A Lorica va in scena l’anti-stato (di Matteo Olivieri)

Come da scontatissimo copione i media di regime calabresi hanno già “chiuso” le indagini sulla tragedia di domenica mattina alla funivia di Lorica. Parola d’ordine: tragica fatalità. La Regione e le Ferrovie della Calabria mai come adesso hanno vita facilissima, dal momento che a perdere la vita è stato un loro dirigente. Per tutto il resto c’è… il porto delle nebbie. Garanzia assoluta di insabbiamento. Ma a nessuno con un minimo di cervello pensante in testa può sfuggire qual è invece il quadro generale. Quello che i media di regime non hanno il coraggio di scrivere e di dire. 
Questo articolo di Matteo Olivieri che oggi riproponiamo è stato scritto il 10 marzo del 2018, il giorno prima che l’allora presidente della Regione Palla Palla “inaugurasse” la nuovissima cabinovia a un anno e mezzo di distanza dalla morte dell’operaio sul cantiere. E già allora era tutto chiaro ma qualcuno non ha voluto vedere e così, domenica scorsa, un’altra vita è stata spezzata. 
di Matteo Olivieri
Lorica mappa piste
Secondo il Ministero dell’Ambiente, «nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione», per «evitare che vengano approvati strumenti di gestione territoriale in conflitto con le esigenze di conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario.»

Non stiamo scherzando. L’iter di approvazione del comprensorio di Lorica è infatti ricostruibile dalle delibere pubblicate sul Burc n. 40 del 15 giugno 2015 della Regione Calabria. Dai documenti pubblici, si apprende che tutti i livelli della Pubblica Amministrazione coinvolti nel progetto, erano perfettamente a conoscenza del fatto che «le opere progettuali ricadono all’interno delle Zone l e 2 dell’Ente Parco Nazionale della Sila», ed in particolare nel sito comunitario “Sila Grande”, che è una Zona di Protezione Speciale (ZPS) istituita «per la protezione dell’avifauna selvatica ai sensi della Direttiva 2009/1 47/CE». Inoltre, i dirigenti regionali erano perfettamente a conoscenza che «il periodo sensibile per la riproduzione della fauna «comincia ad Aprile e finisce ad Agosto», ma tale periodo è stato considerato solo limitatamente alla fase di cantiere, e non a quella successiva di utilizzo degli impianti. E ancora, erano perfettamente a conoscenza del fatto che per questo tipo di progetti (che coinvolge aree direttamente o non-direttamente connesse con un sito Natura 2000) è necessaria un’analisi delle interferenze del progetto col sistema ambientale di riferimento, «che tenga in considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le connessioni ecologiche».

Peraltro, quando nella delibera dirigenziale si parla a più riprese di «modesti ampliamenti del demanio sciabile», o di «piste già asservite che rimarranno pressoché immutate nella loro forma e sviluppo lineare», tali affermazioni rimangono sempre senza ulteriori dettagli, da cui si dica chiaramente l’entità delle variazioni. E così, in questa vaghezza (che ha tutto il sapore dell’essere fatta ad arte), la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA del “PISL – Progetto per il comprensorio Sport-Natura di Lorica”, realizzato nei Comuni di Pedace e Serra Pedace, si è conclusa con «parere di esclusione del progetto dalla procedura di VIA e parere favorevole», con la motivazione che gli interventi previsti riguardano la sola «manutenzione/ristrutturazione di impianti già esistenti».Nonostante ciò, i componenti della Struttura Tecnica di Valutazione Ambientale della Regione Calabria prima, ed il Dirigente regionale poi, hanno ritenuto «che per il progetto “Comprensorio Sport-Natura di Lorica”, da realizzarsi nei comuni di Pedace e Serra Pedace (CS), finalizzato al rinnovamento, sostituzione e potenziamento tecnologico degli impianti esistenti con eventuali e modesti ampliamenti del demanio sciabile, non debba essere sottoposto ad ulteriore procedura di VIA», esprimendo pertanto una «Valutazione di Incidenza Positiva» non corredata da alcun serio documento tecnico-scientifico, che tenesse in considerazione la valenza naturalistico-ambientale del sito, ed evitare che si approvassero «strumenti di gestione territoriale in conflitto con le esigenze di conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario», per come ci ricorda, sconsolato, il sito web del Ministero dell’Ambiente. E, invece, il danno è fatto.

Su una parte di questa vaghezza si riesce a fare luce. Infatti, per la sola porzione ricadente nei confini del Parco Nazionale della Sila, sappiamo dalla delibera dell’ente Parco che circa 8,4 ettari hanno riguardato l’eliminazione permanente della vegetazione, nonché la trasformazione e mutamento di destinazione d’uso dei terreni coperti da boschi appartenenti al demanio regionale; altri 1,6 ettari hanno riguardato il mutamento di destinazione d’uso di terreni sottoposti a vincolo idrogeologico, e per lavori di movimento terra pari a 19.204,25 metri cubi. Il tutto, all’interno della Zona 1 e 2 del Parco Nazionale della Sila! Ci troviamo così di fronte all’inaugurazione di un intervento che prevede la riduzione del demanio forestale regionale, in parte è ricadente all’interno dei confini del Parco Nazionale della Sila, che viola le prescrizioni previste dalla Direttiva “Habitat” 92/43/CEE e dalla Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE nonché il D.P.R. 357/97 e ss., relativo “alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”, e per il quale – nonostante tutto ciò – non esiste alcuna seria Valutazione di Impatto Ambientale, sostituita invece da poche e vaghe dichiarazioni autoreferenziali dei soliti noti uffici regionali.

Ci troviamo così di fronte all’ennesimo paradosso: si arresta chi è sorpreso a raccogliere pigne nel Parco, mentre i tagli selvaggi all’interno del perimetro del Parco avvengono “apparentemente” a norma di legge. Su questi aspetti, è bene che l’opinione pubblica calabrese, così come i tanti appassionati sciatori che verosimilmente affolleranno gli impianti nel futuro, siano informati. Ancora una volta, però, siamo costretti ad assistere alla realizzazione di fantomatici progetti di sviluppo locale, che depredano le risorse naturali e al loro posto lasciano strutture ciclopiche ed oneri a carico dei contribuenti.