La malapolitica cosentina non vuole ancora staccare la spina all’Amaco, nonostante il fallimento e nonostante non ci sia nessuna – e sottolineiamo nessuna – possibilità di rimetterla in piedi. Del resto, già il fatto che sia stato nominato curatore fallimentare Fernando Caldiero, il faccendiere cetrarese “esperto” di queste squallide vicende, la dice lunga sul grado di intreccio tra stato deviato e massomafia politica.
È inutile dilungarci su chi sia questo signore. Da curatore fallimentare, quale è il suo ruolo, si è trasformato da amministratore, a garanzia di interessi suoi e di quei comunisti col culo degli altri a capo della bancarella comunale. È chiara l’intenzione che hanno: tenere più a lungo possibile -magari per quattro/cinque o forse più anni – in vita questo morto agonizzante che è l’Amaco. Il tutto sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie! Stipendi di poco sopra i mille euro e pagati addirittura in percentuale! Senza calcolare tutto quello che questi signori hanno già sottratto ai lavoratori, giustificandosi con il solito “purtroppo, siamo ormai nella procedura di liquidazione”. Tutti capiscono agevolmente che in una città normale dovrebbe, per forza di cose, intervenire un altro gestore, altrimenti si rischia addirittura di rimanere tra non molto senza lavoro oltre che senza “giustizia”.
Ma il pesce come sempre puzza dalla testa. L’interlocutore è la Regione e quando c’è di mezzo la Regione non c’è certo da stare allegri. I sindacati dovrebbero intervenire e cercare di tutelare i posti di lavoro ma quelli confederali sono “venduti” ormai da decenni. Il sistema è malato e corrotto e chi ha provato, in questo stato di “apparente democrazia”, ad alzare la testa, c’ha rimesso la pelle… Così vanno le cose a Cosenza, capitale della massomafia calabrese.