A Cosenza i modi per farla franca, quando si commette un reato, sono sostanzialmente due. Il primo: corrompere i magistrati e gli investigatori, che è la via più facile, ma per farlo bisogna appartenere al “giro che conta”, o conoscere direttamente qualche fratello massomafioso, meglio se avvocato, disposto, dietro lauto compenso (leggi mazzetta o bustarella), a fare da mediatore con pm e giudici corrotti. Un “mercato” che si tiene ogni giorno, per clienti speciali, nei corridoi e nelle stanze del tribunale e della procura di Cosenza. Senza nessuna volontà di generalizzazione: sono solo alcuni magistrati che trattano questa “merce”, ma è innegabile che la loro presenza inquina, e non poco, non solo l’immagine, ma il corretto funzionamento della Giustizia. E prova ne è il “fascio” che i cittadini fanno di tutta l’erba quando si parla di giustizia in città: se i magistrati onesti, che sono la stragrande maggioranza e che conoscono benissimo l’andazzo di certi uffici, restano zitti, in silenzio di fronte all’ignobile mercimonio della Giustizia, anche quando loro malgrado si trovano coinvolti in qualche “procedimento strano”, la colpa della generalizzazione non è addebitabile alla comunità. Manca il coraggio, o meglio si preferisce il quieto vivere al coraggio. Li possiamo capire, ma non accettare. Il “tengo famiglia” e il “viene prima la carriera”, vale pure per loro.
Tutti sanno che da decenni, in diversi uffici della procura e del tribunale penale e civile di Cosenza, si consumano con sistematicità frodi alla Giustizia ad opera di ben noti personaggi che, nel giro del malaffare di un certo livello, sono leggenda. Professionisti dell’occultamento, dell’insabbiamento, della contraffazione di leggi e regole, al servizio di politici corrotti, bancarottieri, truffatori, ladri di stato, pezzi da 90, palazzinari, speculatori, riciclatori, evasori, taroccatori, e intrallazzatori seriali di ogni ordine e grado, desiderosi di mostrare le loro superbe qualità al miglior offerente: più è alto il bottino frutto del reato, più la bustarella deve essere farcita. Se è di questi reati che vivi, ti basta pagare la persona giusta, e dormi sonni tranquilli.
Ma se non appartieni a queste categorie di “ladroni” puoi sempre affidarti, per farla franca, al secondo “modo”: l’incompetenza e la scarsa professionalità di alcuni pm e giudici operanti a Cosenza. Anche qui senza nessuna volontà di generalizzazione. Indipendentemente dal reato e dal bottino, se becchi l’incompetente giusto titolare del tuo fascicolo, il tempo di sbrigare le carte che sei già fuori. Certo, in questo caso ci vuole anche una certa dose di fortuna, ma le probabilità di beccare l’incapace di turno, specie in procura a Cosenza, sono alte. Che non vuol essere una generalizzante offesa gratuita alla professionalità di tutti/e, specie di chi si adopera ogni giorno con dedizione e scrupoloso senso del dovere, ma solo l’espressione di un dato di fatto derivante dalla propensione della della procura a non azzeccarne quasi mai una.
L’incapacità di portare a termine una inchiesta anche quando le prove a carico del reo sono evidenti e inconfutabili, è sotto gli occhi di tutti. Di più: incapacità che si manifesta anche quando il reo, è reo confesso. Quella di alcuni pm è una incapacità dimostrata sul campo, e non solo sul terreno della “procedura”, ma soprattutto su quello investigativo. Incapaci di beccare una banda di predatori di appartamenti, incapaci di incastrare un guardone pipparolo, incapaci di tenere dietro le sbarre anche gli assassini. Ma capacissimi di ingabbiare fumatori di spinelli, disperati, ladruncoli, e soprattutto i nemici del sistema. Perciò se hai commesso qualche reato e sei stato beccato per motivi non certo di Giustizia, ma per necessità statistiche e di numeri che servono alle forze di polizia e all’autorità giudiziaria per giustificare il loro lavoro (qualcuno devono arrestare), non disperare, l’incompetente, quando meno te l’aspetti, spunta fuori. E un qualche grossolano e pacchiano errore di procedura nel fascicolo, da usare per bloccare o annullare il “processo”, si trova sempre.
A dire il vero e per completezza di informazione ci sarebbe, per farla franca, anche un terzo modo: la bravura a delinquere. Un “modo” che non abbiamo voluto analizzare per non istigare nessuno a commettere reato, vista la facilità con cui si riesce a prenderli per i fondelli e la nota incapacità, sempre di alcuni pubblici ministeri, di assicurare alla giustizia assassini e predatori, bravi però a perseguire chi non ha una casa. Non vogliamo risvegliare facili entusiasmi delinquenziali nel mondo del crimine. Insomma a Cosenza, quando non interviene la Dda (per quel che riguarda solo i clan, non certo per i colletti bianchi e i politici corrotti) in galera ci finiscono e ci restano solo i “caggi” di tutte le categorie e, per correttezza formale, anche qualche “duro”.