Stiamo ricostruendo i passaggi salienti dell’inchiesta “Basso profilo” (arrivata alla sentenza di primo grado col rito ordinario con tanto di motivazioni dopo il rito abbreviato che ha visto la pesante condanna all’ex assessore regionale Talarico), che ha portato alla luce la corruzione dilagante nel partito dell’Udc, tra l’altro chiacchieratissimo e anche nel mirino di De Magistris, negli anni passati. L’Udc in particolare si mette a disposizione del gruppo delinquenziale formato dal segretario regionale Talarico, dall’imprenditore Gallo, dal faccendiere Brutto e dal finanziere corrotto D’Alessandro.
In data 22 giugno 2017 veniva inaugurata l’attività commerciale in Albania. Contestualmente proseguivano le conversazioni del Gallo sempre più preoccupato delle indagini in corso nei suoi confronti, che auspicava in intervento più incisivo da parte di Ercole D’Alessandro. Emergono altresì le lamentele per il comportamento di Luciano D’Alessandro (figlio del finanziere corrotto) in Albania, motivate dallo sperpero di denaro. Il Gallo, inoltre, chiedeva a Tommaso Brutto di chiedere a sua volta a Ercole D’Alessandro di presentargli un avvocato amministrativista e D’Alessandro in seguito gli presenterà l’avvocato Claudio Larussa.
Prima di arrivare alla storia dell’avvocato Claudio Larussa, è opportuno riportare un dialogo tra il legale e Antonio Gallo. La conversazione viene riportata nell’ordinanza del gio Ferraro in quanto di rilievo investigativo, sia con riferimento alla ricerca di contatti in Albania, sia con riferimento alle vicende giudiziarie del Gallo, il quale in un frammento ammetteva l’intestazione fittizia.
L’avvocato Larussa parla dell’Albania che funziona come la Calabria degli anni ’60: “Se trovi il canale giusto fai i soldi, se no rischi che ti fottono e ti fottono tutto, anche perché lì giustizia non ce n’è… quindi bisogna stare attenti e verificare questi canali che hanno loro…”. Gallo chiede: “Gli albanesi?”. E Larussa dice di no e precisa: “I canali che c’ha Ercole (D’Alessandro). Gallo dice che lui sta andando per la sua strada e che ha il suo albanese (Eno)… “Non è che arrivo io e fanno entrare a me, la moglie di Eno lavora alla presidenza della Regione…”. Larussa dice che D’Alessandro attiverà un canale. Gallo dice di un canale con il politico Pierferdinando Casini, con un amico e Larussa risponde che Casini è buono… Larussa dice che Casini è stimato in Albania per il fatto che è in Commissione Esteri e dice che “però bisogna avere un rapporto con i politici lì, cioè questo ti deve creare un rapporto… e che si può fare tanto…”. Larussa poi gli dice che vuole sapere se Gallo conosce gli albanesi che gli hanno presentato e l’imprenditore gli risponde di no. Larussa dice che fa l’avvocato dal 1981 e che quindi ha grande esperienza.
Poi parlano di altro ovvero dei problemi giudiziari di Gallo. Parlano in particolare di una perizia da fare per dimostrare che i soldi sono stati pagati per delle prestazioni ben definite, cioè le prestazioni sono state fatte realmente e quindi pagate. Gallo dice di chiamare un altro ingegnere per fare la perizia e si lamenta del sostituto procuratore della Dda Mancuso che non ha fatto mai chiusura indagini. E spiega: “No, è perché qui poi deve scegliere il 416bis là a tutti… perché quell’azienda di fatto era mia, ma di fatto era loro (della cosca Trapasso, ndr) ma alla fine lo può dire…”.
Larussa poi dice a Gallo che Ercole D’Alessandro è troppo disinvolto con il telefono. Gallo gli dice che lui non gli scrive né lo chiama “con il telefono mio”. Larussa dice che D’Alessandro chiama troppo, anche se con whatsapp, però chiama troppo. Gallo gli dice che whatsapp tutte fesserie sono, che quando sei sotto controllo, ti controllano tutto, poi gli dice che anche se una persona mette una pennina nel computer essendo collegata al cavo di rete riescono ad intercettare il contenuto della penna. Gallo dice che lui evita di chiamarlo e Larussa dice che fa benissimo.
Ma chi è questo avvocato Larussa fortemente sponsorizzato dal finanziere corrotto e che però parla male del suo stesso “gancio”? Ercole D’Alessandro, per giustificare il fatto che debba essere lui ad interessarsi di questi problemi del Gallo, dice – tra l’altro – che Larussa “… è avvocato di 4-5 banche e conosce tutti i giri… ha agganci a Roma è molto amico del presidente della Prima sezione e ha anche studi a Roma e Milano…”.
