Aldo Moro e quel brigatista ferito: mai fatte le analisi decisive

Aldo Moro e quel brigatista ferito: mai fatte le analisi decisive
di Davide Conti, storico

Fonte: Domani

24 agosto 2025 

Le molte macchie di sangue repertate su tutte le auto del sequestro rafforzano l’ipotesi del ferimento. Fosse così anche la dinamica dell’azione sarebbe diversa. Ma di quei reperti si sono perse le tracce

PRIMA PARTE: QUEL BRIGATISTA FERITO A VUA FANI (https://www.iacchite.blog/aldo-moro-non-fu-geometrica-potenza-quel-brigatista-ferito-a-via-fani/)

«Domani si potrà sapere se le tracce di sangue rinvenute su una delle due vetture usate dai rapitori corrispondono o no al gruppo sanguigno di Moro o invece se verrà confermata l’ipotesi che uno dei rapitori è stato ferito dall’agente [Iozzino] che prima di morire ha esploso [due] colpi di pistola».

A indicare la possibilità del ferimento di un brigatista nel corso della sparatoria di via Fani fu il Tg2 del 19 marzo 1978. Al momento della messa in onda di quel servizio le auto usate dalle Br e rintracciate dalla polizia erano ancora solo due: una Fiat 132 blu (dove era stato trasbordato Moro) recuperata la mattina del sequestro, e una Fiat 128 bianca utilizzata per la fuga e trovata il giorno successivo alle 4 del mattino.
Poche ore dopo il servizio della tv le automobili sarebbero diventate tre con il ritrovamento di una Fiat 128 blu anch’essa usata per allontanarsi dal luogo dell’azione.
Le particolarità del rinvenimento delle auto furono due: tutte le vetture vennero lasciate in via Licinio Calvo in tempi diversi; su tutti i veicoli vi erano numerose tracce di sangue.

Le tre auto
Nella versione fornita dal “memoriale Morucci” si legge: «Tutte e tre le auto sono state parcheggiate in via Licinio Calvo la stessa mattina del 16 marzo, nello spazio di tempo di circa venti minuti dopo l’azione di via Fani. (e cioè tra le 9:10 e le 9:30). La 132 è stata parcheggiata da Fiore subito dopo che era stato effettuato il trasbordo di Moro sul furgone 350 in piazza Madonna del Cenacolo». A confutare questo racconto, e le modalità del rilascio delle auto da parte brigatista, furono molteplici e distinte fonti.
La documentazione di polizia accertò il ritrovamento, nello stesso luogo, delle auto in tre giorni differenti (16 marzo Fiat 132 blu; 17 marzo Fiat 128 bianca; 19 marzo Fiat 128 blu).

Le testimonianze degli abitanti di via Licinio Calvo confermarono l’apparizione delle vetture in momenti diversi. Le immagini del Tg1 andate in onda il 19 marzo mostrarono la strada senza la presenza della Fiat 128 blu prima del ritrovamento dell’auto della sera stessa alle ore 21. Raffaele Fiore, nel libro L’ultimo brigatista, smentì la versione di Morucci che lo indicava come l’uomo che parcheggiò la 132 blu dopo il rapimento. Fiore, scomparso il 28 luglio scorso, affermò di essersi allontanato a piedi dopo il trasferimento di Moro su un furgone dove il presidente della Dc fu rinchiuso in una cassa e portato in via Montalcini.
Un quadro che lascia aperta l’ipotesi della Commissione Moro II circa un ricovero per le auto delle Br sito in prossimità di via Licinio Calvo e utilizzato come appoggio logistico per il nascondimento delle vetture e poi per il loro abbandono in tempi diversi e più sicuri.

Le macchie di sangue
Ciò posto, sono le molte macchie di sangue repertate dagli agenti di Ps e dalla Polizia scientifica su tutte le auto del sequestro a rafforzare l’ipotesi del ferimento di uno dei brigatisti, mai identificato, presente in via Fani e di una diversa dinamica dell’azione.
Delle tracce ematiche presenti in più punti delle vetture si occupò la relazione della prima Commissione Moro. Vi si legge: «Sono state rilevate tracce di sangue sul bordo superiore dello sportello posteriore destro della Fiat 132 blu, sullo sportello destro della Fiat 128 bianca, nonché sulla tappezzeria interna del tetto, sul volante e sul cristallo anteriore sinistro della Fiat 128 blu».

