Morta Brigitte Bardot, aveva 91 anni: icona eterna di bellezza al cinema che divenne la paladina degli animali
di Paolo Mereghetti
Fonte: Corriere della Sera
La grande attrice francese è scomparsa dopo una grave malattia: in 15 anni di cinema divenne un acronimo BB, per poi ritirarsi e dedicarsi alle sue battaglie
Addio a Brigitte Bardot, ma il mito di BB non può tramontare. Alla fine la inseguivano più le denunce dei cacciatori che i suoi fan. Strana nemesi per chi era stata la donna più desiderata per almeno un paio di decenni, ma evidentemente il destino di Brigitte Bardot non era quello di passare inosservata, né come attrice né come attivista a favore degli animali. In fondo, aveva detto, «ho sempre pensato che avrei girato film solo per comprarmi una fattoria dove crescere gli animali.
Come Biancaneve, attorniata da uccellini, cerbiatti e scoiattoli» e così, adesso che non c’è più, scomparsa a 91 anni il 28 dicembre 2025, la sua «eredità » andrà divisa tra una sessantina di film e una Fondazione che ogni anno sapeva raccogliere 15 milioni di euro in donazioni e che ha contribuito a salvare migliaia di animali.
Un epilogo impensabile per la sedicenne parigina (era nata il 28 settembre 1934) che nel 1950, dalle pagine di «Elle», attira l’attenzione di Marc Allégret: il suo assistente, Roger Vadim, è incaricato di contattarla per un provino. La ragazza studia danza ma l’incontro con Vadim le fa girare la testa: dovrà aspettare di aver compiuto diciott’anni per sposarlo, il 21 dicembre 1952 (il padre, Louis Bardot, a capo delle officine chimiche Bardot, non transige), ma con lui è il cinema che è entrato nella sua vita.
L’inevitabile gavetta di parti piccole e piccolissime (Le Trou normand, 1952 è il film d’esordio cui seguiranno, tra gli altri, Elena di Troia, 1955, dove il ruolo del titolo è per Rossana Podestà e lei la meno conosciuta Andraste; I tuoi occhi bruciano, 1955, che fa esplodere per la prima volta la sua sensualità sullo schermo; Mio figlio Nerone, 1956, nei panni di Poppea accanto a Sordi- Nerone) e poi l’esplosione: Piace a troppi (titolo italiano inutilmente allusivo per il più ficcante Et Dieu… créa la femme, 1956), è un ritratto senza veli – né fisici né morali – di una giovane che scopre il fascino che esercita sugli uomini, dove Brigitte Bardot (che il lancio pubblicitario sintetizza per la prima volta in BB: «Dio creò la donna… e il diavolo creò BB», si leggeva sui manifesti) è diretta dal marito pigmalione Vadim.
Il film, vietato ai minori di 16 anni, non è un successo (costato 140 milioni di vecchi franchi ne incassa solo 60) e in patria è difeso quasi esclusivamente dai giovani redattori dei «Cahiers du cinéma», Truffaut e Godard in testa. Ma qualche mese dopo, il trionfo negli Stati Uniti apre gli occhi anche ai francesi: osannata Oltreatlantico, BB diventa per tutti il simbolo di una generazione che vuole liberarsi di ogni senso di colpa o di peccato e che vive il proprio corpo (e la propria sessualità ) con una naturalezza e una sfrontatezza impensabili solo poco tempo prima.
Il film segna la fine del suo matrimonio con Vadim (per «colpa» del coprotagonista Jean-Louis Trintignant) ma lancia definitivamente BB nel cielo delle star: è «l’ottava meraviglia del mondo» secondo Elvis Presley. E non solo: Simone de Beauvoir vede nella sua «immoralità » la forza delle donne decise a rivendicare la propria autonomia sessuale, Marguerite Duras parla di lei come dell’«aspirazione inconfessata di ogni essere umano di sesso maschile», «Life» scrive che «dopo la Statua della Libertà , nessun’altra donna francese ha gettato altrettanta luce sugli Stati Uniti».
