Asp Cosenza, l’appalto delle lavanderie al faccendiere plurindagato amico della “coppa diabolica” del Cinghiale

Il mondo incantato dell’Asp di Cosenza è come una giostra impazzita dalla quale salgono e scendono un’infinità di loschi personaggi, tutti impegnati a mungere questa mucca ben nutrita che nel corso di un trentennio ha arricchito banditi, malandrini e colletti bianchi di vario genere.

Tra i tanti, il più grande (e grosso) è salito sul proscenio molti anni fa e non è mai più sceso. Parliamo del celeberrimo Cinghiale, al secolo Tonino Gentile che, tomo tomo cacchio cacchio come direbbe Totò, continua ad imperversare e a fare il bello e il cattivo tempo, potendo contare sui suoi fidatissimi dirigenti interni, tutti asserviti al suo potere e pronti a servirlo nelle più bieche nefandezze.

L’ex senatore (ora in Parlamento c’è il rampollo Andrea, che ha preso il posto di Occhiuto il parassita dopo la sua elezione alla Regione e che spera di essere ricandidato) ha messo in piedi una vera e propria holding. Non c’è appalto sia dell’Asp sia dell’Azienda Ospedaliera sul quale non ha messo le mani. Dei vari Fra’ Remigio Magnelli, Tonino Perri detto Wikipedia, Gianfranco “piazza” Scarpelli e compagnia cantante scriviamo ormai da anni, ma tra tutti quelli che rivestono un ruolo centrale negli interessi della famiglia dei Cinghiali è più che mai il caso di approfondire il discorso sulla coppia diabolica formata da Gennaro Sosto e Giovanna Borromeo. Lui è stato direttore dell’Ufficio tecnico aziendale fino a quando non si è trasferito in Molise  poi in Campania, sempre grazie al suo “capo” Cinghiale. Lei è ufficiale rogante ma soprattutto dirigente con nomine multiple in ogni dove e in particolare nell’Ufficio Acquisti Beni e Servizi, al Patrimonio e all’Ufficio Gare e Contratti. Una sorta di “piovra” dai mille tentacoli.

Gennaro Sosto e Giovanna Borromeo

In sostanza, Sosto se n’è andato via ma ha lasciato la… moglie a gestire tutte le trame e i loschi affari della cricca del Cinghiale. Il Sosto, prima di andare via, è stato anche presidente di varie commissioni di gara, tutte funzionali agli amici del Cinghiale. Tra queste, spiccano gli appalti delle pulizie per un importo di oltre 60 milioni di euro e dell’energia, per oltre 50 milioni, sui quali si sono “abbuffati” alla grande con stecche milionarie. In questi mesi invece sono in corso gli appalti della mensa, il nuovo appalto delle pulizie e quello delle lavanderie, tutti gestiti dalla Borromeo in Sosto. E non serve essere profeti per capire che fine faranno.

Già, non serve proprio essere profeti per capire che fine avrebbero fatto questi appalti ed è proprio di questi giorni la notizia dell’affidamento dell’appalto volgarmente detto “delle lavanderie”. In realtà, si tratta del servizio di lavanolo (abbreviazione di lavanoleggio) e quindi di biancheria, materasseria e capi di vestiario dell’Asp di Cosenza.

I lavoratori in questione si occupano della consegna e del ritiro della biancheria dei pazienti, in più consegnano i kit per sale operatorie e le divise dei sanitari. Un servizio di grande importanza, soprattutto se si pensa che ancora siamo nel vortice della pandemia e va da se che la pulizia è un aspetto fondamentale soprattutto negli ospedali.

Ma eccoci alla zampa del Cinghiale e dei suoi scagnozzi. Siamo venuti a conoscenza attraverso i lavoratori, che sono una ventina in tutta l’Asp di Cosenza, con contratto part time di 27 ore settimanali, che l’Asp ha proceduto alla gara e sta per cambiare il “padrone” dell’appalto.

L’ azienda uscente è la Servizi Ospedalieri, definita impeccabile e veramente onesta con tutti, soprattutto con gli operai e che non ha fatto mai un giorno di ritardo con i pagamenti e tantomeno ha fatto mancare niente nei vari ospedali che fornisce. Come si accennava, contratto part time di 27 ore settimanali – chi più chi meno – con un costo ore come da contratto nazionale di 9 euro circa all’ora.

