“Ballando con gli assassini”. Signora Lucarelli, le spieghiamo perché hanno portato Denis a Roseto

Visto e considerato che c’è ancora qualcuno che agita fantasmi “suicidi” per difendere Isabella Internò, ci vediamo quasi obbligati a ripercorrere alcune tappe dell’omicidio volontario, premeditato e aggravato di Denis Bergamini. 

I promotori del podcast si chiedono come mai, per commettere un omicidio, si è scelto un posto così lontano da Cosenza, su una strada così trafficata, senza avere la certezza che un corpo esanime sarebbe stato travolto da un veicolo di passaggio. Le risposte la Signora Lucarelli le potrebbe trovare nella carte della Procura (che dice di aver letto) o gliele avrebbe potute dare il suo socio Cribari. Lui sì che le conosce, ma fa “l’indiano” è se n’è guardato bene dal dargliele, ma ci pensiamo noi: nel 1989 il sabato era uguale al sabato del 2025, su alcune strade il traffico è abbastanza limitato rispetto agli altri giorni della settimana.

Ma nel 1989 il tracciato di quel tratto della Statale 106 era ben diverso: una carreggiata unica con due sole corsie, a doppio senso di marcia, dimensioni ridotte a dispetto dell’importanza dell’arteria, zero pubblica illuminazione (come oggi per la maggior parte), tornanti, dossi ed in corrispondenza di questi un grosso spazio sterrato utilizzato come piazzola.

Innanzitutto, ci si trova in quel posto perché è sotto la giurisdizione della procura di Castrovillari e in seconda battuta perché lì comanda la stazione dei carabinieri di Roseto Capo Spulico. Dunque, i primi insabbiatori dell’omicidio ovvero il pm (ma in pratica procuratore a tutti gli effetti) Ottavio Abbate e il brigadiere Francesco Barbuscio. Ed è chiaro che su quella maledetta strada c’è il loro marchio di melma insieme a quello degli assassini. 

Tra le 17 e le 18 di sabato sera,  in situazioni atmosferiche di pioggerellina, con quelle condizioni plano-altimetriche, quel posto era il posto perfetto. Per adagiare a terra il corpo esanime di Denis c’era tutto il tempo di vedere apparire il veicolo adatto alla messinscena (fine di un breve rettilineo dove puoi sentire con largo anticipo il rumore di un autocarro, distinguibile da un autoveicolo, oltre che vederne al buio i fari) e poi di allontanarsi nell’oscurità oltre il guard-rail.

Il brigadiere Barbuscio evita di fare un rilievo fotografico degno di tal nome, omettendo anche di andare il giorno dopo sul posto per cristallizzare lo stato dei luoghi (regola basilare quando si “rileva” la sera prima al buio un evento mortale), ma ci ha pensato una troupe della Rai la mattina dopo a darci contezza della conformazione del posto. E ci diede contezza, cara signora Lucarelli (non ci rivolgiamo a Cribari perché lui lo sa benissimo), anche del tratto a margine carreggiata compreso tra la fine della parte carrabile di piazzola e l’inizio del guardrail e che smonta tutte le bugie dell’imputata rispetto alla posizione della Maserati, oltre che alla sua “visuale” del “tuffo” di Denis.

Ci ritorneremo a tempo debito su questa circostanza, ma intanto una domanda è d’obbligo: Lei, che si chiede come mai per un omicidio si sceglie quel posto, si è chiesta perché mai per suicidarsi di punto in bianco si va a più di 100 chilometri dal luogo in cui si vive e ci si ferma in quel luogo? Non gliel’ha detto Cribari, cosentino (…), che in città anche all’epoca c’erano ponti da cui buttarsi, autostrade e statali da cui lanciarsi sotto autotreni, travi a cui impiccarsi?

Lei, signora Lucarelli, che frequenta salotti in TV (seppur di pessimo gusto) non ha mai incontrato un qualsiasi psicologo che Le abbia spiegato che il suicidio è una cosa talmente intima e privata che non ci si porta appresso nessuno? Dobbiamo davvero credere alle Hawaii o alle Azzorre (le versioni della sua amica Internò) ed alla fuga verso Taranto (da dove NON partono i civili)?

