Bergamini, 33 anni di omertà

Il 18 novembre 2022 sono passati 33 anni dall’omicidio di Denis Bergamini. Con l’arrivo del 2023 siamo entrati nel 34° anno. Il calciatore del Cosenza fu attirato in una trappola mortale dalla sua ex fidanzata Isabella Internò e ucciso dai suoi complici, che ormai tutti conosciamo. Denis è stato ucciso perché non voleva più saperne di quella ragazza (oggi donna matura e maritata allo stesso poliziotto accecato dalla gelosia per Denis 33 anni fa) e lei, spietata e senza scrupoli, ha messo in moto la macchina per farlo ammazzare. Oggi si ritorna in aula per la 32^ udienza del processo che vede alla sbarra la Internò, accusata di omicidio pluriaggravato e premeditato con l’aggravante dei futili e abietti motivi. E sulla strada che porta alla giustizia potrebbe essere un’altra delle già tante udienze decisive con le testimonianze di cinque persone che, per un motivo o per un altro, quel maledetto pomeriggio si trovavano a Roseto Capo Spulico, luogo prescelto dagli assassini per “eliminare” Bergamini. Si tratta di Anna Napoli, di Rocco Napoli, delle sorelle Valerio (rispettivamente moglie e cognata di Rocco Napoli) e di Berardino Rinaldi. 

Da molti anni ormai ho intenzione di scrivere un libro su Denis Bergamini. Ma non è stato per niente semplice, tra pezzi deviati dello stato che hanno tramato e tramano ancora per nascondere la verità, tra editori che non hanno il coraggio di pubblicare una vicenda che è la fotografia dei poteri forti di Cosenza e, dulcis in fundo, carabinieri e procura di Cosenza che mi sequestrano l’hard disk per trovare… spinelli. 

E allora, dopo l’ultimo sequestro, ho fatto una scommessa con me stesso: ero ormai rassegnato a non trovare più tutto il materiale sul quale ho lavorato per anni e mi sono detto che se mai lo avessi ritrovato integro, avrei pubblicato il mio libro su Denis su Iacchite’. Qualche tempo fa ho controllato l’hard disk ed era completamente bruciato ma un tecnico, che si chiama Roberto ed al quale non finirò mai di dire grazie, me l’ha recuperato ed è ora che venga fuori.

INTRODUZIONE

SCUSATE IL RITARDO

L’omicidio volontario pluriaggravato e premeditato di Denis Bergamini è una delle pagine più nere della città di Cosenza. L’hanno scritta in tanti, non solo quelli che l’hanno ucciso. L’hanno scritta tutti quelli che hanno contribuito a nascondere la verità per vent’anni: magistrati, poliziotti, carabinieri, dirigenti e calciatori del Cosenza Calcio, giornalisti (me compreso ovviamente), uomini d’onore…

Tutti sapevano o erano in condizione di sapere ma nessuno ha fatto niente di concreto per aiutare chi quella verità la cercava e la pretendeva. La parola d’ordine era: prudenza. Una prudenza a dir poco sospetta in una città nella quale invece custodire un segreto è operazione impossibile.

All’alba del ventennale della morte di Denis, ho deciso di rompere la consegna del silenzio, pungolato da Luigi Celebre, un amico che, bontà sua, non riteneva possibile che non sapessi com’era andata. Più che non saperlo, io, come tanti altri, ci eravamo imposti di non volerlo sapere: avevamo messo la testa sotto la sabbia come gli struzzi.

Non è servito molto tempo per arrivare alla verità ma ne è servito ancora tanto altro per fare in modo che uscisse fuori. E così, con vent’anni di ritardo, ha preso corpo il lavoro che oggi tutti potete leggere.

Ho scelto la tecnica dell’intreccio: il calcio, i successi del Cosenza, la doppia faccia della nostra città, i personaggi, i protagonisti. E soprattutto la dinamica dell’imboscata tesa a Denis Bergamini con tutte le connivenze e le complicità rese possibili da pezzi deviati dello stato per oltre vent’anni. Nel calcolo mancano gli altri tredici anni, che abbiamo vissuto con la consapevolezza di quanto era realmente successo ma che solo adesso hanno consentito di arrivare a un sacrosanto processo.

L’omicidio di Denis Bergamini è anche un modo per riscrivere la storia recente di questa città, che non può essere quella che ci hanno propinato i pentiti e la Procura della Repubblica di Cosenza attraverso le loro “voci ufficiali”. Questo, purtroppo, è solo un piccolo assaggio di quello che poteva accadere a Cosenza e rimanere impunito quasi con leggerezza. Ma, tra tutti i “segreti” di questa città, quello relativo alla morte di Denis Bergamini era uno dei più miserabili e vergognosi.

Non a caso il titolo che ho scelto è “Vent’anni di omertà”.

Di solito, l’omertà viene abbinata alla mafia o, più in generale, alla malavita. Qui invece l’omertà (rappresentata con i caratteri della polizia ed è davvero il minimo che si potesse fare!) va doverosamente accoppiata a quei pezzi deviati dello stato (magistrati e forze dell’ordine soprattutto) che hanno concepito e insabbiato consapevolmente l’omicidio volontario di un ragazzo al quale tutti volevano bene, uno degli idoli della città di Cosenza.

La malavita sapeva, ha assicurato la copertura logistica ma non ha potuto far niente per rivelare quanto era accaduto. Avete mai sentito parlare, prima che qualcuno (bontà sua) si accorgesse della trattativa tra stato e mafia, di un pentito di malavita che accusa un poliziotto, un carabiniere o un magistrato? O di giornalisti che provano a sputtanare tutto il marcio che c’è dentro la borghesia di una città?

Nella nostra democrazia malata, dunque, è potuto accadere che per vent’anni un omicidio efferato come quello di Denis Bergamini sia stato oggetto di assurdi depistaggi e di indagini semplicemente ridicole. Perché è vero che lo stato non può condannare se stesso senza nessuno che provi a dire la verità ma a tutto c’è un limite. Un limite che, nel caso Bergamini, è stato oltrepassato troppe volte e ha goduto della vergognosa complicità di giornalisti asserviti alle logiche perverse di uomini senza dignità.

Oggi che finalmente è stato dato il via libera a un processo per l’omicidio volontario di Denis Bergamini, quest’opera – che ormai leggete ogni giorno su Iacchite’ nelle sue mille sfaccettature – vuole rappresentare il riscatto di quella parte di Cosenza che ha avuto il coraggio di dire basta e di puntare il dito contro chi ancora oggi crede di poter fare il bello e il cattivo tempo sulla pelle degli altri.

L’altra Cosenza, quella che insabbia e protegge i potenti, ne esce a pezzi. E siamo ancora all’inizio!

Gabriele Carchidi