Abuso d’ufficio. La procura di Cosenza l’ha abrogato 30 anni fa

La commissione Giustizia del Senato, l’altro ieri, ha detto sì all’abrogazione del reato dell’abuso d’ufficio tanto temuto da tutti gli amministratori pubblici di destra, di sinistra e di centro, che sul deliberato non hanno fatto mancare il loro plauso. Nonostante il voto contrario del Pd in commissione, molti amministratori pubblici iscritti al partito, o di area, hanno accolto il responso della commissione Giustizia, tanto atteso, come un atto dovuto alla “civiltà giuridica”. Per molti sindaci l’applicazione dell’articolo 323 del codice penale, più che dimostrare l’abuso delle prerogative istituzionali di un pubblico ufficiale nello svolgimento delle pubbliche funzioni, l’unico abuso che è riuscito a dimostrare è stato quello utilizzato dai magistrati nell’interpretare liberamente e con la massima discrezionalità questa norma giuridica, spesso adoperata come una clava per stroncare, magari su commissione, carriere politiche. E lo dimostra un dato che secondo l’intervento del nostro sindaco Franz Caruso, che gioisce insieme alla destra per il sì all’abrogazione dell’art 323 c.p., evidenzia clamorosamente l’inutilità giuridica di questa norma: il 99% dei processi per l’abuso d’ufficio termina con l’assoluzione dell’imputato.

A fare eco alle parole di Franz, confermando che quando si tratta di difendere i colletti bianchi che delinquono non c’è destra né sinistra, il sindaco di San Giovanni in Fiore e presidente della Provincia di Cosenza Rosaria Succurro, che definisce questa assurda norma, la cui abrogazione “è condivisa dalla quasi totalità dei sindaci italiani”, come una della cause principali del mal funzionamento della Giustizia, e dice: “finora questa norma ha ingolfato Procure e tribunali, con una percentuale elevatissima di casi di archiviazione e, in più circostanze, con la parallela delegittimazione della politica da parte dell’opinione pubblica”.

Se per alcuni pubblici amministratori vittime di malagiustizia è accettabile vederli “tirare un sospiro di sollievo” rispetto all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, non lo è certo per i pubblici amministratori che “risiedono” nel distretto giudiziario di Cosenza che il rischio di diventare vittime di malagiustizia non l’hanno mai corso. Men che meno la Succurro e tutti i burocrati e politici che da 30 a questa parte si alternano a palazzo dei Bruzi. Il loro gioire all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio non è giustificato. A Cosenza e dintorni nessun amministratore pubblico o colletto bianco ha mai corso il rischio di essere “incriminato” per abuso d’ufficio. E questo perché l’articolo 323 del codice penale nel distretto giudiziario di Cosenza è stato abrogato più di 30 anni fa. Cosenza è sempre stata una città all’avanguardia su tutto, anche sulla Giustizia.

I problemi che citano Franz e Rosaria derivanti dall’applicazione del tutto discrezionale da parte dei pm dell’articolo 323 c.p., i politici e i colletti bianchi nostrani non li hanno mai avuti. Loro non hanno nessun motivo per tirare un sospiro di sollievo. E lo sa bene la Succurro: tutte le inchieste sui suoi intrallazzi nella pubblica amministrazione, riscontrati e documentati dalla polizia o dalla finanza, sono sempre state insabbiate. Lei non ha mai avuto niente da temere dall’abuso, nei suoi confronti, di questo articolo, o di altri, da parte di qualche pm. Così come non ha mai dovuto temere nulla Mario Occhiuto e tutto il suo clan. Niente da temere anche per i tanti dirigenti comunali che da 30 anni fanno quello che gli pare, sempre a danno della pubblica amministrazione, nella totale impunità.

Del resto da noi si era manifestata, prima ancora che in tutto il resto del paese, la necessità di abrogare il reato di abuso d’ufficio, perché a Cosenza abusare del pubblico per fini privati, segno evidente di una cultura giuridica avanzata, non è mai stato considerato reato. Ma una libertà. E forse è stata proprio la procura di Cosenza ad ispirare la commissione Giustizia del Senato a deliberare l’abrogazione dell’abuso di ufficio che limita la libertà personale dei pubblici ufficiali di fare quel cxxxo che gli pare. Una barbarie inaccettaibile che per noi cosentini che amiamo la libertà, andava abolita. Viva Cosenza, viva la Libertà.