Adolfo Foggetti: da Luca Bruni alla politica

Adolfo Foggetti

Luca Bruni era un personaggio scomodo e ingombrante. La sua presenza metteva a forte rischio la pax mafiosa in città, siglata a prezzo di tanto sangue dal 2006 in poi.

L’omicidio di “Bella Bella”, per quanto sia avvenuto molti anni prima, è sempre stato lo spartiacque nel determinare situazioni di forza. Quando Luca Bruni, nel 2011, esce di galera, chiede a muso duro alla Cosenza Criminale di riavere quello che gli spetta, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti vengono individuati da Ettore Lanzino come coloro che devono portare a termine una missione delicatissima.
Sono loro che devono attirarlo in trappola perché Lanzino non può vivere nel terrore di un attentato.
Gli dicono che Ettore Lanzino e Franco Presta lo vogliono incontrare e gli danno un appuntamento che sarà fatale. Luca Bruni non riesce a salvarsi, forse ci avrà pensato che era un’imboscata ma alla fine è andato incontro alla morte.
Luca Bruni in realtà predica pace e si spende per mantenere le alleanze, formalmente non ha fatto nulla per giustificare un’esecuzione così rapida ma il desiderio di vendetta è sempre dietro l’angolo. E Daniele e Adolfo rinnegano anni di amicizia e di assalti ai furgoni portavalori blindati perché potrebbero fare un altro salto nella loro scalata.
Si dice che Lanzino gli avrebbe promesso tutti i soldi che invece sarebbero toccati a Luca Bruni. Li seduce con il denaro, secondo il racconto di Adolfo Foggetti. Toccherà a Daniele Lamanna dirci se è vero o no. Ettore Lanzino, dal canto suo, ha già avuto modo di negare con decisione che l’ordine di uccidere Luca Bruni l’ha dato lui. Se n’è sempre tirato fuori con decisione. Daniele ci dirà.
Quello che è certo, invece, è che l’omicidio di Luca Bruni segnerà l’inizio della fine di un altro periodo. Un altro bivio.

Luca Bruni
Luca Bruni

Il figlio di “Bella Bella” affronta il suo destino a testa alta. Prima di sparire per sempre, Luca Bruni ha voluto incontrare suo cugino Ernesto Foggetti, adesso pentito, che fu l’ultimo a vederlo vivo. Era il 3 gennaio 2012.

Un privilegio che gli ha consentito di raccogliere i dubbi e i timori della futura vittima.

“Mi ha abbracciato in modo forte e deciso. E poi mi ha sussurrato in un orecchio che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. Era abbastanza teso, parlava tra i denti e con voce flebile. Ciò sicuramente per il fatto che l’incontro al quale doveva partecipare era in realtà una trappola mortale”.

Luca Bruni dice a Ernesto Foggetti che è stato invitato a un vero e proprio summit con Maurizio Rango, Franco Bruzzese, Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna al quale avrebbero partecipato anche gli allora latitanti Ettore Lanzino e Franco Presta. Ma a quell’incontro probabilmente Luca Bruni non ci è arrivato vivo.

Bruni capisce di essere stato attirato in una trappola ma non riesce a spiegarsi la posizione di Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna. E comunque ha già deciso che andrà incontro alla morte perché è un uomo d’onore e non può sottrarsi al suo ruolo.

“Lasciò il telefonino nella tasca dell’auto e si diresse a piedi verso via Bari a Roges di Rende. Gli ho chiesto se dovevo accompagnarlo ma mi ha risposto di no perché Adolfo e Daniele lo aspettavano là vicino”.

A sparare dovrebbero essere stati Rango e Lamanna ma questo sarà chiarito molto presto.

Dopo il pentimento di Ernesto Foggetti (e del padre Vincenzo) toccherà ad Adolfo Foggetti fare il grande passo.

La vettura con Luca Bruni, Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna e Maurizio Rango si dirige verso un’area di campagna. Siamo a Saporito di Rende. Appena giunti sul posto, Luca scende dal veicolo e Lamanna, che sedeva alle sue spalle, lo fulmina con due colpi di pistola alla nuca. Poi scendono tutti e lo finiscono con altri tre colpi di pistola. Subito dopo viene sepolto dentro una buca che era già stata opportunamente preparata. La tomba era pronta da un giorno.

