Mercure, la centrale a biomasse che spaventa il Pollino

di Chiara Daina

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Il Parco Nazionale del Pollino è un immenso polmone verde al confine tra la Basilicata e la Calabria. Una distesa sconfinata di faggi, abeti bianchi, querce, antichi pini, fiori e piante officinali. E in mezzo, sulle rive del fiume Mercure, un camino rosso e bianco che svetta. Quello della centrale a biomasse di Enel. Un mega impianto da 41 megawatt che da due anni brucia ogni giorno oltre 900 tonnellate di materiale legnoso.

PRIMA di essere riconvertita a biomasse era una centrale a olio combustibile. dismessa definitivamente nel ’97. Anche per non mandare all’aria oltre duecento posti di lavoro in un contesto socio-economico difficile, è stata riaperta. Ma nel frattempo il Pollino è diventato la più grande area protetta d’Italia con un patrimonio di biodiversità da salvaguardare. A decidere se la centrale di Enel dovrà chiudere o continuare a emettere fumi e vapori sarà il Consiglio di Stato il prossimo 31 maggio. A impugnare l’autorizzazione della Regione Calabria alla riattivazione della struttura sono i comuni di Viggianello e Rotonda, provincia di Potenza, e l’associazione Forum ambientalista.

Già nel 2010 gli uffici regionali avevano dato l’ok all’Enel. Ma due anni più tardi una sentenza del Consiglio di Stato aveva annullato l’autorizzazione. Un secondo nullaosta è stato bocciato dal Tar di Catanzaro nel 2013. Dopo aver chiamato in causa il Consiglio dei ministri, che con una delibera del 2015 diede parere favorevole alla centrale, la Regione Calabria ha firmato il terzo decreto autorizzativo. Nonostante la deroga al piano del Parco, richiesta dal governo, che prevede per le centrali a biomasse potenze massime quasi venti volte inferiori a quelle della centrale del Mercure. Il punto è che l’iter di approvazione del piano è ancora in corso e finora non sono state fatte modifiche. L’impianto Enel è potuto entrare in funzione lo stesso, ha sentenziato il Tar, aggiungendo che per ora non ci sono pericoli per l’ecosistema, poiché le Regioni interessate hanno sottoposto l’intervento alla valutazione di incidenza ambientale uno strumento di prevenzione degli effetti della centrale nel contesto ecologico.

“LA VALUTAZIONE scadeva dopo cinque anni e non è mai stata rinnovata – sottolinea Ferdinando Laghi, vicepresidente dei Medici per l’ambiente e membro del Consiglio direttivo del Parco -. E le altre due autorizzazioni ambientali (Aia e Via) non sono mai state pubblicate sul Bollettino ufficiale della Regione Calabria”. Nel 2016 la centrale ha ricevuto 39 milioni di euro di incentivi pubblici, ha dichiarato lo stesso ad Storace, a fronte di appena dieci incassati dalle vendite di energia.

Nel ricorso al Tar si sottolinea che la legge 344/91 sulle aree protette vieta nuove costruzioni o trasformazioni di quelle esistenti che impattano sugli equilibri ecologici, idraulici e idrogeotermici. Che nelle norme di salvaguardia del Parco, tra le opere che potrebbero essere autorizzate, non si fa cenno a centrali elettriche. E che la centrale Enel si inserisce all’interno di una zona di protezione speciale, quella del “Pollino Orsomarso”, e di un sito di interesse comunitario, la “Valle del fiume Lao”. Due realtà che fanno parte di una rete ecologica europea. istituita dalla direttiva Habitat. E il Parco del Pollino è l’habitat di specie vegetali e animali protette, di cui due minacciate dall’estinzione, il picchio nero e la lontra. “Non sottovalutiamo i rischi per la salute – avverte Laghi -. Quando il legno viene bruciato si disperdono polveri sottili e ultrasottili, cancerogeni per l’uomo, diossine e metalli pesanti: cromo, arsenico, piombo”.

POI C’E’ il viavai dei tir che trasportano le biomasse. “Almeno 120 volte al giorno i camion attraversano il sito aumentando le emissioni di anidride carbonica nell’aria”, spiega il medico, che specifica un elemento-chiave del contenzioso: “Enel quando ha richiesto la valutazione di impatto sul territorio ha utilizzato i dati microclimatici di una valle diversa, quella di Latronico, distante undici chilometri dalla valle del Mercure dove esiste un’inversione termica che al livello verticale non favorisce il ricambio di aria esponendo maggiormente le persone agli agenti inquinanti. Quindi le centraline di rilevamento della qualità dell’aria sono state installate ignorando i punti più critici dell’area”.

Uno dei fornitori di biomasse è finito in manette nell’operazione Stige condotta dalla Dda di Catanzaro. Enel ha fatto sapere di aver sospeso il contratto con la ditta. “Avrebbero dovuto darci l’elenco completo delle ditte – spiega Laghi -, non la provenienza e il quantitativo consegnato. E’ successo solo una volta sotto mia insistenza, perché tutta questa segretezza?”, chiede il medico.