di Gabriele Carchidi
Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere Denis Bergamini nei quattro anni nei quali ha giocato con il Cosenza Calcio. Erano altri tempi e i giornalisti ma anche i giovani cronisti – come me allora – stavano costantemente a contatto con allenatore e calciatori. Si frequentava senza problemi la “pancia” del San Vito e conoscevamo gli spogliatoi come e quanto loro. Si viveva in simbiosi, anche quando le cose non andavano bene. E spesso e volentieri si usciva anche insieme, specie quando si festeggiava, nella movida cosentina. Avevamo la stessa età, gli stessi interessi. Altro che depressione e altre stronzate simili: a Denis piaceva la vita come a tutti i suoi compagni di squadra e come a tutti noi tifosi e cronisti che abbiamo vissuto quelli che sono stati senza alcun dubbio i migliori anni della nostra vita.

Denis, da giovane pulcino arrivato dal Nord, era diventato uno dei leader del Cosenza nei due fantastici anni della promozione e della prima stagione in Serie B. Non solo non l’ho mai visto depresso ma era sempre il primo a caricare i compagni e a testimoniarlo non sono solo io ma tutti i compagni di squadra che ha avuto, tutti i dirigenti, tutti gli allenatori, tutti i tifosi e naturalmente anche tutti i miei colleghi. Anzi, era uno dei più “terribili” quando si trattava di fare scherzi e ancora ricordo un leggendario “gavettone” che mi fece mentre intervistavo mister Giorgi in un prepartita a Camigliatello. Finì che ridevamo tutti, compreso il mister, che era riuscito a schivare il lancio d’acqua e faceva finta di rimproverare Denis… No, Denis depresso non lo è stato mai, neanche quando si è infortunato. Dopo neanche un mese era già allo stadio a correre e dopo appena tre mesi Giorgi lo aveva mandato già in campo a Catanzaro per “punire”” Castagnini mettendolo al suo posto. Ma che ne può sapere il portavoce dei suoi assassini? Lui per fortuna nostra quando si scriveva la storia del Cosenza Calcio non c’era, mai c’è stato e mai cii sarà.
Fatta questa doverosa premessa, visto e considerato che c’è ancora qualcuno che agita fantasmi “suicidi” per difendere la mantide che gli ha rovinato la vita e il futuro marito poliziotto e cornuto che si è trasformato in suo carnefice roso com’era dalla gelosia e dall’impotenza di competere con lui, andiamo a smontare punto per punto tutte le falsità di Madame de la Palette e del suo meschino suggeritore, già licenziato dal suo editore calabrese per questa porcata.
IL TRAGICOMICO SOPRALLUOGO DI COSCARELLI E LE FALSITA’ DI INTERNO’
L’ingegnere Pasquale Coscarelli, colui al quale pochi giorni dopo la tragedia fu dato incarico dal pm Abbate di effettuare un sopralluogo sul teatro della tragedia, viene citato solo e soltanto per quel sopralluogo che finì agli atti dell’indagine (chiamiamola cosi) dell’epoca. Sopralluogo, si badi bene, senza camion, senza rilevare tracce riconducibili all’evento, senza cadavere (funerale già celebrato, senza autopsia considerata inutile, senza quindi conoscere le lesioni presenti sul corpo).
Lo scoop, in tal senso, sarebbe che Coscarelli smentisce il brigadiere Barbuscio sulle tracce di frenata del camion rilevate da quest’ultimo e non riconducibili all’evento, che la velocità del camion era di poco superiore ai 20 km/h, che non vi fu trascinamento ma solo un “agganciamento” del corpo di Bergamini; secondo i due promotori del podcast, sarebbe la prova che Isabella Internò non ha mentito in quanto i 60 metri del trascinamento furono menzionati soltanto dai carabinieri.
