Bergamini, 20 anni di omertà: il Cosenza in Serie B

IL COSENZA IN SERIE B

Il 5 giugno 1988 ogni cosentino si sveglia con un solo e preciso pensiero: la promozione del Cosenza in serie B. Manca un solo punto per la certezza matematica del ritorno nel “calcio che conta”, a ventiquattro anni di distanza dall’ultima apparizione.

Sono almeno ottomila quelli che preparano l’invasione a Monopoli, la cittadina pugliese scelta dal destino come teatro dell’apoteosi. Treni speciali, pullman, carovane di auto private: bandiere, stendardi, striscioni, fumogeni ma anche “pasta china”, “purpette”, parmigiana, “mazzacorde”, un buon numero di “fischi” e “bende” e vino, tanto vino”! Un’organizzazione perfetta.

Cosenza, in realtà, sta festeggiando la promozione già da più di un mese, per essere precisi dalla splendida vittoria di Salerno del 17 aprile. Qualche giorno dopo, come per incanto, la città si riempie di bandiere e drappi rossoblu e striscioni inneggianti a quel sogno che sta diventando realtà.

La frase più bella e significativa l’hanno coniata gli ultrà: Mai più prigionieri di un sogno. E l’hanno collegata alla fantasmagorica coreografia dell’ultima partita casalinga contro la Nocerina, il 29 maggio. Al San Vito c’erano ventimila tifosi in delirio.

Ma torniamo a Monopoli. Si capisce subito che il piccolo stadio non potrà mai contenere la massa di tifosi provenienti da Cosenza fin dalla tarda mattinata. Né le forze dell’ordine né i dirigenti della società ospitante si sono attivati per facilitare il funzionamento della macchina organizzativa.

Manca mezzora all’inizio della gara e avviene il patatrac. I tifosi monopolitani sono costretti ad invadere il campo perché gli ultrà cosentini non trovano posto e si sono (diciamo così) accomodati prima, c’è il rischio che la situazione possa degenerare ma per fortuna il clima di festa contagia tutti e non c’è nessuna voglia di menare le mani. Il presidente del Cosenza Peppino Carratelli interviene più volte dagli altoparlanti dello stadio per invitare la tifoseria a non peggiorare la situazione. Finalmente tutti riescono a sedersi e la partita può cominciare…

A Monopoli finisce 0-0 e parte ufficialmente la festa. Migliaia di tifosi invadono il campo portando in trionfo gli eroi della promozione. Da Monopoli a Cosenza sarà un carosello continuo di supporter scatenati. Appuntamento per tutti allo stadio San Vito.

E’ circa mezzanotte quando il pullman del Cosenza entra dalla porta carraia: i tifosi che si sono radunati al San Vito, nonostante un’improvvisa pioggia battente, sono almeno quindicimila. Al centro del campo c’è il palco per le premiazioni istituzionali, i cori sono quelli che hanno costellato tutta l’annata. Il boato della folla diventa ritmico quando il vostro umile cronista (facevo lo speaker dalla stagione precedente) annuncia per l’ennesima volta i nomi e i cognomi dei tecnici e dei giocatori che ci hanno portato in paradiso. La festa continuerà per tutta la notte.

Quella notte sarà difficile da dimenticare per chi l’ha vissuta.

Dirigenti e calciatori, dopo aver abbracciato il popolo rossoblu allo stadio, sono tornati a casa per vedere i familiari e cambiarsi ma sanno bene che non potranno né rilassarsi né mettersi a dormire. La tifoseria, là fuori, è incontenibile. Finita la festa allo stadio, almeno un migliaio di tifosi si ritrovano a piazza Fera e decidono di percorrere la città e l’hinterland a caccia dei protagonisti di una promozione attesa per tanto, troppo tempo. Si va sotto casa di tutti. Dal presidente Carratelli, nella centralissima via Sabotino a mister Di Marzio, a Città 2000. E poi via verso Commenda di Rende dove abitano tutti i calciatori.

Gigi Simoni e Denis Bergamini, Claudio Lombardo e Sergio Galeazzi, Michele Padovano e Gianluca Presicci e poi quelli sposati, che abitano con le famiglie: Alberto Urban, Renzo Castagnini, Maurizio Giovanelli, Maurizio Lucchetti, Roberto Giansanti e Gigi De Rosa.

Ciccio Marino, che è l’unico cosentino, sa già tutto ed è con il “branco”, è lui che aiuta i tifosi a trovare le case dei compagni.

Ogni volta che si arriva sotto un’abitazione, è come se si facesse una serenata. Cori, canti e come per incanto il beniamino esce fuori, viene portato in trionfo e poi si unisce all’allegra comitiva per andare a prendere gli altri. Le due, le tre, le quattro di notte… La festa continua.

Alle sei del mattino davanti al Bar Carbone di via Alimena siamo ancora un centinaio di irriducibili a suonare clacson e a gridare con quel filo di voce che ormai ci è rimasto. E allora parte la “formazione”, quella che ancora oggi mi chiedono di declamare a venticinque anni di distanza…

Simoni, Marino, Lombardo, Castagnini, Schio, Giovanelli, Galeazzi, Bergamini, Lucchetti, Urban e Padovano.

Ai quali chiaramente vanno aggiunti altri titolari a tutti gli effetti come Fantini, Presicci, Giansanti, De Rosa e Montrone.