Gli investigatori stanno cercando di capire qualcosa in più rispetto al gravissimo fatto di sangue di Limbadi, dove lunedì un 42enne, Matteo Vinci, è stato ucciso e suo padre gravemente ferito con un’autobomba. I carabinieri del comando provinciale di Vibo, che stanno conducendo le indagini sull’attentato, sono davanti ad un mistero: come é stata azionata la bomba che ha ucciso Matteo e ferito gravemente il padre Francesco? Un dato acquisito alle indagini é che l’ordigno utilizzato per l’attentato sia stato collocato sotto la Ford Fiesta sulla quale viaggiavano Matteo Vinci ed il padre. Ma come é stato fatto scoppiare?
L’ipotesi che su questo specifico punto dell’indagine viene presa maggiormente in considerazione dagli investigatori é quella di un radiocomando a distanza. Ma non si esclude neppure quella di un timer. In ogni caso, si fa rilevare negli ambienti investigativi, si é trattato di un lavoro compiuto da professionisti e che denota l’elevato livello criminale di chi ha progettato l’uccisione di Matteo Vinci e del padre. Persone perbene, non solo non legate alla ‘ndrangheta, ma che erano finite ormai da tempo nel mirino di esponenti di primo piano della criminalità organizzata del vibonese e specificatamente del clan Mancuso, dominante nella zona da decenni. Al punto tale che i carabinieri hanno arrestato il cognato dei fratelli Mancuso, marito della sorella Rosaria, che da anni era in “guerra” con i Vinci. Fino a “eliminarli” fisicamente e senza nessun tipo di protezione da parte di istituzioni e forze dell’ordine, che solo adesso “scoprono” l’acqua calda. Il solito squallido copione dello stato che non vede, non sente e non parla.