di Giulia Merlo
Fonte. Domani
Infine, in chiusura di Atreju, ha preso la parola la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Davanti ai militanti del suo partito, la premier si è mostrata sorridente: «Vedervi cosi numerosi e orgogliosi con le nostre bandiere mi ripaga di ogni giorno impossibile, di ogni notte in cui non dormo abbastanza di ogni fine settimana passato a lavorare».
In quasi un’ora di intervento, la linea di Meloni è stata quella di attaccare in modo martellante il centrosinistra e in particolare il Pd di Elly Schlein: la parola più pronunciata è stata “sinistra”. Una citazione costante, come opposto delle posizioni del governo, ma anche come causa di tutti i mali del paese prima che al governo arrivasse lei. La retorica è quella rodata – soprattutto davanti alla platea casalinga – di magnificare i successi internazionali ottenuti nonostante lo scetticismo degli osservatori stranieri e di raccontare un’Italia in costante crescita e finalmente sulla strada giusta dopo anni di disastro.
«Siamo nati per qualcosa di grande, noi non racconteremo la storia, noi la scriveremo», è stata la sua conclusione. Tutta la retorica della premier, del resto, è rimasta costruita sul concetto di underdog, con il crescendo drammatico della comunità di destino sottovalutata dall’esterno e e che ora sta sconfiggendo le forze avverse.
L’AFFONDO CONTRO SCHLEIN
«Questo è un luogo dove ci si confronta sui contenuti, e chi scappa dimostra non avere quei contenuti», ha detto Meloni con un evidente riferimento alla segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha rifiutato l’invito. Ha invece ringraziato Giuseppe Conte, Carlo Calenda, Luigi Marattin, Matteo Renzi, Angelo Bonelli. «Ma voglio ringraziare anche Schlein, che con il suo nannimorettismo ha comunque fatto parlare di noi. La cosa divertente è che il presunto Campo largo lo abbiamo riunito noi ad Atreju e quella che dovrebbe federarli non si è presentata, contenti loro».
La premier ha anche citato un articolo di Repubblica che criticava Atreju e la contestata casa editrice filofascista a Più Libri Più Liberi: «Si portano tra loro una sfiga che manco quando decapitano la pagoda del Mercante in fiera», ha detto sostenendo che tutte le critiche del centrosinistra non hanno fatto altro che rafforzare le iniziative del centrodestra.
Meloni ha insistito proprio sulle divisioni del centrosinistra: «Noi siamo alleati e siamo amici, loro no. Gli ho proposto un confronto due contro uno e mi hanno detto di no. Ma non perché non volessero confrontarsi con me, ma perché non volevano confrontarsi tra di loro. E vorrebbero governare. Ma come fanno?».
IL CENTRODESTRA
«L’Italia può contare su una maggioranza che mette a disposizione una visione condivisa, non siamo un incidente della storia, non siamo una somma di divisioni, siamo una comunità di destina costruita su trent’anni di battaglie comuni», ha detto, parlando anche del fatto che il 5 a 1 alle regionali non c’è stato.
«Noi dobbiamo essere credibili per i mercati internazionali, ma ancora di più per i mercati rionali. Dobbiamo avere credibilità per gli italiani, è importante perché produce orgoglio ma anche ricchezza. le agenzie di rating che rivedono a rialzo l’Italia, significa attrattività per i nostri titoli di stato, producendo soldi che possiamo investire nei bisogni degli italiani
Meloni ha battuto sulla solidità del governo, «perché i cambi di governo sono costati miliardi di euro: ecco quanto hanno pagato gli italiani per i giochi di palazzo della sinistra».
In una alternanza di attacchi alla sinistra e proclami di intenti, Meloni ha rivendicato gli impegni (per ora futuri) sul piano casa e taglio dell’irpef, poi è tornata ad attaccare il centrosinistra: «Non accettiamo chi fa il comunista col ceto medio e il turbocapitalista coi potenti. Il Pd si indigna per la vendita di Gedi, ma quando chiudevano gli stabilimenti di Stellantis tutti muti, anche Landini che faceva le interviste a Repubblica».
