Bancarotta e riciclaggio iGreco, il memoriale di Enzo Novelli. “Vi racconto una guerra che non volevo”

Mercoledì 26 luglio 2017 il Messaggero ricorda la scomparsa di Enzo Novelli, uno dei quattro fratelli soci al 25% del Gruppo Novelli, una delle aziende più importanti dell’Umbria e che aveva esteso i suoi orizzonti anche in altre regioni. Enzo Novelli è morto a meno di un anno dalla clamorosa cessione del Gruppo ai calabresi del Gruppo iGreco, sponsorizzati dal Pd renziano e dal Ministero dello Sviluppo Economico attraverso una fitta rete di relazioni trasversali. E protetti alla procura di Terni da un altro calabrese, il procuratore Alberto Liguori, pedina di spicco della banda di Palamara, Luca Lotti e Matteo Renzi, che da tre anni e mezzo ha insabbiato l’esposto-denuncia nel quale vengono elencate una per una tutte le nefandezze di questa lobby di potere. Mentre a Castrovillari qualche manina provvidenziale ha provveduto ad eliminare il magistrato che invece perseguiva il Gruppo ovvero Eugenio Facciolla.

Enzo era il più giovane dei 4 fratelli soci al 25% del Gruppo Novelli. Dopo Luigi Novelli, morto il 13/8/2013, è il secondo a passare a miglior vita. Torquato e Ferdinando, i più anziani, sono ancora in sella o quantomeno lo erano quando sono state prese le decisioni finali per il clamoroso “attacco” al Gruppo Novelli. Enzo gestiva il mangimificio e il Pet Food, glieli hanno chiusi in men che non si dica. Prima di morire, Enzo Novelli decide di scrivere un memoriale nel quale raccontare com’è potuto accadere tutto questo. Una sorta di romanzo, un muro di gomma. Ferdinando e Torquato fanno di tutto per venirne in possesso ma non ci riescono. Prima o poi verrà fuori…

Ma torniamo a quel mercoledì 26 luglio 2017. Ecco il ricordo di Enzo Novelli a cura di Ilaria Bosi per Il Messaggero. 

SPOLETO – Dagli albori delle prime intuizioni imprenditoriali al successo, dai primi segnali di crisi alla sofferta fase della cessione forzata: Enzo Novelli, uno dei fratelli protagonisti della costruzione dell’impero agroalimentare, ha vissuto sempre in silenzio. E in punta di piedi, nella notte tra lunedì e ieri, se ne è andato, divorato da una malattia che in pochi mesi è riuscita ad avere la meglio sulla sua tempra, innegabilmente fiaccata dalle dolorose vicissitudini che hanno segnato di recente il Gruppo. C’è grande amarezza in chi ha conosciuto e apprezzato quell’uomo dai tratti burberi ma dalla sensibilità profonda, sempre attento alle necessità dei lavoratori, cui si è rivolto fino all’ultimo, con dignità e orgoglio, per cercare di evitare quella cessione che non lo convinceva e alla quale si è opposto con tutte le forze. Era di poche parole, Enzo Novelli. Ma cresciuto nel piccolo molino a pietra che il capostipite Ferdinando aveva realizzato agli inizi del ‘900, si era guardato intorno e nei primi anni ’70 aveva creato il business del mangimificio, che prima ancora del pane e delle uova ha rappresentato il motore per lo sviluppo dell’azienda. Oggi (mercoledì  26) alle 16, a San Giovanni di Baiano, si svolgeranno i funerali. Sarà un saluto discreto che, come avrebbe voluto Enzo, i familiari preferirebbero condividere – come è scritto nel manifesto – soltanto “con chi ha veramente amato e rispettato” il proprio caro.

“Con chi ha veramente amato e rispettato il proprio caro”. Nel messaggio finale dei familiari c’è tutta l’amarezza per le circostanze che hanno portato Enzo Novelli alla morte. Ed è questo memoriale il testamento che Enzo Novelli lascia ai suoi familiari e adesso anche a chi continua a voler insabbiare una storia che non può rimanere impunita.

IL MEMORIALE DI ENZO NOVELLI

Questi sono giorni di grande preoccupazione ed incertezza. Mi ritrovo a dover combattere una guerra che non voglio. Non ho paura, piuttosto rassegnazione e molta stanchezza dopo una vita dedicata al lavoro. Spero che scrivere le sensazioni di questi ultimi anni mi aiuti ad affrontare la vita che mi rimane con maggiore intensità, in questo momento davvero non ne ho perché purtroppo inizio ad essere consapevole delle persone che ho da sempre considerato come la mia famiglia, come una guida e delle quali mi sono sempre fidato tanto da mettere in dubbio la bontà dei miei pensieri.

