Belcastro, la condanna del prete per violenza sessuale e il “giornalismo” dei soliti noti (di Emilio Grimaldi)

dalla pagina FB del giornalista Emilio Grimaldi 

Anche questo è giornalismo.
Don Roberto Mastro, ex parroco di Belcastro, è stato condannato a 13 anni di reclusione per violenza sessuale su minori di 14 anni. La condanna è stata anche aumentata di un anno rispetto alla richiesta del pm. E questo mi fa piacere perché oggi è stata scritta una pagina importante su Belcastro, sui suoi ragazzi e suoi genitori.
Ma la razzia delle uniche foto che ci sono in circolazione sul web e sul cartaceo, fatte da me medesimo, è indice della qualità del giornalismo di oggi: fatto di copia incolla ad anticipare il copia incolla degli altri. E questo segue la circostanza che l’unico sito di informazione che si occupò del dramma è stato il mio blog, soprattutto prima del rinvio a giudizio: raccogliendo testimonianze, malumori e richieste di giustizia da parte di una comunità intera.
Anche questo è giornalismo. Che ti deruba del tuo lavoro. Fatto senza nessun vantaggio economico e con la sola volontà di cercare verità e giustizia.

Di seguito l’articolo di Emilio Grimaldi risalente al rinvio a giudizio del prete, il 2 aprile del 2014. 

Il fantasma di un prete, don Roberto Mastro. L’ombra di un vescovo, mons. Domenico Graziani. Probabilmente saranno loro i grandi assenti all’udienza preliminare nei confronti del sacerdote della diocesi di Crotone Santa Severina accusato dalla Procura di Catanzaro di aver abusato di diciassette ragazzini di Belcastro, tutti minori di 14 anni. Il primo, trincerato in una località segreta della Capitale fin da quando cominciò a diffondersi la notitia criminis. Il secondo, chiuso nel silenzio dei suoi uffici, enormemente imbarazzato a pronunciare qualche parola in merito fin da prima della notitia. Un silenzio da Ponzio Pilato più che un ritiro da eremita.

Sarà una faccenda tra avvocati e magistrati. Davanti al giudice per le udienze preliminari, Maria Rosaria di Girolamo, si alterneranno Aldo Truncè e Silvano Cavarretta, in difesa dell’ex parroco; il pubblico ministero, Giovanni Bombardieri. E, infine, Giovanni Scarpino, Antonello Talerico e Concetta Scarpino, avvocati di parte civile delle famiglie coinvolte. Sarà una discussione prettamente tecnica, sul piano giuridico. Sull’opportunità o meno di mettere sotto processo una persona che “avrebbe manifestato segni di pentimento” e che “non sarebbe adesso nelle condizioni di reiterare il reato”. Mancheranno i veri protagonisti di uno scandalo senza precedenti in Italia. Non tanto per il numero di bambini, presunte vittime degli appetiti del prete, quanto per le denunce presentate. In soli tre anni di mandato pastorale – dal 1 ottobre 2007, giorno di nomina vescovile a parroco della Parrocchia di San Michele Arcangelo di Belcastro, alla provvidenziale fuga di mezzanotte, tra il 10 e l’11 dicembre 2010 – avrebbe abusato di un’intera generazione del piccolo paese catanzarese, che conta meno di mille abitanti. Una comunità violentata nel fiore degli anni più preziosi.