Catanzaro, “Basso profilo”. Le fatiche di Ercole il finanziere per salvare il “principino”

Oggi si torna a parlare del finanziere corrotto Ercole D’Alessandro perché figura tra gli indagati per l’inchiesta su incarichi e favori alla Regione che ha coinvolto tra gli altri Domenico Pallaria. D’Alessandro all’epoca dei fatti era in servizio presso il Goa di Catanzaro. Ma il finanziere non è certo nuovo a queste cose… 

Il Tribunale di Catanzaro ha emesso nel luglio 2023 la sentenza di primo grado del processo scaturito dall’inchiesta denominata Basso Profilo della Dda. Sono stati condannati a 30 anni gli imprenditori Antonio Gallo detto il principino e Umberto Gigliotta detto mister centomila. Tra i condannati anche l’ex finanziere Ercole D’Alessandro (6 anni e 8 mesi). Il militare, in particolare, aveva cercato in tutti i modi di salvare Gallo, ma evidentemente senza successo. 

Il gruppo delinquenziale composto dall’imprenditore Antonio Gallo (detto il “principino”), dagli esponenti politici e dalle forze dell’ordine deviate è teso alla commissione di un programma delittuoso ben delineato. Le indagini hanno tratto spunto dai contatti captati tra il Gallo, Brutto Tommaso (notoriamente molto vicino a Mimmo Tallini e ai ras della malapolitica catanzarese, comunque assolto in primo grado) e il figlio Brutto Saverio (anch’egli assolto in primo grado) e riferiti, tra l’altro, ad un progetto imprenditoriale avviato in Albania per il quale veniva coinvolto anche Ercole D’Alessandro (all’epoca in servizio presso il Goa della Guardia di Finanza di Catanzaro) al fine di trovare contatti ed entrature presso le pubbliche amministrazioni e le strutture politiche albanesi. Ma non solo: il finanziere deve “proteggere” Gallo da una serie di inchieste nei suoi confronti… 

Ciò che emerge dal primo incontro tra Gallo, il finanziere e Tommaso Brutto è così riassumibile: il Gallo illustrava le prime questioni relative all’affare albanese, sia dal punto di vista logistico che dal punto di vista dei “contatti” utili per la buona riuscita; il D’Alessandro da parte sua rassicurava gli interlocutori dei suoi potenti “contatti” anche nell’ambiente delle istituzioni, nonché del suo intercedere in quanto appartenente alla Guardia di Finanza (i cui uffici sono presenti anche in Albania) e si accordavano sulla circostanza che si doveva prendere in affitto un appartamento in Albania nel quale avrebbero vissuto il figlio del luogotenente e Saverio Brutto.

Il militare, nel momento in cui il discorso si incentrava su operazioni antimafia, faceva riferimento alla collaborazione del pentito Pulice e al fatto che fosse emerso il nome del Gigliotta (Mister centomila). Il D’Alessandro millantava la sua vicinanza al Procuratore Gratteri, e poi rassicurava, con riferimento alle indagini condotte dal maresciallo Mari, che una volta concluse le indagini avrebbero guardato loro le “carte”, chiaramente significando che nel caso in cui fosse emerso qualcosa a carico del Gallo (il quale si dipingeva come una vittima degli investigatori, che continuavano a tampinarlo nonostante non facesse, a suo dire, nulla di illecito) ci avrebbe pensato lui a “risolvere”.

Il prodigarsi di D’Alessandro per aiutare le persone a lui vicine, viene da lui stesso evocato al fine di tranquillizzare ulteriormente il Gallo: “… Io invito tutti quanti… quando dovete fare una cosa chiedete all’amico, senti, puoi vedere se mi vuoi fare… chi è questo qua… come è inserito… a noi (delle forze di polizia) non ci vuole niente a vedere nelle banche dati com’è combinato (visure, ndr). Avete capito, senza che vi andate a impelagare in porcherie… Io a lui che gli dico sempre, Tommaso, attenzione con chi parli e con chi non parli…” risultando da ciò un quadro decisamente allarmante in cui il finanziere, a disprezzo di qualsivoglia regola, giuridica e deontologica, invitava lui stesso ad interpellarlo per controllare (e quindi accedere abusivamente) le banche dati in uso alle forze dell’ordine.

L’incontro tra Tommaso e Saverio Brutto, Antonio Gallo ed Ercole D’Alessandro avveniva, per come emerso sia dalle intercettazioni che dai servizi di Ocp, presso l’abitazione di Tommaso Brutto. Prima dell’arrivo del luogotenente Gallo manifestava a Brutto le sue preoccupazioni circa le indagini in corso nei suoi confronti (“sono un poco terrorizzato io eh… sai come sto con questo… è pazzo scatenato verosimilmente maresciallo Mari Robetto… questo qua si inventa il giallo e il nero… mi devo guardare la mano…).

Anche in seguito gli interlocutori, e principalmente Tommaso Brutto, Antonio Gallo e il finanziere D’Alessandro, parlavano delle vicende investigative relative al Gallo. Tale circostanza, del resto, valutata nel contesto in cui è inserita, è altamente indicativa di diversi fattori. Tutti sapevano che il Gallo è oggetto di attenzioni investigative da parte degli inquirenti, e tutti discutevano su possibili risvolti e soluzioni. In particolare il luogotenente prendeva in mano la situazione rassicurando i suoi compagni che lui si sarebbe comunque adoperato a vantaggio del Gallo (“Ascolta, poi ci penso io a fare… allora la cosa è collaudata… L’importante è che non sei… fai parte di quella cerchia lì… che quello non ti salva nemmeno “a penicillina”… hai capito?!!!). Con la premessa che il suo intervento avrebbe potuto avere una buona riuscita a patto, non che il Gallo fosse innocente, ma che non fosse stato eccessivamente compromesso.

In data 22 giugno 2017 veniva inaugurata l’attività commerciale in Albania. Contestualmente proseguivano le conversazioni del Gallo sempre più preoccupato delle indagini in corso nei suoi confronti, che auspicava in intervento più incisivo da parte di Ercole D’Alessandro. Emergono altresì le lamentele per il comportamento di Luciano D’Alessandro (figlio del finanziere corrotto) in Albania, motivate dallo sperpero di denaro. Il Gallo, inoltre, chiedeva a Tommaso Brutto di chiedere a sua volta a Ercole D’Alessandro di presentargli un avvocato amministrativista e D’Alessandro in seguito gli presenterà l’avvocato Claudio Larussa.