Arrestato Bonavota. Dalla Calabria al Piemonte per scalare i clan, finisce la lunga fuga del “boss bambino”

Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro era la primula rossa delle mafie in Italia. Pasquale Bonavota, cinquantenne rampante originario della provincia di Vibo Valentia, è noto come il boss bambino, perché già a 16 anni, per fronteggiare una faida familiare che stava sterminando la sua famiglia, girava con una pistola in tasca e annunciava vendette contro i rivali.

Accusato di diversi omicidi il cui esito processuale non è ancora definito, Bonavota era ricercato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott, che a fine 2019 ha portato in carcere più di 400 tra affiliati boss e gregari delle cosche vibonesi in Calabria. A Genova, dove è stato fermato stamattina 27 aprile dai carabinieri del posto, dai colleghi di Vibo Valentia e dai militari del Ros, la sua famiglia, intesa mafiosamente, ha dislocato da anni una struttura di ‘ndrangheta.

Ed è proprio dalle carte dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che emergono i tratti distintivi di Pasquale Bonavota, capace di moltiplicare gli affari della famiglia oltre i confini calabresi, tra Piemonte, Liguria e Roma, territori che Pasquale Bonavota, grazie al sostegno dei vecchi sodali del padre, è riuscito a conquistare. Nella Capitale, in particolare, Pasquale Bonavota ha moltiplicato gli affari e il patrimonio dei Bonavota, grazie al controllo dello spaccio di stupefacenti e ai legami con soggetti criminali influenti e legati alle famiglie romane.

Nella Capitale il boss investe ingenti quantità di denaro acquistando numerose attività commerciali divenute e consolidatesi nel tempo come veri e propri centri di spaccio della droga. Ma non solo, Bonavota investe anche nel settore dei videogiochi “al punto – come sottolineato un una recente intervista dal magistrato Marisa Manzini – da risultare, dalle indagini, titolare di una società intenzionata a investire in questo mercato che era all’inizio dello sfruttamento criminale”.

La sua carriera criminale era iniziata in Calabria ed era proseguita in Piemonte tra Moncalieri e Carmagnola dove Bonavota era stato assunto fittiziamente negli anni a cavallo tra il 2015 e il 2016 in una ditta edile in provincia di Torino di nome Build Up intestata a sua volta a un prestanome delle cosche. I Bonavota avevano anche aperto un bar a Moncalieri, cittadina di 60 mila abitanti alle porte di Torino, dove da tempo insistono altre proiezioni delle famiglie vibonesi di recente azzoppate dall’operazione della DDA di Torino denominata Carminius. E dove il latitante e la sua famiglia potevano godere dell’appoggio di alcuni fedelissimi tra cui Antonio Serratore.

Il suo obiettivo era far crescere il dominio della sua famiglia per indebolire il potente clan rivale dei Mancuso. E così Pasquale Bonavota stringeva alleanze sul territorio. Con la famiglia di Rocco Anello si dividono il controllo della costa da Filadelfia a Maierato, con Andrea Mantella si allea invece per “eliminare” fisicamente i nemici. Pasquale Bonavota viene indicato quale mandante degli omicidi di Domenico Belsito, Raffaele Cracolici, Alfredo Cracolici e Domenico Di Leo. Fonte: La Stampa