Ed eccoci alle sorelle Dodaro, all’epoca dei fatti residenti nello stesso complesso abitativo della Internò. Se avesse letto le carte, invece di fare taglia e cuci di deposizioni e testimonianze in aula, avrebbe imparato una cosa: noi sappiamo che quel maledetto pomeriggio la Internò doveva uscire con la cugina Loredana per alcune compere in vista dell’imminente matrimonio di quest’ultima, circostanza svelata dal futuro marito Francesco Arcuri, quindi cugino acquisito della Internò. Eppure, si presenta nel primo pomeriggio da Carmela Dodaro e le chiede se può uscire con lei perché “non ho nulla da fare oggi” (SIT di Carmela Dodaro).

L’amica le disse che doveva uscire col fidanzato, e la risposta fu che allora avrebbe cercato un diversivo o con la sorella o con la madre; ed è quantomeno curioso, visto che nella prima serata la Internò avrebbe dovuto prender parte al 18esimo compleanno della compagna di scuola Paola Ruffolo, come si evince dalle SIT e dalle testimonianze in aula della stessa Ruffolo e dell’altra compagna di scuola Luisa Marsico. Informazioni che la Lucarelli non ha dato ai suoi ascoltatori nel podcast. Ma può mai essere credibile che quando hai 18/20 anni, di sabato, vai a raccontare in giro che non hai nulla da fare quando da lì a poche ore parteciperai ad una festa di diciottesimo in discoteca (nel 1989 a Cosenza)?

Lei, signora Lucarelli, li ha avuti 18 anni? Se li ha avuti saprà che quando arriva un diciottesimo da festeggiare di sabato sera non ci sono Santi che tengano.
Poco dopo, la Internò torna a suonare a casa delle Dodaro, e qui la sorella Barbara ci dice che la Internò le avvisa che Bergamini l’ha chiamata e che sta andando a prenderla sotto casa. Entrambe, nelle deposizioni, rivelano che mai la Internò le ha “preavvisate” di un incontro con Bergamini e rimangono sorprese che proprio quel giorno lo faccia. Come mai, signora Lucareli, nel suo taglia e cuci non ha messo anche queste circostanze? Si è premurata solo di farci ascoltare la sua protetta che dice “ah, se avessi ascoltato Carmela oggi non sarei qui”.

Altra cosa curiosa è che le due amiche affermano che hanno aspettato Bergamini fuori dal cancello e, appena fuori di esso, si incamminano a destra sul marciapiede della pubblica via e proseguono fin quando arriverebbe Denis con la Maserati, come riferito da Carmela Dodaro, quindi abbastanza distante dal cancello. La Internò, in una delle sue menzogne, dice che “Denis fu riconosciuto e salutato da alcuni ragazzini che giocavano a pallone nel cortile del palazzo”. Signora Lucarelli, se fa un giro in via Adige di Rende vedrà coi suoi occhi che ancora oggi la strada è separata dal cortile interno da un manufatto in cemento, per cui era ed è impossibile vedere una macchina fuori, di assetto basso e sopratutto da bambini impegnati a correre dietro un pallone. Poteva dirglielo il suo amico giornalista Cribari, magari avrebbe evitato di dar conto alle sorelle Dodaro perché, ad una lettura seria delle carte, ne avrebbe scoperto delle circostanze desolanti per la sua protetta.

Anche sulle modalità con cui Bergamini si mise in contatto quel pomeriggio con la Internò, la Lucarelli non è stata imbeccata bene dall’amico Cribari (perché ormai è chiaro che le carte non le ha lette, come racconta ai suoi ascoltatori). È la stessa mamma della Internò, Concetta Tenuta a raccontarci che quel pomeriggio rispose lei, o il marito al massimo, alla telefonata di Denis. Circostanza confermata dalla stessa Internó in una clamorosa intercettazione ambientale del 2011 dove, nel rispondere ad una domanda della figlia maggiore, che chiede “ma una volta avevi detto che ti aveva citofonato sotto casa…”, in presenza della sorella Catia (moglie dell’ingegnere Gianluca Tiesi) risponde “noo… ha chiamato prima ad Andrea, poi mamma mi ha chiamato e mi ha fatto andare a casa”. Chi sia Andrea non si capisce, non è stato chiarito perché l’imputata non ci ha mai dato il piacere di ascoltarla in ambienti seri come un’aula di tribunale, ma è immaginabile che sia uno di quelli che tramarono quel pomeriggio per far uscire Denis dal cinema. Quindi, cara signora Lucarelli, che sia stato Andrea, la mamma o il papà, la sua protetta non ha parlato al telefono con Denis quel pomeriggio.