La libertà non si sgombera
Il 18 dicembre, il centro sociale Askatasuna di Torino è stato sgomberato e posto sotto sequestro a seguito di una perquisizione condotta nell’ambito dell’inchiesta sugli attacchi alla sede de La Stampa avvenuti alcune settimane fa.
Non è insomma che una rappresaglia, l’ennesimo vile gesto di uno Stato che tenta di recuperare credibilità tramite l’esercizio della forza e del controllo. Ed ecco che Askatasuna diventa un capro espiatorio, un problema da risolvere. E ancora una volta un’intera esperienza collettiva viene messa alla gogna, con dinamiche che conosciamo fin troppo bene. Le stesse dinamiche che hanno tentato di criminalizzare lx compagnx di Askatasuna accusandolx di associazione a delinquere per la lotta No TAV: accuse completamente cadute, con assoluzione per lx attivistx coinvoltx.
Ma anche di fronte all’assenza di colpe, la repressione non si è mai fermata.
Perché non è mai stata – e ora lo è meno di prima – una questione giudiziaria. È sempre stata una battaglia politica contro un modello preciso, che fa tanta paura a chi benpensa comodamente seduto sulla propria poltrona.
Askatasuna viene attaccato perché rappresenta una pratica concreta e credibile di autogestione, di anticapitalismo vissuto, di costruzione di comunità fuori dalle logiche del profitto. Uno spazio che ha prodotto socialità, mutualismo, cultura, organizzazione politica, attraversato da generazioni diverse e capace di rispondere a bisogni reali.
È questo che dà fastidio. È questo che viene punito.
Non a caso, Askatasuna era arrivato a essere riconosciuto come interlocutore in un percorso di cogestione con il Comune. Un percorso interrotto bruscamente, senza alcuna reale volontà di confronto, appena si è presentata l’occasione per tornare alla logica del manganello e dei sigilli.
Quando i processi non funzionano, arrivano gli sgomberi. Quando le assoluzioni smontano le accuse, resta solo la forza. Askatasuna significa libertà. Ed è proprio questa libertà che oggi viene colpita: la libertà di abitare gli spazi in modo diverso da quello imposto dal capitalismo, di costruire relazioni solidali, di praticare mutuo appoggio, partecipazione, autogestione. Una libertà concreta, quotidiana, che non viene concessa ma costruita dal basso.
Non esiste alcuna emergenza di ordine pubblico.
L’unica violenza è quella dello Stato, che sgombera uno spazio sociale, reprime un presidio solidale con gli idranti in pieno inverno e tenta di zittire il dissenso. È una violenza che – come sempre – non produce sicurezza, ma destabilizza, distrugge beni comuni e alimenta rabbia.
Questo sgombero si inserisce in un contesto più ampio di repressione del dissenso, rafforzato dal cosiddetto decreto sicurezza, che mira a colpire chi si organizza, chi protesta, chi costruisce alternative. Lo vediamo contro i movimenti sociali, contro le lotte territoriali, contro chi manifesta in solidarietà al popolo palestinese. E non è un caso che il pretesto per lo sgombero di Askatasuna sia proprio un’azione che attaccava una testata giornalistica complice e silente davanti al genocidio attualmente ancora in corso.
È una battaglia dichiarata contro ogni spazio che mette in discussione l’ordine esistente. Una guerra alla solidarietà e alla verità.
È sempre la stessa strategia: restringere gli spazi, reprimere il conflitto, colpire chi costruisce alternative. Ma la storia lo dimostra ogni volta, e lx compagnx che in queste ore si sono riversatx in strada lo confermano: sgomberare uno spazio non significa cancellarne l’esperienza.
Le idee non si sigillano, le relazioni non si reprimono, la libertà non si sgombera. Da lontano, ma con determinazione, esprimiamo piena vicinanza e solidarietà allx compagnx di Askatasuna.
Perché gli spazi liberati sono di tuttx. Perché costruire comunità è un atto politico. Ora e sempre, Askatasuna, Hurryia, Libertà.
FIRMATARI
Collettivo Colli Attivi (Catanzaro)
Coordinamento Provinciale Catanzaro a Sostegno del Popolo Palestinese
Spazio Sociale Addunati (Lamezia Terme)
USB Calabria









