martedì, Luglio 8, 2025
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Berlinguer a Cosenza, 30 maggio 1976. In 40 mila a piazza Fera, un italiano su tre votava comunista

Il 30 maggio 1976 a Cosenza il fatto del giorno era il comizio di Enrico Berlinguer a piazza Fera. Era il periodo di maggior fulgore del Pci e proprio in quella tornata elettorale del 20 giugno 1976 arrivò un risultato straordinario: 34,4%. Un italiano su tre votava comunista, Quel pomeriggio a Cosenza erano in 40 mila, almeno secondo le cronache del tempo. Ed è dalle fonti in rete che abbiamo tratto le testimonianze che seguono. Partendo dalla pubblicazione “Gli Anni in movimento” con testo di Gianfranco Manfredi.

Berlinguer 1976: un italiano su tre vota comunista

“Non c’è maggior pericolo oggi per l’Italia, che quello di non cambiare”. Questa frase, pubblicata su uno dei primi numeri di questaCalabria, quindicinale di politica, attualità, e cultura, fu la conclusione dello storico comizio tenuto da Berlinguer, in piazza Fera a Cosenza, il 30 maggio 1976. Rende abbastanza bene lo spirito dell’esperienza culturale, politica e giornalistica rappresentata dal quindicinale questaCalabria, nato il 28 febbraio 1976 a Catanzaro, una testata che ha cessato le pubblicazioni il 13 dicembre 1978.
Quella frase potrebbe campeggiare come sfondo ideale della vita del giornae all’esperienza
umana e professionale dei suoi redattori che si trasfuse subito in una titolazione fantasiosa, uno stile asciutto, a volte irriverente, e nel gusto per l’anticonformismo, quasi sempre scomodo..

Nel ’76 il Pci era in continuo movimento e in crescita elettorale e il giornale rappresentava un ottimo strumento politico alla ricerca di nuovo consenso. Le elezioni del 20 giugno furono, per la sinistra, un’occasione importante ed è facile intuirlo dalle colonne del giornale che dedicava, alla preparazione della competizione, ampio spazio. Si parlava di voto di speranza, voto di rottura rispetto al passato, all’azione governativa della Dc basata prevalentemente sul clientelismo. A dare sostegno a questa campagna elettorale del Pci, il 30 maggio 1976, arrivò a Cosenza anche il segretario nazionale del Pci: Enrico Berlinguer. Eravamo 40.000 a piazza Fera, e anche in questa occasione Berlinguer mise in risalto i gravissimi problemi del Mezzogiorno e la situazione di stremo nella quale versava questa parte d’Italia e la Calabria in particolare. Emigrazione prima, disoccupazione poi, drammatica disoccupazione intellettuale: erano queste le più significative tappe
di un distorto meccanismo economico e di una “anacronistica pregiudiziale anticomunista”. Per queste ragioni il giornale chiedeva un voto di cambiamento…” (Gianfranco Manfredi, “Gli Anni in movimento”)

A conclusione della due giorni di voto, nella notte del 21 giugno 1976, il leader del Pci comunica ai suoi elettori i risultati: il partito conquista il 34,4% dei consensi. Di seguito, il ricordo di Collettiva. 

Le elezioni politiche del 1976 per il rinnovo dei due rami del Parlamento italiano – le prime elezioni politiche con il voto ai diciottenni (proprio nel 1976 si tiene a battesimo la prima partecipazione di un presidente del Consiglio in carica a un talk show. È Giulio Andreotti, intervistato da Maurizio Costanzo negli studi di Bontà loro su Rai 1) – si tengono domenica 20 e lunedì 21 giugno.

A conclusione di una giornata impegnativa, nella notte del 21 un emozionato Enrico Berlinguer si affaccia al balcone delle Botteghe oscure affermando: “Compagne e compagni penso che voi conosciate già le indicazioni che sono venute dai primi risultati. In termini strettamente numerici, noi passiamo dal rappresentare, nel 1972, poco più di un quarto dell’elettorato a rappresentare stabilmente, con radici profonde, un terzo dell’elettorato. Un italiano su tre vota comunista!”.

Effettivamente il Pci ha raggiunto il 34,4% delle preferenze (+5 punti rispetto a quattro anni prima), ottenendo 228 seggi alla Camera a conclusione di una campagna elettorale tesa e difficile, caratterizzata da toni di grande preoccupazione.

Lo stesso Indro Montanelli, in vista delle elezioni, aveva chiamato a raccolta tutti i moderati invitandoli a turarsi il naso e votare Dc per impedire ai comunisti di assumere le redini del Paese.

Nuova impetuosa avanzata del Pci, titolerà l’Unità il giorno successivo riportando le dichiarazioni del segretario. Oltre che  nelle tradizionali regioni rosse (Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Marche), i comunisti riportano vittorie nel Lazio, in Campania, Liguria e in Valle d’Aosta.

“Molti hanno interpretato le nostre proposte, durante la campagna elettorale, come ansia di partecipare al governo – affermava a caldo Berlinguer parlando con i giornalisti – È vero, l’abbiamo fatta questa proposta, nell’interesse del paese, ma in noi non c’è nessuna fretta. Vogliamo sentire quali proposte faranno gli altri partiti, in primo luogo la Dc e il Psi. Poi decideremo”.