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A raccontare i retroscena di questa barbara esecuzione è stato proprio Adolfo Foggetti, che ha deciso di vuotare il sacco. Ai pm antimafia Vincenzo Luberto e Pierpaolo Bruni della Dda di Catanzaro ha confessato tutto. E ha fatto ritrovare i resti di Luca per rendersi credibile e per chiudere un cerchio. La scoperta è stata fatta dai carabinieri del Nucleo Operativo di Cosenza, nei pressi di un casolare ad Orto Matera di Castrolibero, dove è emerso lo scheletro di un uomo. I miseri resti di Bruni erano nascosti da due anni sotto quaranta centimetri di terriccio e sono stati riconosciuti grazie all’orologio che la vittima portava al polso. Foggetti ha tirato pesantemente in ballo Lamanna indicandolo come il presunto autore materiale del delitto.

LUCA BRUNI, FOGGETTI E LAMANNA

Luca Bruni, Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna vengono da un percorso comune. Sono stati parte integrante del gruppo di fuoco del clan Bruni-Abbruzzese e ci sono ampie testimonianze del loro rapporto stretto e intimo.

Era il 13 marzo del 2005, esattamente dieci anni fa, quando, alla periferia di Corato (Bari), in contrada ‘Colonnella’, Daniele e Carlo Lamanna vengono arrestati insieme a Franco Bruzzese, Giovanni Abruzzese, Adolfo Foggetti e Luca Bruni.
I fratelli Lamanna, Luca Bruni e Foggetti sono i più giovani. Daniele ha 31 anni, Carlo e Luca Bruni 28 anni, Foggetti 23.
Eppure, ne avevano messi a segno già parecchi di questi assalti. Prima facevano sopralluoghi e pedinamenti ai furgoni portavalori che operavano in Molise e in Campania. Avevano a disposizione mezzi rubati (almeno un’autovettura, una macchina per movimento terra e un mezzo per trasportarla) con le quali avrebbero potuto fermare la corsa dei portavalori su strade e autostrade per poi compiere l’assalto.

La loro era una particolarissima tecnica da guerriglia consistente nella chiusura al traffico di un’area dell’arteria stradale interessata al transito dei mezzi portavalori, nel successivo accerchiamento del mezzo contro il quale i rapinatori sparavano anche centinaia di proiettili con fucili mitragliatori d’assalto, e con l’apertura delle lamiere del blindato con motoseghe a scoppio. Assalti dalla spiccata tecnica militare, la cui tempistica era estremamente ridotta per l’intervento, che non andava mai oltre i sette-otto minuti.
A Corato di Bari qualcosa non ha funzionato.

I carabinieri li hanno trovati in possesso di un autentico arsenale, da gruppo di fuoco di Serie A: armi da guerra, nove kalashnikov, una carabina da tiro con precisione e due pistole calibro 9 per 21, 3.000 munizioni, giubbotti antiproiettile, abbigliamento mimetico, ricetrasmittenti e due automobili rubate di grossa cilindrata dotate di lampeggianti e con gli abitacoli rinforzati con lastre di ferro. Una vettura aveva anche un tettuccio apribile che sarebbe servito per sparare.

Il blitz è scattato alle prime ore del mattino. Venti carabinieri del Gruppo di intervento speciale hanno circondato la tenuta dove i sei calabresi si nascondevano e hanno fatto irruzione nel casolare. L’ azione delle teste di cuoio dei carabinieri è stata velocissima, «la più importante mai condotta in Italia, dopo quella del ’78 nel carcere di Trani». Carlo Lamanna, che avrebbe guidato il gruppo, e i suoi complici sono stati bloccati ed arrestati.

“Appartenevano ad un gruppo pericolosissimo, pronto a fare una strage pur di raggiungere il proprio risultato” dice Luigi Scimè, il sostituto procuratore che ha coordinato le indagini.