E Alessandra Mattirolo nel bel libro che ha scritto su di lei con Milena Gabanelli, dice che «nella Francia degli anni Cinquanta, Brigitte si oppone all’apatia esistenzialista, ai retaggi della cultura dell’angoscia, allo schiavismo del pensiero. La sua vitalità animale vuole imporre sensazioni naturali, dirette, non mediate dall’intellettualismo».Inevitabile che diventi l’oggetto di una curiosità ossessiva: da subito i fotografi le danno una caccia senza quartiere, arrivando ad affittare l’appartamento di fronte a casa per rubare qualche scatto o restando accovacciati sugli alberi che permettono di spiarla all’interno del suo buen ritiro a Saint Tropez, La Madrague. E lei non risparmia niente per evitare pettegolezzi e illazioni.
L’elenco di amanti e mariti non finisce più: dopo Vadim e Trintignant è la volta di Gilbert Bécaud, di Raf Vallone e di Sacha Distel. Nel 1959 sposa Jacques Charrier, che gli darà il suo unico figlio, Nicolas (più accettato che davvero amato) ma divorzia nel 1963. Poi si lega a Samy Frey, al cantante Olivier Despax, al produttore Bob Zaguri, fino a quando incontra Gunter Sachs che diventa il suo terzo marito (ma solo per tre anni, dal 1966 al ’69), senza per questo negarsi altre storie: con Serge Gainsbourg, col playboy italiano Gigi Rizzi, col giovane Patrick Gilles, con Warren Beatty, Nino Ferrer, il pilota automobilistico François Cevert, il barman Christian Kalt de Méribelk, Laurent Vergez, lo scultore Miroslav Brozek , il giornalista Alain Bougrain-Dubourg e infine l’avvocato (ed esponente del Front National di Le Pen) Bernard d’Ormale, che sposa nel 1992 e con cui l’attrice ha diviso da allora il resto della sua vita.
Intanto la carriera di BB prosegue: nel 1958 si confronta con uno dei mostri sacri del cinema francese, Jean Gabin, che vuole sedurre in La ragazza del peccato; nel 1960 è Henri-George Clouzot a mettere a nudo (non senza tensioni sul set) il suo personaggio di «ragazza di liberi costumi» con La verità mentre il presidente De Gaulle paragona l’impatto della sua immagine – fasciata in pantaloni aderenti e magliette attillate – al valore che le esportazioni Renault avevano sulla bilancia commerciale. Quasi inevitabile allora che nel 1970 fosse scelta per dar forma alla Marianne, il simbolo della nazione francese. Non sempre, però, Brigitte sa reggere il peso di tanta popolarità e la caccia spietata dei fotoreporter: il giorno del suo ventiseiesimo compleanno tenta anche il suicidio e l’anno successivo si trovava a guidare la classifica dell’attrice «peggiore del mondo», ma ormai è diventata un mito mondiale (nel 1965, sarà chiamata a Hollywood a interpretare se stessa in Erasmo il lentigginoso, accanto a James Stewart) e Louis Malle ne trasfigura il destino in Vita privata (1962), specie di apoteosi in onore di una autentica dea. Anche Godard la vuole per Il disprezzo, spesso nuda accanto a Michel Piccoli, in un film che esalta il «broncio» che sempre più offusca la sua bellezza.
Non sempre però le proposte che le arrivano sono così stimolanti e anche se le chiedono di far coppia con attrici famose (con Jeanne Moreau in Viva Maria!, 1965, con Claudia Cardinale in Le pistolere, 1971) l’amore per il cinema sembra spegnersi, soppiantato, momentaneamente, dalla passione per la musica grazie all’incontro con Serge Gainsbourg. Arriva così il momento di ritirarsi definitivamente dalle scene (l’ultimo film, dimenticabilissimo, è Colinot l’alzasottane, 1973) per dedicarsi a quella passione animalista che aveva sempre coltivato (all’inizio degli anni Sessanta era già vegetariana e si era pronunciata contro i maltrattamenti nei macelli) e che le fa creare nel 1986 la Fondation Brigitte Bardot. Le polemiche però non l’abbandonano: per le sue prese di posizione a favore della destra (al ballottaggio del 2017 ha sostenuto apertamente Marine Le Pen contro Macron), per le sue dichiarazioni contro certe tradizioni islamiche (come lo sgozzamento dei montoni) tanto da essere condannata per «incitamento all’odio razziale» e, ultimamente, per i suoi attacchi ai cacciatori «distruttori di vite». Decisamente il mito di BB non può tramontare.