Però la signora Internó, pochi giorni dopo, interrogata dal pm Abbate (e PRIMA del sopralluogo di Coscarelli) si adegua a questa versione perché lei stessa dice che dopo aver visto il suo ragazzo tuffarsi come se fosse in piscina, prese la Maserati per raggiungere il camion in quanto si era fermato lontano. Nel processo al camionista Pisano del 1991, la signora Internò invece riferisce che lei non ha mai guidato la Maserati. Seppur incalzata dagli avvocati di parte civile, non sa dare una motivazione sulla discordanza tra quello riferito al momento e quello riferito nei giorni della tragedia, non sa dare una spiegazione e dice che lei non ha mai detto che ha guidato la Maserati.
Salvo ricollocarsi nuovamente alla guida della Maserati dopo il “tuffo in piscina” nel 2011, come si evince anche dalle intercettazioni ambientali post-escussione in macchina con il marito Luciano Conte.
Tant’è, non mente… ma magari la Signora Lucarelli non è stata informata dal giornalista Marco Cribari.
LA POSIZIONE DELLA MASERATI CAMBIA… QUATTRO VOLTE
Sulla posizione della Maserati, nell’immediatezza del fatto la Internò riferisce che è in prossimità del centro della piazzola; durante il processo al camionista nel 1991, la Maserati è collocata dalla Internò vicino al guard-rail, distante dal centro piazzola circa 70 metri (così si giustifica la mancanza di trascinamento e la bassa velocità del camion…); nel 2011, come detto, la Internò riferisce nuovamente di aver guidato la Maserati fino al punto di statica del camion e del corpo, perché “era lontano”. Ciò la dice lunga su quanto affermato dalla signora Lucarelli, e cioè che la Internò non ha mai mentito. Ma sicuramente perché il giornalista Cribari non l’ha informata, come correttezza avrebbe voluto.
COSCARELLI CONFESSA DI AVER DETTO IL FALSO PERCHE’ “COSTRETTO” DAL PM ABBATE
Ritornando all’ingegnere Coscarelli, i due promotori del podcast non fanno però alcun riferimento a quanto riferito in aula nel corso del processo per omicidio volontario pluriaggravato celebrati in Corte d’Assise a Cosenza; in quella sede l’ingegnere ammise di non aver mai lavorato prima e dopo in quelle condizioni e che fu praticamente “costretto” dal pm Abbate (testualmente “non potevo dirgli di no”) ad compilare un “diario dei luoghi” (sue testuali parole), senza tuttavia aver a disposizione il camion, senza rilevare tracce sulla sede stradale, senza vedere il cadavere conoscerne le lesioni e senza l’autopsia. Praticamente senza nulla. Ammise altresì di non aver potuto dire di no al PM Abbate e che che oggi non rifarebbe mai più cosa del genere. È sottinteso, quindi, che tutte le informazioni messe nero su bianco in quel documento del 1989 (i 20 km/h del camion, l’agganciamento del pedone, eccetera), siano completamente false. Ma questo il giornalista Marco Cribari evidentemente non l’ha riferito alla signora Lucarelli. Anche perché il giornalista Marco Cribari sovente abbandonava l’aula prima della fine delle udienze…
Mezze verità che si spera possano ritornare utili.
IL TESTIMONE ROCCO NAPOLI
Rocco Napoli è il testimone che riferisce di essere transitato sul posto pochi minuti prima della tragedia, dichiarando di aver visto Denis Bergamini sul ciglio della strada. Pochi giorni dopo l’accaduto va dai carabinieri e deporre su ciò che vide. Rocco Napoli stava transitando sulla statale 106 con direzione Taranto a bordo di un furgoncino Renault targato Matera. Afferma di aver notato nonostante il buio delle ore 19:00 di una sera piovosa di novembre in un tratto di strada non illuminato (quindi figuriamoci che visibilità poteva avere soprattutto fuori dalla carreggiata) un autoveicolo da cui “usciva fumo dal tubo di scappamento“ ed accanto a questo un ragazzo con lo sguardo perso nel vuoto….. tutto questo si ribadisce in una sera piovosa di novembre, in una strada al buio all’uscita di una curva, con un furgoncino degli anni ‘80 (o magari ‘70) del quale è facile immaginare che dispositivo d’illuminazione poteva avere….