Daniele Lamanna
Daniele Lamanna

A novembre 2005 il Tribunale di Bari infligge dieci anni a Giovanni Abruzzese e Carlo Lamanna, ritenuti i capi della banda; otto anni ciascuno a Luca Bruni, Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna. La loro organizzazione era completata da cinque elementi pugliesi.
Tutti avevano compiti ben definiti e una cura maniacale nella preparazione delle rapine, così come abbiamo già spiegato.
Ma ciò che lasciò sbigottiti il pm inquirente della Dda, Domenico Seccia, e i carabinieri, comandati dal tenente colonnello Vincenzo Trimarco, fu l’astuzia dimostrata dal gruppo. Per non lasciare tracce di bulbi piliferi i componenti del commando durante i colpi coprivano le sopracciglia con nastro adesivo, oppure se le depilavano; per lo stesso motivo mettevano tamponi alle narici; per non lasciare impronte indossavano guanti in lattice sotto quelli di tessuto o in pelle. Con l’alcol lavavano ogni volta gli interni delle autovetture sulle quali operavano per non lasciare alcuna traccia corporale che potesse condurre ad una eventuale prova del Dna nei loro confronti.
I pedinamenti ai portavalori erano poi ripetuti fino alla nausea, così come i sopralluoghi su strade e autostrade in cui si dovevano mettere a segno le rapine. In alcuni casi la banda avrebbe creato varchi nelle reti metalliche laterali delle strade per poter fuggire all’arrivo delle forze di polizia. Poi si sceglieva il giorno e l’ora del colpo e si entrava in azione. La strada in cui transitavano i portavalori veniva chiusa al traffico per pochi minuti, il mezzo veniva fermato e accerchiato: contro di esso venivano sparate raffiche di kalashnikov e con le motoseghe veniva aperto uno squarcio nelle lamiere del blindato. Una volta prelevato il bottino dal furgone, il commando fuggiva a bordo di autovetture rubate. Il colpo durava 7-8 minuti.
“Si continua a sparare in continuazione, non ci si ferma mai, almeno le due persone davanti non si fermano mai di sparare”, spiegò agli inquirenti il pentito cosentino Francesco Bevilacqua, che ha collaborato alle indagini. “Lo fanno – disse – per evitare che la guardia faccia qualcosa, che poi non può fare niente perchè è chiusa nel furgone… questo succede quando non è corrotta nessuna guardia, altrimenti scendono prima dal furgone”.

Luca Bruni, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti, dunque, crescono insieme e si specializzano negli assalti ai portavalori blindati e finiscono anche in carcere insieme. Usciranno più o meno nello stesso periodo, quando la condanna a morte per Luca Bruni è stata già scritta. Foggetti, nel frattempo, ha scalato le gerarchie ed è entrato nel “direttivo” del clan. E può parlare anche del livello politico.

L’ELENCO

Ma ecco l’elenco (più o meno) completo dei pentiti cosentini.

ANTONIO DE ROSE

FRANCESCO STAFFA

LUIGI MICHELE CUNDARI

VINCENZO NEMOIANNI

ROBERTO PAGANO

DARIO E NICOLA NOTARGIACOMO

FRANCO PINO

MARIO E PASQUALE PRANNO

PEPPINO, FRANCO E FERDINANDO VITELLI

ALDO ACRI

FRANCESCO TEDESCO

ANGELO SANTOLLA

UMILE ARTURI

FRANCO GAROFALO

NICOLA BELMONTE

GIUSEPPE BONFIGLIO

FRANCESCO GALDI

VINCENZO DEDATO

FRANCESCO AMODIO

FRANCESCO BEVILACQUA – FRANCU I MAFARDA

ERMINIO MUNNO

ANGELO COLOSSO

PIERLUIGI BERARDI

LUIGI PATERNOSTRO

ORESTE DE NAPOLI

PIERLUIGI TERRAZZANO

ROBERTO CALABRESE VIOLETTA

SIMONE LOVATO

COSIMO SCAGLIONE

MATTIA PULICANO’

SILVIO GIOIA

VINCENZO, ERNESTO E ADOLFO FOGGETTI

MARCO MASSARO

MARCO PAURA