Adesso sta per subentrare la Hospital Service, azienda molto cara alla coppia diabolica Sosto&Borromeo, che ha vinto la gara d’appalto e naturalmente, in pieno stile Asp Cosenza, non si capisce bene come… Ebbene, da un primo colloquio con i dipendenti dei vari guardaroba diffusi in tutta l’Asp Cosenza, pare che questi signori provenienti dall’Abruzzo (e già la localizzazione non è un caso, dal momento che Sosto ha svernato a lungo nel vicinissimo Molise), hanno candidamente affermato che vogliono operare con un contratto multiservizi di 2 ore e 30 minuti al giorno a tutti indistintamente con un “pagamento” vergognoso di 7 euro l’ora a 15 ore settimanali e poco se ne fregano della clausola sociale inserita del bando di gara.

Questo appalto ha ormai una storia molto lunga, essendo partito nel 2018 con tanto di ricorsi al Tar “controllati” ovviamente da una commissione nella quale erano presenti tutti e due, sia Sosto sia la Borromeo, e che adesso s’è magicamente “sbloccato” per concretizzare gli affari della cricca del Cinghiale e della coppia diabolica di cui sopra.

Da premettere che l’azienda vincente è già subentrata nell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, notoriamente regno incontrastato del Cinghiale e sta facendo carne da macello, e ora vorrebbe fare la stessa cosa negli ospedali di Corigliano e di Rossano, territorialmente controllati dalla signora Borromeo, rossanese doc, detta anche “Giovannella Tagliatella” e nessuno osa fiatare. Eppure, questa Hospital Service srl, come stiamo per spiegarvi, è già stata indagata dalla magistratura e addirittura il suo capo, tale Antonio Colasante, è stato arrestato per una truffa da milioni di euro qualche anno fa e non si capisce come ha fatto ad entrare in Calabria o meglio lo si intuisce perfettamente, purtroppo…

La Cgil, allertata dai lavoratori, ha già inoltrato una pec di incontro al nuovo commissario dell’Asp di Cosenza Antonello Graziano, ma finora con esiti negativi, per vedere se si riesce a risolvere qualcosa. La Cgil ha chiesto un incontro a Graziano “per discutere le modalità dell’appalto considerate le preoccupanti notizie che giungono…”. Ma qualcuno ha già fatto notare che Graziano, nominato da Occhiuto il parassita, è rossanese doc anche lui come “Giovannella Tagliatella” e molto difficilmente si metterà contro una delle maggiori pupille del Cinghiale, che ormai da tempo ha fatto pace con la razza fallita degli Occhiuto.

Ma vediamo di capire chi è Antonio Colasante, il deus ex machina della Hospital Service srl. 

GLI AFFARI A CHIETI E LA VILLA IN SARDEGNA

“Se a qualcuno viene in mente di incrociare questi dati, siamo nei guai”. Una frase profetica, quella intercettata di una tra i 9 indagati dell’inchiesta della procura della Repubblica di Lanciano denominata, appunto, “Dati incrociati”, che ha portato a scoprire un giro di fatture gonfiate per la fornitura di servizi di lavanderia nei presìdi ospedalieri della Asl Lanciano-Vasto-Chieti.

Secondo quanto acclarato da passaggi testimoniali resi da alcuni indagati, ben 700 lenzuola sarebbero state consegnate per soli 8 posti letto del presidio territoriale di assistenza di Casoli (Chieti), meglio di un hotel di lusso… Una plusvalenza pazzesca per il principale indagato, l’imprenditore Antonio Colasante: doveva incassare zero, ha ricevuto 4,5 milioni di euro complessivi. Risultato? L’acquisto di una villa di lusso in Sardegna, finita sotto sequestro. Una villa acquistata a Porto Cervo, in Sardegna, con i soldi, oltre 2 milioni di euro, ottenuti indebitamente per prestazioni che dovevano essere gratuite nell’ambito del servizio di lavanderia negli ospedali della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti.
E così, nell’anno di grazia 2017, sono finiti agli arresti la funzionaria del settore economato dell’azienda, Tiziana Spadaccini, e il noto imprenditore Antonio Colasante, nell’ambito dell’inchiesta “Dati incrociati” che conta 9 indagati in tutto, tra cui il direttore generale della Asl Pasquale Flacco, accusato di concorso in abuso di ufficio per aver firmato alcune delibere relative al servizio.

L’inchiesta riguarda un giro di fatture per servizi esterni, in particolare lavaggio di biancheria ospedaliera e di strumenti chirurgici da sterilizzare, appaltati dalla Asl ad una impresa di Colasante, la Publiclean di Lanciano.

