L’operazione condotta dalla DDA di Catanzaro contro la cosca Arena e i colletti bianchi organici alla ‘ndrina che “gestivano” il CARA di Crotone, ha definitivamente messo nero su bianco quello che andiamo dicendo da almeno 10 anni: l’accoglienza dei profughi e richiedenti asilo è totalmente in mano a delinquenti politici, ‘ndranghetisti di ogni ordine e grado, e ad associazioni fittizie che rispondo al padrino politico di turno. Il tutto con la benedizioni di prefettura e procura.
Quello di Crotone è solo la punta di un iceberg di un sistema oramai corrotto fino all’osso che va completamente smantellato e ripensato.
E’ chiaro a tutti che senza l’aiuto della politica e delle istituzioni i clan non avrebbero potuto lucrare sulle spalle della povera gente. Il vero problema in Calabria, ed in particolare a Cosenza, sono le coperture di cui godono ‘ndranghetisti politici, e corrotti di ogni sorta. E la retata al Cara di Crotone lo dimostra pienamente. Dei capizzuni non pagherà nessuno come al solito. Eppure era la prefettura che assegnava l’appalto, era la prefettura che doveva controllare i bilanci e le voci di spesa. E nessuno ha mai contestato niente alla gestione Sacco/Scordio, persino quando, gli organi di controllo del ministero, si sono trovati di fronte a fatture assurde: 132.000 euro per preghiere. Ma per lo meno un piccolo passo avanti verso una “normalizzazione”, a Crotone è stato fatto.
E se a Crotone la situazione vergognosa di lucro sui disperati andava avanti nel silenzio delle istituzioni da almeno 10 anni, a Cosenza questo succede sistematicamente, con le dovute proporzioni, da almeno 15 anni. Basta farsi un giro per tutti questi progetti SPRAR e simili sparsi per la provincia di Cosenza per accorgersi che non esiste trasparenza nella gestioni dei fondi riservati all’assistenza dei profughi. Milioni e milioni di euro gestiti spesso da associazioni nate per “l’occasione” a conduzione politica/familiare. Fatture gonfiate, bilanci taroccati, spese dichiarate e mai effettuate, corsi fantasma, scuole invisibili, vitto scadente, diritti negati. A dimostrazione di ciò abbiamo provato a chiedere ad alcune associazioni che si occupano di accoglienza, di mostrare o pubblicare i loro bilanci, visto che si tratta di denaro pubblico, ma la risposta è sempre la stessa: niente, no, nisba. Ci sono alcune di queste associazione che addirittura non presentano bilanci da anni.
Per capire il livello di illegalità con cui si portano avanti questi pseudo progetti di accoglienza, basta dire che negli ultimi tempi molti politici, come ad esempio la razza dei Morrone, si sono interessati a questo bisiniss. Di colpo anche Morrone si scopre solidale ed accogliente. Siamo alla degenerazione totale.
Tant’è che anche la procura di Cosenza, che è quanto dire, è stata costretta di fronte a tanta evidenza ad interessarsi del fenomeno accoglienza, dopo aver ricevuto diverse denunce da parte di migranti esasperati e sfruttati. Centri trasformati in veri e propri lager per lavoratori forzati in agricoltura. Ovviamente come a Crotone, l’inchiesta di Cosenza si è fermata ai soli “caporali”. E nulla è stato chiesto sia ai gestori del centro di Camigliatello responsabili del controllo e della sicurezza degli ospiti, sia alla prefettura di Cosenza che avrebbe dovuto vigilare sulla legalità della gestione del centro. Ed invece il lavoro nero in tutti i centri è la prassi. Senza contare gli altri abusi.
E’ così che va, lo sa il prefetto, il questore, il procuratore, il sindaco, e gli stessi organi di controllo interni ai progetti SPRAR. In nome dell’emergenza, come sempre accade in Italia, lobby politiche accricate con mafiosi, coperti da procure e prefetture, hanno costruito delle vere e proprie fortune sulle spalle di questi poveri disgraziati che arrivano sulle nostre coste. Una manna che nessuno vuole mollare. Infatti negli ultimi due anni i centri di accoglienza in provincia di Cosenza non si contano più. E in ognuno di questi centri, state certi, il lucro vince su tutto. Una situazione ai limite dell’umana pietà che è sotto gli occhi di tutti. Ma si sa che a Cosenza bisogna fare finta di niente, e anche le denunce non sortiscono niente. Anche perché qui da noi sono più furbi, ammantano tutto con la solidarietà politica e il dovere dell’accoglienza. Per smascherare questi imbroglioni basterebbe che il prefetto imponesse loro la pubblicazione dei bilanci, e credetemi: la festa è finita.
Dopo l’ispezione alla prefettura di Crotone ordinata da Minniti, ci auguriamo che Marcuzzu faccia lo stesso con la prefettura di Cosenza. E nel mentre ci piacerebbe che il prefetto avviasse “preventivamente” una serie di controlli proprio sulla gestione di questi progetti a partire di quelli che risiedono in città. Giusto per capire se la situazione è recuperabile o no.
Perciò egregio signor prefetto si adoperi prima che sia troppo tardi , perchè questa storia, come sicuramente lei avrà capito, è una questione non solo di legalità, ma soprattutto di umanità.
GdD