Il Corriere della sera si domanda “Si potrà governare?”. Scrive Eugenio Scalfari: “Quale governo, in un Paese dove le due maggiori forze politiche, Dc e Pci, totalizzano il 73 per cento dei voti, in un Parlamento dove le due aree del centro e della sinistra si fronteggiano col 47 per cento, e dove le condizioni che ciascun partito pone non sono accettate dagli altri?”.

Nei suoi diari annota Andreotti alla data del 3 luglio: “Oggi Zaccagnini ha preso l’iniziativa di una riunione di tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale, tagliando corto ai suggerimenti di incomunicabilità con i comunisti. È vero che si mette l’accento sul carattere istituzionale dell’incontro quasi non si trattasse di un fatto politico. Ma è una bella pretesa catalogare come ‘tecnica’ una bozza d’accordo che vede la sostituzione di Sandro Pertini alla Presidenza della Camera con il comunista Pietro Ingrao”.

Il 5 luglio s’insedia la VII legislatura: per la prima volta nella storia della Repubblica un comunista è eletto alla Presidenza della Camera dei deputati.

“Sono consapevole – dirà quel giorno – (…) di quanto sia impegnativo succedere in questo incarico a un uomo della statura morale e politica di Sandro Pertini, al quale rivolgo un saluto molto affettuoso e rinnovo il ringraziamento di tutti per ciò che egli ha dato al prestigio e al funzionamento del Par1amento italiano, alla lotta contro il fascismo, per la democrazia e la libertà del nostro popolo. Questa legislatura si apre in un momento grave. Tutte le cose intorno a noi sottolineano l’urgenza di procedere ad un profondo rinnovamento della vita economica e dell’apparato produttivo, indispensabile per ridurre il flagello dell’inflazione, per aprire una possibilità di lavoro qualificato per milioni di giovani e di donne, oggi senza prospettiva, per restituire forza, prestigio e stabilità all’Italia nell’economia mondiale e nel tormentato orizzonte internazionale. Ciò domanderà grande rigore e giustizia nelle scelte che compirete, severità nel costume politico, intelligenza innovativa e respiro democratico nella mobilitazione delle energie creative di grandi masse chiamate a portare il paese fuori dalla pesante crisi che lo percuote. (…) Permettetemi al di là di ogni valutazione di parte di cogliere nella larghezza e nella varietà dei consensi che hanno portato alla mia elezione un segnale: il segno che sta avanzando fra le forze politiche l’esigenza di un rapporto nuovo, che – mantenendo a ciascuna di esse la sua fisionomia – porti ad un rinvigorimento e ad un arricchimento delle istituzioni democratiche”.

Alle 21 e 30 del 29 luglio 1976 il Quirinale comunica la lista dei ministri presentata da Andreotti.

“Come definire questo governo? – dirà il divo – Chiamarlo ‘delle elezioni’ era piatto, ‘della non belligeranza’ ricordava l’illusione di pace nel ’39-40 . Fu il mio consigliere economico Capuggi a trovare una etichetta brillante: eravamo il governo della ‘non sfiducia’ (il governo della “non sfiducia” rimarrà in carica fino al 13 marzo 1978. Tre giorni dopo la storia d’Italia sarebbe cambiata per sempre)”.

Una curiosità: delle due reti nazionali allora esistenti la sola a decidere di seguire il pomeriggio degli scrutini elettorali sarà Rai2 con Bruno Vespa, all’epoca giovane giornalista della non stop elettorale, la prima maratona elettorale televisiva protrattasi dalle 14 sino a notte fonda.

In quel 1976 fa il proprio debutto anche un altro grande protagonista delle stagioni future: il sondaggio, un’anticipazione cioè dei risultati finali che, con il passare delle ore si rivelerà assolutamente azzeccata…

A questo punto chiudiamo il ricordo di quel periodo riprendendo la narrazione di Gianfranco Manfredi su “Gli Anni in movimento”. 

I risultati del voto diedero vincente il Pci e l’edizione n. 10 di questaCalabria fu dedicata prevalentemente all’esito elettorale. Addirittura un intervento di Pietro Ingrao fa da sfondo ai toni trionfalistici di un po’ tutti i politici del Pci calabrese, Franco Ambrogio in testa e poi Rosario Villari e Stefano Rodotà che proprio in quel periodo si stava avvicinando al Pci ma col quale aveva già da tempo instaurato ottimi rapporti di collaborazione questaCalabria, ancora una volta precorrendo i tempi.Data la collocazione temporale e soprattutto la finalità di questaCalabria – costruire un
insieme di intelligenze che potessero dare un contributo alla crescita politico-sociale della regione – era inevitabile il legame fra il giornale e l’Università.
Un rapporto di continua collaborazione, soprattutto per le rubriche culturali, ma un legame
comunque critico e di denuncia di tutti gli aspetti poco innovativi che non rispecchiavano
sicuramente le aspettative dei giovani calabresi.
Il rapporto s’interruppe poi con la presa di posizione del giornale rispetto alle strutture di
Arcavacata che risultaono permeabili a presenze di elementi di organizzazioni terroristiche.
Questa interruzione fu una delle cause della crisi dell’esperienza di questaCalabria, in quanto molte penne del giornale erano collaboratori dell’Università anche se occorre rilevare che tale fase negativa coincise solo temporalmente con la cessazione della pubblicazione.