Beppe Grillo, te lo dò io il potere: una lunga storia d’amore

Beppe Grillo è in Calabria. Sta portando in giro per l’Italia il suo spettacolo Io sono il peggiore e stasera sarà a Rende. La sua strada verso il potere politico era stata per certi versi entusiasmante ma si è sciolta alla… distanza ovvero quando si è trattato di fare alleanze. Dalla Lega al Pd fino a Draghi. E oggi che è qui cogliamo l’occasione per riepilogare il suo percorso di “potere”, in primis perché senza memoria non c’è futuro ma soprattutto per raccontare la lunga storia d’amore tra Grillo e il potere. Parafrasando una sua fortunata trasmissione in Rai: “Te lo dò io il potere”. 
Grillo sarebbe Grillo senza l’odiata mamma Rai ovvero il potere? Probabilmente no. E se oggi l’ex comico è il leader politico che detta la linea e le alleanze, lo deve anche a quella sua faccia resa famosa da anni di presenza televisiva. Lo diceva sempre: «sono il megafono del movimento».

Un megafono che è tale perché conosciuto e riconoscibile. Grillo però al potere cioè in Rai, dove è tornato per l’intervista con Bruno Vespa del 2014 e più recentemente con una sorta di collage dei suoi monologhi, non aveva messo più piede per 11 anni, dal 1993 al 2014 appunto.

Certo da quando è nato il Movimento 5 stelle, e prima dai tempi degli “Amici di Beppe Grillo” e delle campagne del blog, i telegiornali lo mettono nei panini delle dichiarazioni dei politici, gli dedicano speciali e approfondimenti. Ma da quando nell’edizione 1986 di Fantastico fece una battuta sui socialisti («Ma qui sono tutti socialisti. Ma se son tutti socialisti, a chi rubano?») il rapporto con la Rai e quindi il potere non fu più lo stesso, fino a interrompersi nel 1993 quando la mamma di noi tutti trasmise il suo show in diretta dal teatro Rai Delle Vittorie. Ma sono in molti a sostenere che la sua fu un’epurazione “volontaria”.

In Rai Grillo arriva grazie a Pippo Baudo che lo chiama e lo lancia in tv, prima con ‘Secondo voi’, nel 1977 e nel 1978, poi con ‘Luna Park”, nel 1979.

Poi vengono gli anni di Fantastico, dalla prima edizione del 1979 condotta insieme a Loretta Goggi a quella del 1986: Fantastico 7. «Mi mise in grande difficoltà e mise in difficoltà il direttore di allora Biagio Agnes» ricorda Baudo, conduttore dell’edizione, ricostruendo la celebre battuta di Grillo sui socialisti: «Dalla sede del Psi ci furono richieste di punizioni».

Baudo prese però le distanze in diretta: «Mi dissocio» disse, e questo sgonfiò parzialmente le polemiche. Sul difficile rapporto tra Rai-Grillo e sulla censura, Baudo anni dopo ha così ricostruito il clima: «Mi chiamavano sempre dalla direzione generale della Rai e mi dicevano “Com’è il copione di Grillo?”. Io non l’avevo letto, perché non c’era, ma dicevo comunque “nessun problema”, e poi in caso mi difendevo “Il comico è così, improvvisa”».

In quel caso funzionò poco. Quando non chiedeva ancora voti, Grillo salì più volte sul palco del Festival di Sanremo, prima ma anche dopo la battuta sui socialisti. Proprio con Baudo gli capitò nel 1984 di annunciare anche l’esibizione dei Queen. L’unica volta che non fu ospite ma conduttore fu nel 1978, quando fece da spalla a Stefania Casini e a Vittorio Salvetti. Pippo Baudo, scopritore di Grillo, dice sempre che per quella battuta fu lui a essere costretto a trovare lavoro altrove, non Grillo, e ogni volta che lo dice il comico va su tutte le furie. Sta di fatto che l’anno dopo Baudo passa a Fininvest mentre Grillo si vede qui e là (Sanremo 1988 e 1989, invitato a “Fantastico 1990”, in prima serata con il suo show su RaiUno nel 1993, dove c’è già tutto il cuore del pensiero grillino, la lotta alle multinazionali, la decrescita felice, il sapone fatto in casa). Un’epurazione omeopatica, ma spesa nel miglior modo possibile per costruire la leggenda dell’uomo che aveva fatto tremare la Casta. Su quella vendetta si costruì il progetto politico della Casaleggio Associati; da una battuta sui socialisti si puntò dritti verso il Palazzo e poi tutti in balcone a festeggiare il default.