E’ arrivato allora il momento di svelare la caratura di questo avvocato catanzarese che risponde al nome di Claudio Larussa.
LARUSSA E L’INDAGINE TURBOGAS CHE CHIAMA IN CAUSA PALAZZO GIUSTINIANI
Poco più di dieci anni fa Pierpaolo Bruni, oggi procuratore di Paola ma in precedenza pm della Dda di Catanzaro e pm della procura di Crotone, aveva lavorato ad una inchiesta denominata “Turbogas”. Si trattava di una filiera energetica mai realizzata a Scandale (Crotone) per la quale secondo Bruni volavano mazzette come gabbiani intorno a una chiatta di rifiuti. Con contorno di ministri, ex ministri, parlamentari, ex assessori, funzionari, dirigenti, ex governatori, amministratori e imprenditori che – secondo l’accusa – si sono pappati milioni di euro, in gran parte volati nei paradisi fiscali di mezzo mondo.
Luned 13 luglio 2009 per la centrale a turbogas di Scandale, Bruni aveva emesso 16 avvisi di garanzia. Indagati eccellenti. Associazione a delinquere all’ombra della massoneria. Tra gli indagati c’erano anche l’ex ministro all’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, dei Verdi, e l’ex sottosegretario alle Attività produttive, Giuseppe Galati, del centrodestra anzi proprio del famigerato Udc oggi di nuovo al centro delle cronache. Tutto ruotava attorno a irregolarità nei finanziamenti pubblici erogati per la costruzione di una centrale per la produzione di energia elettrica a turbogas nel comune di Scandale, nel Crotonese e a Rizziconi, in provincia di Reggio. Nella stessa inchiesta risultano indagati anche l’ex presidente della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, del centrodestra, e l’ex assessore all’Ambiente della Regione Calabria, Diego Tommasi, dei Verdi.
Gli altri indagati e tutti destinatari di perquisizione erano Annunziato Scordo, commercialista di Chiaravalloti; Roberto Mercuri, l’imprenditore lametino vicino a Chiaravalloti e Galati già coinvolto in Why Not e protagonista del sequestro dei “servizi” alla frontiera del Lussemburgo all’insaputa di De Magistris; Domenico Lemma, dirigente regionale; Stefano Giuseppe Napoli, figlio del capo della segreteria dell’ex sottosegretario Pino Galati; Maria Rosaria Di Summa, consulente di Galati all’epoca in cui era sottosegretario; Giuseppe D’Anna, titolare della Power Consulting Company; Egidio Michele Pastore, collaboratore dell’assessore Tommasi; Antonio Principe, già segretario del Commissario per l’emergenza ambientale in Calabria; Aldo Bonaldi, Michelangelo Marinelli, e anche il “nostro” avvocato Claudio Larussa ma non solo.
Tra gli indagati c’è anche Giovanni Iannini, un magistrato in servizio al Tar di Catanzaro. Le accuse dagli inquirenti, a vario titolo, sono quelle di associazione a delinquere, concussione, falso, truffa, ricettazione, riciclaggio. E anche Francesco Trebisonda, noto faccendiere e massone che abbiamo ritrovato spesso e volentieri nelle combriccole massomafiose dello Jonio. Chiaravalloti e il giudice del Tar Giovanni Iannini, poi, sono indagati anche per violazione della legge Anselmi sulle logge massoniche.
Una bella insalata riccia, non c’è che dire. Nella quale troviamo molti soggetti “familiari” e dove Larussa sta a braccetto con Galati e Chiaravalloti e tanti altri soggetti che sono stati già indagati da De Magistris, con un giudice evidentemente corrotto e soprattutto in affari con la massoneria.

Questo capitolo – straordinario e ovviamente ignorato dagli approfondimenti giornalistici del tempo – vivificava le intuizioni di De Magistris, al quale erano state tolte le inchieste Poseidone e Why Not con gli stessi protagonisti. In particolare, quello dedicato a Giuseppe Chiaravalloti (indimenticabile Governatore della Calabria, ex Procuratore generale della Corte di appello di Reggio Calabria e nel 2009 vicepresidente del Garante per la protezione dei dati personali) e Giovanni Iannini (magistrato del Tar).