L’accusa è quella di aver gonfiato le fatture per circa 1 milione 700 mila euro sul dovuto, il cui ammontare reale era di 500 mila euro. L’importo complessivo del servizio lavanderia sarebbe stato di 4,5 milioni di euro dal 2009 al 2014.

Partite nel giugno 2016 e condotte dal commissariato di Lanciano e dalla squadra Mobile di Chieti, con l’ausilio della Guardia di finanza di Chieti, coordinati dal procuratore facente funzioni Rosaria Vecchi, le indagini hanno accertato che alla ditta venivano liquidate somme milionarie, mentre per contratto le spettavano zero euro, perché il contratto prevedeva che a fronte del pagamento per la biancheria dei letti la ditta si era impegnata a garantire due cambi di divise settimanali gratuitamente. In realtà questo non è mai avvenuto e le divise lavate avevano superato il numero di quelle che avrebbero dovuto essere garantite gratis.

Inoltre le somme incassate dalla Publiclean venivano fatto oggetto di illecite movimentazioni: nel giro di pochi giorni transitando dal conto della Publiclean a quello della Hospital Service facente parte della Colasante holding, poi girate ad altre società, sempre della stessa holding, prima alla Omnia Servitia poi alla Zaffiro srl. Infine utilizzate da Colasante per l’acquisto di una villa a Porto Cervo, posta sotto sequestro in via preventiva.

CHI È ANTONIO COLASANTE

Nato a Guardiagrele ma residente a Lanciano, gli interessi di Antonio Colasante spaziano dal mondo della sanità a quello delle costruzioni, passando per l’editoria.

Alle fine del 2015 avrebbe voluto rilevare la Virtus Lanciano, squadra di calcio della sua città, poco prima dell’addio dei Maio, ma l’interessamento svanì dopo alcune valutazioni. Nel 2008 fu tentato anche da una scalata al Pescara.

Nel 2013, Colasante insieme al rettore dell’Iri School college, Carmine De Nicola, tentò l’acquisto di Villa Pini di Vincenzo Angelini.

Nello stesso anno fece scalpore l’iniziativa di Colasante che voleva costruirsi in via Eraldo Miscia, in pieno centro a Lanciano, un eliporto privato vicino a case, scuole e negozi.

I permessi erano tutti in regola ma la città si oppose. Colasante chiese anche di poter effettuare la recinzione del terreno per poter costruire un hangar dove parcheggiare il velivolo… Capito che soggetto stiamo facendo entrare a Cosenza e provincia?

E non è finita qui. Lo scorso anno Colasante è tornato nel mirino della magistratura. 

PESCARA – Turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. E’ il reato che la Procura della Repubblica di Pescara che contesta ai cinque imputati, l’imprenditore di Lanciano Antonio Colasante, gestore dell’impresa Omnia Servitia Srl, i suoi collaboratori Roberto De Vincentiis e Quirino Di Crescenzo, poi due funzionari della Asl di Pescara Luigi Lauriola e Antonio Busich.

Le indagini riguardano la realizzazione della struttura nata a Pescara durante la prima pandemia, per ospitare le persone contagiate dal Covid 19.

I sostituti procuratori Anna Anna Benigni e Luca Sciarretta hanno inviato i Carabinieri forestali e i finanzieri negli uffici del Comune di Pescara e della Asl. Il decreto di perquisizione, firmato dai sostituti Anna Benigni e Luca Sciarretta, ha l’obiettivo di cercare materiale utile alla ricostruzione dei fatti relativi all’assegnazione della gara “Progetto Covid Hospital” indetta con la determina numero 50 del 12 aprile 2020 dell’Aric, “che faceva ricorso alla procedura”, come si legge nel capo di imputazione, “senza previa pubblicazione del bando di gara”.

Tradotto in soldoni, che mai come in questo caso è necessario: ma c’era proprio bisogno di far calare a Cosenza e provincia questa azienda non solo chiacchierata ma finita decisamente nel mirino della magistratura per pratiche a dir poco discutibili? E com’è possibile che abbia vinto questo appalto? E come fanno quelli dell’Asp ad accettare queste condizioni, fregandosene altamente delle clausole sociali inserite nello stesso bando di gara?

Anche un bambino capirebbe che in questo appalto c’è la longa manus del Cinghiale e della coppia diabolica Sosto&Borromeo ma la magistratura cosentina (capirai la novità…) se ne frega e a pagare, tanto per cambiare, sono sempre i lavoratori.