Tornò a Sanremo, ancora ospite di Baudo, nel 1988, e nel 1989. E proprio sul suo cachet per le quattro serate dell’edizione del 1988 qualche anno fa c’è stata polemica. Quando Grillo, ormai leader politico, ha criticato la retribuzione di Fabio Fazio, prima di cimentarsi in un blitz all’Ariston, dal Pd gli hanno ricordato i «350 milioni di lire che incassò senza remora».Angelo Guglielmi, uno dei grandi creatori di tv in Italia, direttore (meglio, inventore) della mitica Raitre degli anni ’80-’90, ricorda altrimenti la storia dell’editto pre-bulgaro su Grillo in Rai: «Certo, i socialisti, che erano parte essenziale della maggioranza e esprimevano il presidente del Consiglio, non potevano tollerare quella battuta, sulla tv pubblica – racconta Guglielmi -. Ma poi fu Grillo a non voler più tornare in Rai. Me lo disse lui, quando andai a trovarlo a Tivoli, pochi mesi dopo l’incidente col Psi, insieme al mio capostruttura Bruno Voglino. Mio sommo desiderio era avere Grillo nella mia Raitre, per lui avevo pensato un programma stupendo. Dieci minuti in prima serata, al sabato, uno studio disadorno con una bandiera dell’Italia, parodia del messaggio presidenziale di fine anno, dove Grillo era libero di dire quel che voleva, un suo messaggio settimanale al popolo italiano. Avevo intuito (nel 1987, ndr) che la sua vis comica era già essenzialmente politica. Gli promisi carta bianca. L’idea lo divertì, ma rifiutò. Mi disse che mai più avrebbe rimesso piede in Rai. Fu una sua scelta, non un’epurazione».

Anche Pippo Baudo rafforza ancora di più il concetto e corregge la mitologia del leader Cinquestelle primo epurato della Rai. «Ma quale censura, è Grillo che non è voluto rientrare in Rai – ha raccontato Baudo – . È stato un auto esilio, Grillo voleva creare il “caso” per tornare con un grande coup de théâtre. E ci è riuscito». La versione di Grillo è quella idealizzata dalla vulgata grillina e codificata da lui stesso: «Mi tennero lontano dalla Rai per diversi anni, dal 1986 al 1993, per due battute che anticipavano Tangentopoli. Poi, nel ’92-’93, li portarono tutti in galera. Nel ’93, dopo lunga quarantena, si rifece viva con me la Rai dei “professori”: tutte brave persone, che non capivano un tubo di televisione. Feci due serate in diretta, poi cominciarono a capire qualcosa di televisione e decisero che bastava così».In realtà, allora, la quarantena non è una quarantena. Grillo in Rai ci torna due anni dopo l’«editto», nel ’88, al Festival di Sanremo su Raiuno, ed è di nuovo all’Ariston l’anno dopo, a fare ancora a pezzi il Psi ancora potente («E pensare che Martelli è andato in Kenya per farsi uno spinello, 5 milioni ha speso») e già che c’è pure la Dc del direttore generale Agnes («Il clan degli avellinesi De Mita e Agnes»). È pure tra i big invitati al Fantastico del 1990 (poi assente «per motivi di lavoro»). Per uno «tenuto lontano dalla Rai dall’86 al ’93», non male.