Per una migliore comprensione dei fatti, facciamo un breve riepilogo. Per quanto riguarda la centrale di Scandale, Bruni ipotizzava che l’ex sottosegretario alle attività produttive Giuseppe Galati (da sempre sodale di Cesa e dell’Udc, lo ribadiamo) e l’ex presidente della Regione, Giuseppe Chiaravalloti, d’intesa con Roberto Mercuri e Annunziato Scordo, amministratori della società Pianimpianti, tutti considerati soci occulti delle società anonime di diritto lussemburghese Finindint e Fecoffee, e Aldo Bonaldi, ritenuto l’amministratore di fatto della Eurosviluppo Elettrica e della sua controllante Societè Financiere Cremonese di diritto lussemburghese e amministratore di fatto del Consorzio Eurosviluppo Scarl, avrebbero favorito l’ottenimento, nel maggio 2004, dell’autorizzazione unica alla realizzazione ed all’esercizio della centrale a turbogas di Scandale nei confronti della società Eurosviluppo Elettrica. Gli indagati, secondo l’accusa, avrebbero “lucrato indebitamente 28,6 milioni di euro quale anticipazione sul prezzo totale di 38,6 mln, dalla vendita della Eurosviluppo Elettrica, prezzo oggetto di attività di spartizione tra gli associati attraverso la cessione alla S.F.C. di Bonaldi, di pacchetti azionari della Eurosviluppo Elettrica posseduti dalla Finindint e dalla Fecoffee”.
Giovanni Iannini, giudice del Tar Calabria, secondo quanto emerge dal decreto di perquisizione, avrebbe ‘’arrecato un danno ingiusto alle societa’ Crotone Power Development e Calabria Energia al fine di procurare un ingiusto vantaggio alle societa’ Rizziconi Energia e Eurosviluppo Elettrica, che interessava, tra gli altri, all’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti”. Chiaravalloti e Iannini, come accennavamo, erano indagati per violazione della legge Anselmi sulle logge massoniche. I due avrebbero “partecipato a Loggia massonica la cui finalità occulta è quella di porre in essere condotte dirette ad interferire sull’esercizio delle pubbliche amministrazioni anche giudiziarie”. Interferenza che sarebbe stata posta in essere, in particolare dal giudice Iannini, indagato per abuso d’ufficio dal momento che in due udienze del Tar Calabria del gennaio 2006 e del maggio 2007 “assumendo la Presidenza del Collegio e deliberando la sentenza” veniva “dichiarata inammissibile l’impugnazione degli atti relativi all’autorizzazione della centrale di Scandale rilasciata in favore dell’Eurosviluppo Elettrica”. Veniva rigettato, inoltre, “il ricorso presentato da Crotone Power contro il decreto di autorizzazione alla realizzazione della centrale di Eurosviluppo Elettrica e dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Calabria Energia contro Edison per la centrale di Pianopoli”. Così facendo Iannini avrebbe “arrecato un danno ingiusto alle società Crotone Power Development e Calabria Energia al fine di procurare un ingiusto vantaggio alle società Rizziconi Energia e Eurosviluppo Elettrica”.
Le indagini erano molto complicate poiché le società coinvolte erano controllate da società straniere, ma secondo gli inquirenti le autorizzazioni ottenute dalla Eurosviluppo Elettrica sarebbero state bilanciate da quella tangente di quasi 40 milioni di euro, di cui 28 già versati. Il denaro ottenuto sarebbe poi sparito, mentre a Thonon les Bains, ai confini con la Svizzera, viene fermato dalla polizia francese, nel mese di aprile, un manager legato agli indagati con una valigetta al cui interno vi sono titoli per 21 milioni di euro.
Chiaravalloti e Iannini negavano e respingevano con sdegno ogni accusa. Entrambi erano accusati da Bruni – come accennato – di avere “partecipato a una loggia massonica la cui finalità occulta è quella di porre in essere condotte dirette a interferire sull’esercizio delle pubbliche amministrazioni anche giudiziarie…”. A pagina 31 del decreto di perquisizione e sequestro della Procura c’è un passaggio chiave che illumina gli Illuminati (rectius: se fosse stato provato in un’aula processuale, avrebbe illuminato le attività delle logge occulte ma – come vedremo – in un’aula non ci sarebbe mai arrivato). E in questo contesto troviamo impelagato mani e piedi anche il “nostro” sgamatissimo avvocato catanzarese Claudio Larussa.
LE DICHIARAZIONI DI LARUSSA SU CHIARAVALLOTI
Il 2 febbraio 2009, Bruni pone alcune domande al superteste dell’accusa, Antonio Argentino (pensionato, ex consulente pro tempore di Telecom, già sentito il 29 gennaio 2003 dalla Commissione parlamentare d’indagine sull’affare Telekom Serbia e relative ipotesi di mazzette miliardarie).
Argentino dichiara che il consulente Claudio Larussa, avvocato catanzarese, alla presenza di numerosi testimoni (tutti citati e dunque riscontrabili), gli riferì le mosse e le pressioni esercitate da Chiaravalloti (che, ribadiamo, negava ogni circostanza) sul Tar Calabria che avrebbe dovuto esprimersi sui ricorsi presentati dalle società concorrenti di Eurosviluppo Elettrica (che poi si aggiudicherà la commessa multimilionaria).