Le stesse condizioni ambientali e metereologiche che la Internò, dall’abitacolo della Maserati, riesce a vedere “l’ultimo sguardo” di Bergamini prima del “tuffo in piscina”.
Pur nelle sue contraddizioni Napoli ha tuttavia mantenuto due punti fermi rispetto a ciò che afferma di aver visto: per prima cosa di aver visto sul margine della piazzola un ragazzo che camminava avanti e indietro con fare tranquillo che aveva l’aria di attendere l’arrivo di qualcuno, ma di non aver mai dato l’impressione di volersi buttare sotto un veicolo in transito; Napoli dice di aver sterzato a sinistra, allorquando arrivava in corrispondenza di quella persona a margine della piazzola, solo d’istinto e come farebbe un qualsiasi accorto guidatore quando valuta che un pedone è molto vicino al suo veicolo. L’altro punto fermo è che lui ha sempre riferito, soprattutto durante la deposizione davanti al brigadiere Barbuscio, che ha visto un ragazzo, quindi un giovane, a margine della piazzola, che era accanto un autoveicolo fermo ma non ha mai detto di aver visto Denis Bergamini. Eppure l’esimio brigadiere Barbuscio, nella comunicazione al dottore Abbate in cui riferisce dell’escussione di Rocco Napoli, scrive che questo testimone “ha visto Denis Bergamini” camminare avanti ed indietro nella piazzola. Ma probabilmente il giornalista Marco Cribari queste cose le ha omesse nel suo resoconto alla signora Lucarelli. Che noi al processo non abbiamo mai visto eppure tutti sanno quanto sia “vistosa”….
BARBUSCIO, L’ANIMA NERA DI QUEL MALEDETTO GIORNO

Veniamo all’irreprensibile – si fa per dire – brigadiere Barbuscio: da una lettura delle carte (per chi l’ha fatto) è palese che certamente peccò di pressapochismo insieme ai suoi uomini per l’incompetenza sul rilievo o sul non aver generalizzato Mario Panunzio (il soggetto che accompagnò Internò a telefonare e che riporto sul posto la Maserati); ma soprattutto per il rifiuto di un aiuto dato dalla Polizia Stradale, specialista per eccellenza ed unicità all’epoca per i rilievi sui sinistri stradali (la signora Lucarelli la conosce questa circostanza o non le è stata riportata dal collega?). E vogliamo parlare della dettatura del verbale di constatazione di decesso per sfondamento toracico dettata al dottor De Marco (c’era la signora Lucarelli in udienza quel giorno?), o dei verbali inviati al pm Abbate in cui la causa di morte veniva data per certa per suicidio? Oltre al pressapochismo, è del tutto evidente che Barbuscio è il primo in assoluto che procede ad insabbiare le tracce grandi quanto la sua testa dell’omicidio di Denis Bergamini.
C’era la signora Lucarelli il giorno della deposizione di Abbate e dei medici in servizio all’ospedale di Trebisacce? C’era la signora Lucarelli quel giorno in cui i medici di servizio all’ospedale di Trabisacce ed il Maresciallo Carbone (in servizio alla stazione C.C. di Trebisacce ma nominato ausiliario dal PM Abbate durante la ricognizione del cadavere “perché aveva una bella grafia…”)?
Ci fosse stata, avrebbe sentito il dottore Carbone, medico del pronto soccorso, che raccontava di essere stato “convocato” urgentemente in camera mortuaria (dove vi era il pm Abbate) e di avere soltanto effettuato una ispezione visiva del cadavere, peraltro coperto da un lenzuolo, ma di non aver dato alcun parere tecnico sulle cause della morte. Il Maresciallo Carbone riferisce di aver stilato il verbale di ricognizione cadaverica sotto dettatura (per la bella grafia…) del pm Abbate ed in base alle informazioni date dal Dottor Raimondi.