Più specifici i verbali degli agenti di Ps e i rilievi della Polizia scientifica che collocarono il sangue sullo sportello anteriore destro (montante metallico superiore) e su quello posteriore destro (parte esterna cromata del canaletto del tetto) della Fiat 132 su cui venne fatto salire Moro.
Secondo la versione ufficiale la 132 ripartì da via Fani guidata da Bruno Seghetti con a bordo Mario Moretti seduto al suo fianco e Raffaele Fiore sul sedile posteriore insieme a Moro. Nessuno dei tre Br riportò ferite dato che Seghetti e Moretti non parteciparono alla sparatoria e fu Fiore a raccontare a Peci della presenza di un ferito, quindi non parlando di sé stesso.

La presenza del sangue potrebbe spiegarsi con quello probabilmente schizzato dai corpi degli uomini della scorta sui vestiti di Moro. Tuttavia la presenza delle tracce in due punti diversi (sportello anteriore destro e sportello posteriore destro) rende difficile tale ipotesi visto che il presidente Dc, rimasto illeso, venne collocato e rimase nella 132 solo nel sedile posteriore.
Sulla Fiat 128 bianca vennero riscontrate dagli agenti Antonio Pinna e Adelmo Saba macchie o schizzi di sangue «nella parte centrale dell’auto, altezza sportello anteriore destro» ovvero – secondo la Polizia scientifica – «sul battente della portiera anteriore destra, sulla metà inferiore del montante destro e sull’angolo posteriore inferiore della portiera anteriore destra». A queste macchie il rapporto del maresciallo Saverio Abbondandolo aggiunse anche quelle «sul sedile anteriore destro».

Che fine hanno fatto?
Sulla vettura – secondo il memoriale Morucci – erano presenti Alvaro Lojacono, Alessio Casimirri e Prospero Gallinari. Solo quest’ultimo partecipò all’azione, senza però riportare ferite. Infatti nel sedile posteriore dove prese posto non furono ritrovate tracce ematiche. Il sangue dovrebbe quindi appartenere a uno tra Lojacono e Casimirri ma entrambi non presero parte al fuoco.
Sulla Fiat 128 blu il rapporto di Abbondandolo individua tracce di sangue presenti «sul vetro della portiera anteriore sinistra». A queste si aggiungono i rilievi della Polizia scientifica che non solo ne indica altre su «superfici del volante, superficie della struttura metallica della portiera anteriore sinistra nonché interna tra il finestrino ed il pannello di rivestimento» ma ne segnala una «di dimensioni più accentuate delle precedenti sulla parte centrale del rivestimento interno del tetto, zona soprastante la spalliera del sedile di guida».
Una striscia di sangue collocata all’altezza della testa del guidatore dell’auto che – secondo la perizia del medico-legale Franco Marracino – «si estende per un’ampiezza di cm. 20×10». Erano ufficialmente a bordo della vettura Valerio Morucci alla guida, Franco Bonisoli al suo fianco e Barbara Balzerani nel sedile posteriore. Anche in questo caso nessuno dei tre fu leso in via Fani.

Questo quadro d’insieme restituisce la possibilità che almeno un brigatista sia stato ferito nel conflitto a fuoco e che non sia a tutt’oggi noto. Del sangue nelle tre auto si persero le tracce.
Quando il 28 agosto 1978 l’ufficio Istruzione del tribunale di Roma chiese all’ufficio Digos della Questura «quali indagini fossero state compiute sulle tracce ematiche» trovate sulla Fiat 132 blu, la risposta del 26 settembre successivo non lasciò spazio a fraintendimenti: «Questo gabinetto regionale di Polizia scientifica non ha eseguito alcuna indagine tecnica sulle tracce ematiche rinvenute sull’autovettura Fiat 132». I reperti, comunicò la polizia, erano stati consegnati al professor Marracino e poi, evidentemente, mai più ripresi né seguiti.

2 – (fine)