Acque inquinate, Ispra: “La Calabria non invia i dati”

Sono complessivamente 19 le Regioni italiane che hanno inviato all’ISPRA le informazioni relative al monitoraggio dei pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. All’appello mancano completamente i dati della Calabria, mentre per quelli della Liguria sono disponibili soltanto i dati relativi alle acque sotterranee. L’aumentata copertura territoriale e la migliore efficacia del monitoraggio, sta portando alla luce livelli di contaminazione significativa anche al centro-sud. Ennesima occasione persa per l’Arpacal di dimostrare coi fatti di prendersi cura dell’ambiente.

di Matteo Olivieri

Ancora una volta l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Regione Calabria (Arpacal) manca di inviare le informazioni – obbligatorie per legge – relative ai livello di inquinamento da pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. Tale inadempienza fa il paio con altrettante inadempienze nel settore dei monitoraggi della qualità dell’aria e dei rifiuti, solo per citarne alcuni. La campagna di monitoraggio dei pesticidi nelle acque si inquadra nell’ambito delle prescrizioni di legge previste dal D.lgs. 152/2006 e ss. (Testo Unico sull’Ambiente), in materia di classificazione dei corpi idrici e di conformità con i valori di legge, nonché del D.lgs. 219/2010 in attuazione della direttiva europea (2008/105/CE) relativa alla introduzione di standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, e alla direttiva 2009/128/CE sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi. Insomma, un quadro normativo poderoso, che però – nei fatti – viene disatteso. La notizia sarebbe tutta da ridere, se non ci fosse di mezzo la protezione della salute umana e la domanda, mai banale, su come si spendano i soldi dei contribuenti nelle tante diramazioni della Pubblica Amministrazione.

Secondo il rapporto ISPRA, “a livello nazionale, su 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali, 371 (23,9%) hanno livelli di concentrazione superiore agli standard di qualità ambientale (SQA). La Lombardia, con il 49,4% dei punti che superano gli SQA, ha il livello più elevato di non conformità.” Calabria unica non pervenuta.

Delle 20 regioni italiane, infatti, solo la Calabria è totalmente inadempiente, mentre la Liguria solo parzialmente inadempiente, avendo comunicato i dati relativi alle acque sotterranee ma non quelle superficiali. Nel rapporto, disponibile da qualche giorno sul web, si legge che «la contaminazione è più diffusa nella pianura padano-veneta» ma solo perché «le indagini sono generalmente più rappresentative nelle regioni del nord». Al Sud, le indagini sono meno capillari o mancano del tutto, come appunto nel caso della Calabria. Un fatto, questo, di cui forse qualcuno deve dare spiegazioni senza tergiversare e assumendosi le proprie responsabilità.

La copertura del territorio nazionale è quindi «ancora incompleta», soprattutto nelle regioni centro-meridionali e la Calabria non ha inviato dati, mentre in alcune Regioni «la presenza dei pesticidi è molto più diffusa del dato nazionale, arrivando a interessare oltre il 90% dei punti delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Piemonte e Veneto, e più dell’80% dei punti in Emilia Romagna e Toscana». Valori allarmanti anche in Lombardia e provincia di Trento, dove l’inquinamento «supera il 70%». Nelle acque sotterrane la presenza di pesticidi è particolarmente elevata in Friuli (81%), in Piemonte (66%) e in Sicilia (60%). In particolare, il rapporto prosegue sostenendo che in queste Regioni, dove il dato è superiore alla media, la rete di monitoraggio è diventata nel tempo «più efficace» e si è concentrata in modo particolare «nelle aree dove è più probabile la contaminazione».

La densità media nazionale della rete di monitoraggio delle acque superficiali è di 5,4 punti/km2, ed in media vengono prelevati 7 campioni/anno, e cercate 84 sostanze. Per le acque sotterranee, la densità media della rete di monitoraggio è di 12 punti/km2 , con frequenza di monitoraggio in media di 1-3 campioni/anno. Ma gli scostamenti fra Regioni sono notevoli.

In generale, il maggior numero di superamenti dei limiti di legge è dovuto all’utilizzo intensivo di erbicidi come il glifosate e del metabolita AMPA, mentre la presenza di pesticidi «è più diffusa nelle aree della pianura padano-veneta» dove si registra un «intenso utilizzo agricolo». Nelle cinque regioni del Nord Italia, «si concentra più del 50% dei punti di monitoraggio della rete nazionale» mentre «nel resto del paese la situazione è ancora abbastanza disomogenea», e «non sono pervenute informazioni dalla Calabria e in altre Regioni la copertura territoriale è limitata, così come è limitato il numero delle sostanze cercate.»

Secondo i dati Istat (2015) riportati nel rapporto Ispra, in Italia «si utilizzano in agricoltura circa 130.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari – utilizzati per la protezione delle piante e per la conservazione dei prodotti vegetali – che contengono circa 400 sostanze diverse», mentre per quanto riguarda i biocidi – impiegati in vari campi di attività (disinfettanti, preservanti, pesticidi per uso non agricolo – l’Ispra sostiene che «non si hanno informazioni analoghe sulle quantità e manca un’adeguata conoscenza degli scenari d’uso e della loro distribuzione geografica». Spesso i due tipi di prodotti utilizzano gli stessi principi attivi, ma solo 84 sostanze vengono cercate sistematicamente nelle campagne di monitoraggio sulle acque superficiali condotte dall’Ispra. Resta da capire come sia tollerabile a livello politico, amministrativo e giuridico una simile inadempienza dell’Arpacal ai dettami di legge.