelle ore che serve, e un paio di grosse maglie da befana addosso.

Non sono una che non ha studiato, cara onorevole, parlo diverse lingue e sono bravissima in tutto quello che faccio.
Per pochi euro, per pochi euro che mi permettono di comprare ogni tanto qualcosa di più che mezzo kg di pasta. Quella piccola, sai, sembra di più nel piatto. Una volta ci metti l’olio, l’altra un po’ di burro.
Hai ragione: a Cosenza non ci sono poveri. Io faccio finta.
Faccio finta di stare bene perché la mia verità non la sa nessuno, ma non per vergogna, semplicemente per non fare preoccupare i miei figli.

Arrivo di Jole Santelli alla riunione alla Camera dei gruppi del PDL, Roma, 30 settembre 2013. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Mi vesto con poco, cara onorevole, e ci faccio anche la mia bella figura, chi ha dignità può indossare anche con grazia uno straccio. Ho lo stesso pc da dieci anni e mi è stato regalato. Ho anche un cellulare, quello riciclato che qualcuno non voleva più.
Non vado nei ristoranti e quando ci vado la pizza la scelgo non troppo sofisticata. Però cara onorevole io la pizza me la gusto con il sorriso e la gratitudine di chi sa quanto è costato il sacrificio.
Lo sai che ho una famiglia che non sa nemmeno che non lavoro più?
E – te lo ripeto – è per preservarli dal dispiacere e dalla preoccupazione. Passo il mio tempo a dire loro che sono impegnata e sparisco per tutto il giorno.
Lo vuoi sapere quanti curriculum ho mandato in giro? Te lo lascio immaginare. Ma se hai più di quarant’anni sei fuori mercato. Se ne hai venti ti vogliono con l’esperienza di trenta.
Vuoi sapere se ho rifiutato offerte?
Certo, perché tu lo sai cara onorevole che se sei donna qualcuno un lavoro te lo offre, se cedi a qualche malcelato ricatto sessuale… e guarda caso erano quelli che di mestiere fanno i politici.
“NO GRAZIE… io la mattina quando mi alzo e mi guardo allo specchio non mi voglio sputare in un occhio”.

Non pretendo che tu capisca, cara onorevole, cosa significhi essere donna e mantenere la propria dignità.
Ognuna fa le sue scelte. Io ho fatto le mie.
Preferirei un posto sotto il ponte di Calatrava che vendere la mia dignità.
Allora la mattina, sai mi alzo, mi trucco, mi vesto con pochi, pochissimi euro, con scarpe da dieci euro e vado a sorridere raccontando a tutti che sono impegnatissima.
Nel frattempo dentro muoio.
E lo sai di cosa muoio? Di paura. Perché per potere andare avanti e pagare i conti, non voglio dovere chiedere aiuto a nessuno.
E muoio dentro perché non ho più venti anni ma non ne ho nemmeno così tanti da non valere più nulla. E te lo giuro io mi attacco alla speranza, ma ho sempre più spesso il desiderio di farla finita.

Jole Santelli e Marcello Pera

Sono pressoché una tua coetanea. Non esagero se dico che faccio vivere i miei figli con 100 euro al mese, che scelgo quale bolletta pagare e addirittura rimandare visite mediche. E Dio sa se ne avrei bisogno.
Ho giocato la carta della dignità e non della prostituzione. E me ne assumo la responsabilità.
Forse anche questo dovrei spiegarti, cosa significa, la responsabilità.
Ma onestamente sono senza energie mentre scrivo, e penso a tutte le cose che ho letto sul fatto che non esistono i poveri.

Non so dove vivi, ma io di poveri ne conosco tanti. Tutti come me. Sono padri cinquantenni e madri senza speranza, senza futuro, e pure senza pensione. Sono ragazzi che lavorano per pochi spiccioli e che non potranno neanche prendersi una stanza in affitto o accedere a un mutuo.
Sono anziani che al supermercato vanno a comprarsi qualcosa che faccia sia da pranzo che da cena e che ci provano anche a mettere due soldi da parte da una pensione da 500 euro per aiutare figli e nipoti. Sono studenti, sono pensionati, sono profughi, sono famiglie, e il lusso lo sai cos’è per loro?

Una fetta di carne, una panchina in un parco dove parlare con qualcuno, è un film in tv che è passato due anni fa al cinema che avrebbero voluto vedere, è riuscire a restare persone per bene nonostante tutto.
Tra poco mi finiranno i soldi che ho duramente messo da parte. Ricordami poi quando saranno finiti di venire a mangiare a casa tua. Perché da padre Fedele io non ci vado. Non è vergogna la mia. E’ che tu ti paghi anche con i miei soldi, verrò solo a riscattare ciò che a te fa vivere in un posto bellissimo che sinceramente non so dove sia. Ti auguro dal profondo del cuore di non sapere mai cosa significa la paura, l’incognita del domani. Te lo auguro onorevole.
Comincia ad apparecchiare che a breve busso alla tua porta, onorevole.
A Voi politici, istituzioni: perché non riuscite a essere più umani, reali e concreti? Possibile che il mondo di noi comuni mortali vi lascia così indifferenti? Perché non vi battete per le cose semplici che fanno vivere per non dire sopravvivere la povera gente?
Onorevole, prima di parlare… pensa.

Lettera firmata