Pippo Baudo ricostruisce gli inizi di Grillo: «Un paio di amici m’avevano detto: a Milano, in Corso Sempione, in un locale che si chiama la Bullona, si esibisce un certo Beppe Grillo. Non è male, dagli un’occhiata. Vado, una sera. Ma appena entro, m’accorgo d’essere l’unico spettatore. C’ero solo io. Così, quando lui compare sul piccolo palco, gli dico: senta Grillo, mi spiace, ma non fa niente, torno un’altra volta. Invece lui scende, mi si avvicina e mi fa: scherza? Io lo spettacolo lo faccio ugualmente. Due ore strepitose. Io e lui. Rimasi letteralmente scioccato dalla sua bravura. Una settimana dopo, gli feci fare un provino negli studi Rai, davanti a un pubblico vero. E anche lì andò fortissimo, sebbene i dirigenti dell’epoca si fossero dimenticati di far entrare in funzione le telecamere. Pochi mesi dopo, me lo portai in Rai, a “Secondo voi”. Era il 1977».

Negli anni ’80 Grillo è protagonista anche di due spettacoli tutti suoi, “Te la do io l’America” nel 1981, e “Te lo do io il Brasile” nel 1984. A quell’esperienza si richiama il suo ultimo show, con cui ha scaldato i motori per queste elezioni europee: “Te la do io l’Europa”.

Proprio per questo show dallo stadio Maracanà deserto Grillo registra uno sketch premonitore anche se forse non esilarante: “Beppe Grillo contro resto du mundo”. Finisce 7 a 0. Per Grillo, ovviamente. Le comparsate non si contano. Anche con Vespa, nel 2014, non fu un debutto. Nel 1983 gli fece da spalla, commentando i risultati delle elezioni politiche.

Forte della notorietà, Grillo è stato anche protagonista di una serie fortunatissima di spot dello yogurt Yomo. Gli spot. andati in onda dal 1986 al 1988, furono pluripremiati, Telegatto compreso: «Ma vi pare che dopo anni di televisione», disse Grillo sugli schermi Rai, «mi premiano per uno yogurt?».

Nel frattempo risparisce, fa spettacoli teatrali da sold out (perché «l’hanno cacciato dalla Rai» e quindi la gente paga per sentirlo a teatro), è ospite alla festa dei Telegatti, vince il «Grand Prix Confindustria-Upa» per lo spot Yomo, appunto, fa spettacoli alle Feste dell’Unità di D’Alema e Veltroni. E ritorna di nuovo in Rai, a Raiuno, prima serata (1993), dove fa il botto con un monologo Cinque Stelle: «Ho cinque anni di cose da dirvi, anzi dieci anni. I cinque anni passati senza poter più venire in televisione e i prossimi cinque anni, che tanto mi mandano via subito».

LE DIRETTE DI GRILLO TRA IL 1992 E IL 1993

Ed ecco una testimonianza dei giornali dell’epoca. NON se l’ aspettavano, i dirigenti di RaiUno. Neanche i più appassionati, quelli che hanno seguito il suo monologo dietro le quinte del Teatro delle Vittorie col fiato sospeso, che hanno riso e fatto il tifo per lui, che l’ hanno abbracciato dopo quei cinquanta minuti di grande televisione. Anche i più ottimisti non se l’ aspettavano che Beppe Grillo avrebbe conquistato quasi 10 milioni e mezzo di spettatori (per l’ esattezza 10 milioni 498mila con il 32,65% di share).

Ci voleva la rabbia di Beppe Grillo, spietato, cattivo, bravissimo, per dimenticare la brutta tv che abbiamo visto negli ultimi mesi: la finta satira, le scommesse da fiera, le interviste senza un perché, i bambini che sembrano quarantenni. Il riscatto di RaiUno, è paradossale, arriva proprio con Grillo, allontanato cinque anni da dirigenti più realisti del re, lottizzati e autolottizzati, che si spaventarono per una battuta sui socialisti. Giovedì ha stravinto Grillo, ma anche Il rosso e il nero su RaiTre, con una puntata dedicata alle elezioni del sindaco a Roma e Napoli – con Rutelli, Fini, Bassolino e la Mussolini – ha fatto un ascolto da record: 7 milioni 978mila spettatori (con uno share del 29,07%).