In aula, messi a confronto, il dottore riferisce di non aver dettato nulla; ed infatti manca la sua firma. Signora Lucarelli, manca la firma su un verbale di ricognizione cadaverica….. Se solo ci fosse stata…. adesso lo saprebbe ma invece non lo sa.
Il Maresciallo Carbone, tra balbettii e fronti asciugate per il sudore (non perché era maggio), in aula ammette che quella “ricognizione cadaverica” fu più semplicemente un fugace esame visivo ed anche a distanza, ma non si sa spiegare perché il verbale non è firmato. Quindi viene convocato in aula l’ex pm Abbate, che afferma di non ricordare se vi fossero nella camera mortuaria Raimondi e Carbone e non sa spiegarsi perché siano in contrasto. E non sa neppure spiegarsi perché i due neghino qualsiasi operazione effettuata sul cadavere di Bergamini.
E quando fu fatto notare al Dottor Abbate che in quel verbale furono “certificate” lesioni sul cadavere inesistenti (come già rivelato dall’autopsia svolta dal Prof. Avato un mese e mezzo dopo e poi dalla riesumazione del 2017, così come sottoscritto anche dai periti della sua “assistita”) la risposta fu “e vabbè, vuol dire che abbiamo sbagliato” con una posizione di relax che ha fatto tremare tutti i presenti. Ce n’è abbastanza per instillarle il dubbio che fu insabbiato un omicidio?
Signora Lucarelli, lei dov’era? Di sicuro c’era il giornalista Cribari, che ha guadagnato l’uscio molto presto vista la piega che prese l’udienza e anche con le orecchie abbassate…
LE QUATTRO (!) VERSIONI DEL CAMIONISTA PISANO

Per quanto concerne le deposizioni del camionista Raffaele Pisano all’epoca dei fatti ed al processo celebrato a suo carico del 1991, per non perdere troppo tempo invito la signora Lucarelli (per il tramite del collega di podcast, anche se doveva farlo prima) ad informarsi sulla sua escussione in qualità di teste al processo celebratosi a Cosenza: avendo sciorinato 4 versioni sulla dinamica dei fatti (prima un tuffo, poi esclude il tuffo, poi ha attraversato la strada, poi è scivolato). Alla domanda della Presidente della Corte su quale versione confermava, risponde beatamente “tutte e 4”. Ma il giornalista Cribari non l’avrà informata, le vere indagini (secondo loro) sono state svolte nel 1989. Ccuri cazzi dicimu a Cusenza.
Si cerca anche di screditare Roberta Alleati, la ragazza che stava con Denis al momento della morte e che pochi giorni dopo la tragedia scrive alla famiglia di Denis, rivelando la sua esistenza. La si scredita dicendo che, visto che scrive nella lettera che il ragazzo negli ultimi giorni di vita in una telefonata le esprime la propria preoccupazione in quanto è sicuro che qualcuno a Cosenza gli vuole male, in pratica suggerisce agli inquirenti di indagare sulla Internò. In base a quali elementi si giunge a questa conclusione? Ma se nei primissimi giorni seguenti alla tragedia non si aveva alcun dubbio sul suicidio quale causa della morte di Denis Bergamini (prova ne è l’omessa autopsia, considerata inutile), come si fa a dare questa interpretazione ad una lettera che bastava semplicemente leggere? Ma l’interpretazione del giornalista Marco Cribari evidentemente è stata questa. Eppure la signora Lucarelli afferma di aver letto tutte le carte. Sì, ma quali?
Dulcis in fondo, la signora Lucarelli fa una lezione di anatomia, dando spiegazioni sulle varie differenze tra la statica di un corpo a terra a seguito di trascinamento, o di schiacciamento, o di tuffo… a saperlo prima che bisogno c’era di scomodare i RIS, che bisogno c’era di riesumare dopo quasi trent’anni il povero Denis, ci si poteva rivolgere direttamente a lei ed al giornalista Cribari. E non abbiamo finito, anzi siamo ancora all’inizio.
1 – (continua)