Inizio a realizzare il grande disagio che le persone a me vicine e più care avevano scritto per il destino del Gruppo che tanto ho amato e sul quale ho investito tutte le mie energie. Ci sono pochi attimi importanti nella vita di un uomo che rappresentano le fondamenta del nostro futuro. Per quanto riguarda il Gruppo Novelli, uno di questi attimi è sicuramente legato alle vicende occorse durante il periodo di crisi che ha portato per la prima volta nella storia del Gruppo all’introduzione di un management esterno. Purtroppo ora riesco a vedere questo momento come l’inizio della fine per l’azienda quando invece all’epoca, la sensazione che provavo era di un nuovo inizio che ci avrebbe aiutati ad uscire dalla crisi nella quale ci siamo ritrovati, prospettando un futuro radioso e ricco di nuove soddisfazioni per tutti.

Dopo la successione di mio fratello Torquato a suo figlio Stefano come presidente del Cda nel giugno 2012, a inizio ottobre io e i miei fratelli eravamo tutti d’accordo per la nomina di un nuovo Cda composto da Michele Rossignoli, già nel controllo di gestione, Francesco Castellani, commercialista e marito di mia nipote Micaela, figlia di Ferdinando, e Guido Chostri, persona di fiducia di Ferdinando.

Mio fratello Torquato era l’unico contrario ma la nostra era una maggioranza sufficiente per la nomina di Chiostri, Rossignoli e Castellani per cui bisognava solo depositare l’atto dal notaio per l’ufficialità. Prima che ciò avvenisse, Torquato mi chiama per andare al Ministero dello Sviluppo Economico a Roma e una volta arrivati, inizia a dire che non c’era accordo tra soci e che la situazione di stallo avrebbe solo creato problemi per cui avevamo bisogno d’aiuto nella scelta. Ricordo di non essermi opposto a ciò che mio fratello stava raccontando perché in teoria la scelta del nuovo Cda era già stata concordata con gli altri nostri fratelli, invece mi fidavo di lui ma ricordo con estremo disagio che il signor Castano del Ministero mi disse: “O decidete alla svelta oppure l’azienda non è più vostra perché le banche decideranno per voi”. In quel momento mi sono sentito in trappola ma allo stesso tempo sicuro del fatto che mio fratello Torquato stesse facendo la cosa più giusta per tutti.

Di ritorno dal Mise senza una decisione, la sera stessa l’avvocato Auricchio, socio dello studio legale Gop che stava lavorando al piano industriale di ristrutturazione dell’azienda, suggeriva a me, Luigino e Ferdinando di togliere il signor Alessandro Musaio dal ruolo di osservatore del Gruppo Novelli e nominarlo presidente del Cda per risolvere la situazione di stallo. Per il resto Musaio avrebbe pensato alla nomina dei suoi collaboratori come Bianconi.

Con estremo dispiacere oggi realizzo invece che lui aveva indirettamente proposto Musaio in quanto Auricchio, colui che spingeva per la scelta di Musaio, era molto legato a Stefano, figlio di Torquato, che ricopriva la carica temporanea di presidente del Cda del Gruppo Novelli, prima del passaggio di consegne con Musaio. Alla nomina ufficiale di Musaio, che si prendeva qualche giorno per scegliere i suoi collaboratori (che sarebbero stati Alberto Alfieri e Gianni Tarozzi),Torquato appariva  estremamente soddisfatto e felice del risultato conseguito nonostante gli stipendi pretesi dal nuovo Cda di oltre 10 mila euro al mese non fossero a mio parere in linea con le possibilità di un’azienda che doveva necessariamente risollevarsi e soprattutto a fronte dei risultati ottenuti alla fine del loro percorso con il raddoppio dei debiti e nessun pagamento dei creditori.

Nonostante tutto, anche io mi ritenevo soddisfatto di aver comunque trovato una soluzione ed ero molto fiducioso che questi nuovi professionisti avrebbero risolto tutti i nostri problemi nel giro di qualche anno, come tra l’altro dichiararono a mezzo stampa, aiutandoci a tornare l’azienda che eravamo, competitiva, redditizia e che avesse assicurato la continuità del posto di lavoro a tutti i nostri dipendenti.

Nel giro di qualche settimana i miei buoni propositi e le mie speranze iniziavano già a scomparire. Un episodio che ricordo è legato alla stesura del concordato. Tralasciando le parcelle assolutamente esagerate che il Cda aveva imposto per ottenere la firma del concordato, ricordo il signor Auricchio che “obbligava” noi soci a fondere le società Agricole con il Gruppo Novelli per fare accettare il piano concordatario al Tribunale di Terni. Gli eredi di mio fratello Luigino, che in seguito sarebbe venuto a mancare e che solo ora ne comprendo le possibili cause, dato il mio stato d’animo attuale, si opposero con forza alla decisione pregressa del padre di fondere le Agricole col Gruppo Novelli, ma, con un meccanismo la cui comprensione mi rimane tuttora sconosciuta, si sono ritrovati con la loro quota ridotta all’osso, senza più potere decisionale di alcun tipo ma senza nemmeno essere liquidati.

A tutt’oggi sono in corso le cause in Tribunale per riportare giustizia. La cosa che mi lascia più perplesso è che oggi, lo stesso avvocato Auricchio che ora segue Alimentitaliani, consiglia di fare la fusione inversa togliendo le società Agricole dal Gruppo per presentare un nuovo concordato con il doppio dei debiti e senza Agricole.

1 – (continua)