Il repertorio della premier è sempre lo stesso: da un lato rivendicare la stabilità del governo, dall’altro attaccare i “gufi” della sinistra e i dubbi nei suoi confronti da parte degli osservatori internazionali, infine elencare i titoli dei giornali stranieri su di lei: «Ma il giudizio che ci interessa davvero è quello del popolo italiano».
LA POLITICA INTERNAZIONALE
Meloni ha detto di voler costruire una nazione protagonista in Occidente, e ha difeso Donald Trump quando ha detto che gli Usa vogliono disimpegnarsi in Ue: «Buongiorno Europa, per ottant’anni abbiamo appaltato la nostra sicurezza agli Usa fingendo che fosse gratis, solo che non lo era e il prezzo si chiama condizionamento. La libertà ha un prezzo e noi, che al contrario di altri non abbiamo mai amato le ingerenze straniere da qualsiasi parte arrivino, abbiamo sempre preferito una costosa libertà a una costosissima ma apparentemente comoda servitù. Per questo abbiamo rivendicato la necessità di creare una colonna europea della Nato».
Anche su questo ha attaccato la sinistra: «Gli piace essere subalterni, prima era Mosca, poi Parigi, Berlino e Bruxelles. Noi non ragioniamo così, non vogliamo essere subalterni a nessuno».
Ha poi rivendicato la vicinanza al popolo ucraino, «per arrivare alla pace che non si costruisce con le canzoni di John Lennon ma con la deterrenza».
Ha parlato del ruolo italiano nel Mediterraneo, anche durante la crisi mediorientale, di protagonista nel Golfo e in Africa con il piano Mattei.
Quanto alla linea europea, Meloni ha separato l’Ue dall’Europa: «L’Europa non è al tramonto, ma è una civiltà viva che ha una missione e non chiede il permesso di esistere nemmeno alle istituzioni che la governano e finchè la difenderemo nessuno potrà ridurla a una caricatura, questa è la missione dei Conservatori europei».
L’immigrazione è stata il suo esempio: rivendicando il successo con la regolamentazione dei transiti, il modello Italia-Albania e liste di paesi terzi. L’occasione è utile per attaccare le «sentenze ideologiche» dei giudici «politicizzati», «i centri in Albania funzioneranno, solo che lo faranno con un anno e mezzo di ritardo, e chi dice che configura il danno erariale, il rischio c’è ma la contestazione non va mossa al governo», ha detto riferendosi ai giudici.
LA POLITICA INTERNA
Ha accusato la sinistra di aver tenuto i salari bassi per decenni, «e ora cominciano a salire», definendolo il risultato di una strategia che va avanti con le manovre di bilancio degli ultimi anni.
Ha parlato anche di sanità pubblica, rivendicando investimenti, e di famiglia con i vari bonus per le nascite. Ha parlato di meritocrazia, «basta con la gabbia asfissiante del ‘68, basta con il lassismo perchè è arrivato il tempo delle regole», ha detto parlando della scuola.
Tra gli attacchi più duri, ripetuti sia da Meloni che da Matteo Salvini, sono stati nei confronti dell’eurodeputata Ilaria Salis, accusata di non aver restituito i soldi della casa popolare occupata. Un espediente per la premier per parlare delle norme che hanno ridotto la libertà personale, contro le occupazioni e le manifestazioni.
Meloni ha ribadito la volontà di tirare dritto sul premierato e soprattutto sulla riforma della giustizia, oggetto del prossimo referendum, per cui è tornata ad attaccare i gruppi associativi. «Fregatevene della Meloni, perchè questo governo rimane in carica fino alla fine della legislatura, i governi passano ma i governi rimangono e incidono sulla vostra vita. Votate perchè non ci debba più essere una vergogna come quella di Garlasco», ha detto, anche se nulla della riforma avrebbe potuto influire su quanto accaduto in quell’inchiesta.