Ieri a Viale Mazzini si vedevano in giro solo facce sorridenti e soddisfatte, c’ è stato un gran volantinaggio dei dati d’ ascolto. Nessuna telefonata di protesta, neanche gli inserzionisti – l’ attacco alla pubblicità non era tenero – si sono fatti vivi? Il direttore di RaiUno Nadio Delai scuote la testa allegramente. “Non mi ha telefonato nessuno”. Da una parte anche questo silenzio fa riflettere: non reagisce più nessuno o si vergognano un po’ ? “E’ stata una grande pagina di televisione su di noi e sulla nostra vita quotidiana” spiega Delai. “Accanto ai tanti problemi che dobbiamo affrontare, abbiamo anche la necessità di sorridere e di ridere di noi stessi, perché una società ha il bisogno vitale di guardarsi allo specchio attraverso una satira non solo politica, ma anche civile. Questa è la condizione per poter recuperare la responsabilità che ci compete come consumatori e come cittadini. Ironizzare e scherzare sul nostro modo di consumare non significa sognare di tornare indietro nei nostri modi di vivere, ma può essere uno stimolo per cercare strade nuove per produrre, vendere, e quindi anche per vivere meglio”.

Grillo ha conquistato tutti. Per Maurizio Costanzo è stato semplicemente “straordinario”. “Magnetico”, “in grandissima forma”, “irresistibile”: sono i giudizi entusiastici di Mara Venier e Renzo Arbore. “Siamo rimasti incollati alla tv per tutta la durata dello show. E il fatto che abbia avuto un grande successo di pubblico anche Il rosso e il nero significa che la gente dalla tv vuole cose di qualità”.

“All’ inizio, come amico, ho avuto un tuffo al cuore” dice Pippo Baudo “perchè ho capito che era emozionato, parlava con difficoltà. E’ comprensibile: un conto è fare spettacoli in teatro, un altro parlare in tv, ti sembra sempre di stare davanti al paese intero. Ma credo che abbia vinto l’ ‘ evento-Grillo’ , indipendentemente dalle cose che ha detto”. Gianfranco Funari non si è stupito dell’ ascolto record. “Grillo è un tipico cabarettista, molto amato e molto atteso. Ha azzeccato il taglio teatrale dello spettacolo e soprattutto la scelta della durata, relativamente ristretta, che gli ha permesso di essere intenso e scoppiettante”. Ma il ‘ giornalaio’ – che tra una notizia e l’ altra fa il piazzista di tortellini – ha anche qualche rilievo da fare: “Come spesso accade quando si è costretti a far ridere, a cercare la battuta, Grillo ha dovuto esagerare, andando a cercare esasperatamente il superfluo nei consumi: credo che questo sia il suo punto debole e che forse nella prossima puntata andrà corretto”.

Dopo gli show del 1992 e del 1993, Grillo andrà in onda solo su Tele+. Abbandonerà anche quella poi, preferendo gli spettacoli nei teatri e nei palazzetti, quando la paytv sarà comprata da Rupert Murdoch. A Tele+ però Grillo deve la diffusione di quello che diventerà un format anche del Grillo politico: il discorso alla nazione di fine anno. Il 31 dicembre 1999 va in onda il primo “Discorso all’umanità”.

La Rai cioè il potere e Grillo, nessun leader la conosce più di lui, nessuno l’ha usata meglio di lui, soprattutto nell’assenza, da epurato volontario. Una battaglia dei grillini in Vigilanza sarà per la trasparenza dei compensi Rai. Anche su questo Grillo ha fatto scuola. Fu lui stesso a sventolare il suo, di compenso, per pochi minuti a un Festival di Sanremo: 350 milioni di lire. Battute che prefiguravano il successivo Grillo leader anti-partiti (morti): «Guardate qui, ci sono un sacco di clausole, con penali da pagare. Ecco, per esempio, se mi scappasse che i socialisti rubano avrei una penale di 3 mila lire. Perché così poco? Perché, cari politici, non ci interessate più». I diritti del suo Un grillo per la testa vengono comprati nel ’96 dalla Rai a 245 milioni di lire (malgrado Grillo offrisse di cederli a un prezzo simbolico di 500 lire), ma poi non vanno in onda, e il comico fa una causa civile. Che sia ancora in piedi la vertenza tra la Rai e il leader della Vigilanza Rai? Quien sabe.