Ecco le precise parole di Argentino: “ …il presidente Chiaravalloti …ebbe a contattare la loggia massonica di palazzo Giustiniani per farsi consigliare un bravo avvocato amministrativista che, oltre ad avere buone conoscenza professionali, avesse le giuste entrature ed aderenze in Calabria oltre che a Roma, necessarie ed utili per condizionare il pronunciamento del Tar Calabria ed, eventualmente, del Consiglio di Stato in Roma. A seguito di tale richiesta, viene indicato al Chiaravalloti da un interlocutore di palazzo Giustiniani, contattato alla presenza del Larussa, il nominativo dell’avvocato “giusto ed adeguato”, ai fini di cui sopra, nella persona del prof. Clarizia, con studio in Roma. In realtà, sembrerebbe che il risultato voluto dal presidente Chiaravalloti sia stato ottenuto, tanto è vero che il Tar di Catanzaro per ben due volte ha rigettato i ricorsi da noi presentati. Ricordo in proposito che l’originario designato presidente del Tar che ha deciso i nostri ricorsi, è stato sostituito ed al suo posto è stato nominato il Dr. Iannini. Visto quanto ho appena riferito, esprimo timori e perplessità anche in relazione ai ricorsi al Consiglio di Stato afferenti i predetti ricorsi al Tar”.
Nessuno specifica il nome di battesimo di tal Clarizia nei cui confronti, è bene specificarlo non pende alcun capo di imputazione. A Roma – professore e avvocato – ho trovato solo Angelo Clarizia, salernitano, professore ordinario di diritto amministrativo all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” che – in un profilo non sappiamo se ancora aggiornato – riceveva gli studenti il lunedì alle 15, dopo la lezione, nella sua stanza che, ironia della sorte, è la “P2 S43”. Angelo Clarizia ha anche un famosissimo studio legale a Roma.
Il 29 aprile 2009, ancora ascoltato dal pm Bruni, Argentino dichiarerà: “Inoltre, come ho già riferito nel corso di precedenti verbali, il Larussa ebbe a riferirmi, nel corso delle molteplici conversazioni intervenute in quel periodo, che il giudice del Tar di Catanzaro Iannini era organico della struttura di potere facente capo al Chiaravalloti”.
Ora, se Bruni fosse riuscito a dimostrare che 2+2 faceva 4, la sintesi che ne sarebbe emersa era la seguente:
Chiaravalloti chiama Palazzo Giustiniani (sede del Grande Oriente d’Italia della massoneria) che muove in lungo e in largo per l’Italia le sue potenti leve e sistema le cose a favore di Chiaravalloti e dei suoi interessi. Tutto da provare, sia ben chiaro, ma il lavoro di Bruni era stato fatto con il cesello. Il Goi, retto all’epoca dal Gran Maestro Gustavo Raffi, non replicò nulla a quelle accuse.
Eppure Raffi, nella sua incredibile allocuzione sui costruttori di sogni possibili, tenuta al Palacongressi di Rimini il 3 aprile 2009, dichiarò testualmente a proposito dei Fratelli: “…lavorare per progresso e il benessere dell’umanità. È, quindi, indispensabile impegnarsi a fondo per la solidarietà, per i diritti umani, per la cultura del dialogo e per una intelligente multiculturalità”. Tra i sogni dei massoni che diventano realtà c’era anche quello di chiarire quanto messo a verbale da Bruni? Visto quanto accaduto, sicuramente no…
LE LOGGE OCCULTE FANNO I PORCI COMODI A CROTONE
Pierpaolo Bruni, in realtà, era da tempo che stava puntando grembiulini zozzi, compassi taglienti e cappucci vergognosi. Aveva capito – qualora ce ne fosse mai stata la conferma – che in quel reticolo di logge occulte e segrete, comunque non ufficiali, si muovevano gli interessi degli iocarelli calabresi che trafficano e mangiano alla faccia della Calabria onesta. In quelle logge in cui non è difficile – anzi è normale – incontrare la faccia della ‘ndrangheta: non la conosci ma la riconosci. Come, a esempio, nella vicenda Europaradiso.
L’epilogo è amaro come tutte le storie precedenti. La Gazzetta del Sud ne dà notizia il 5 ottobre 2011 quando qualcuno aveva risollevato il caso. Il 14 aprile 2011 il Gip di Crotone, condividendo la motivazione del pubblico ministero della Procura della Repubblica, Gabriella De Lucia, ha disposto l’archiviazione per gli indagati Giuseppe Galati, Giuseppe Chiaravalloti, Domenico Lemma, Stefano Napoli, Claudio Larussa, Maria Rosaria Di Summa, Giuseppe D’Anna, Giovanni Iannini, Vincenzo Donato Proietto… Come da scontato copione massomafioso. Ma adesso sarà molto ma molto più difficile fermare Gratteri… O no?