Bologna. Soldi della ‘ndrangheta in ristoranti e auto di lusso, arrestato imprenditore calabrese

Soldi provenienti dalla camorra e dalla ndrangheta, riciclati e reinvestiti in ristoranti, immobili e auto di lusso a Bologna. Così un imprenditore nato a Crotone ma da tempo residente in città, Omar Mohamed, e un napoletano ritenuto vicino al clan camorristico “Veneruso Rea” (e già pregiudicato per partecipazione ad associazione di stampo mafioso), Massimo Nicotera, sono stati individuati dalla Guardia di finanza di Bologna e sottoposti a misure cautelari.

La maxi-operazione durata anni

Insieme ad altri quattordici soggetti, i due sono indiziati a vario titolo di una serie di reati, tra cui riciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, usura, estorsioni, favoreggiamento della prostituzione e tentato sequestro di persona, alcuni aggravati dal “metodo mafioso”. Una maxi-operazione durata anni che i finanzieri hanno condotto per cinque anni insieme al Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico), con il supporto dei nuclei di polizia economico-finanziaria di Venezia, Brescia, Roma, Napoli e Catanzaro, la cooperazione di Eurojust e dell’unità anti-ndrangheta del Servizio per la Cooperazione internazionale di polizia. Altre misure cautelari sono state eseguite a Padova, Mantova, Latina, Napoli e Crotone, ed emesse dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale, Domenico Truppa, con perquisizioni eseguite anche in Germania.

Società, immobili e auto di lusso “con i soldi della mafia”

“Finanziamenti anomali” e “investimenti quanto meno opachi” sono gli elementi da cui sono scattate le indagini coordinate dal dirigente della Direzione Distrettuale Antimafia Flavio Lazzarini, e che hanno accertato come Mohamed avesse ricevuto bonifici e mazzette dal valore di decine e centinaia di migliaia di euro da Nicotera e almeno un altro pluripregiudicato vicino, questo, alla ‘ndrangheta.

Tali “prestiti” sarebbero stati poi reimpiegati nell’acquisizione di beni localizzati in città come società, magazzini e garage, e auto di lusso tra cui una Porche Macan. Gli investigatori del Gico hanno documentato come il denaro venisse poi “ripulito” e restituito, anche con il coinvolgimento di imprenditori locali, con l’emissione di fatture false.

Confiscati ristoranti in San Mamolo e attività al Dlf

Nel caso dell’imprenditore calabrese, la situazione patrimoniale si sarebbe rivelata sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati. Si è proceduto quindi alla cosiddetta “confisca allargata” di quote sociali, compendi aziendali e immobili per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro. Alcune società gestivano “rinomati locali del centro storico di Bologna, attivi nella ristorazione e nell’’intrattenimento”, rende noto la Guardia di finanza. Si tratterebbero di ristoranti in via San Mamolo e una pizzeria e la gestione di strutture sportive all’interno del Dopo lavoro ferroviario di via Stalingrado. Sono invece ancora in corso perquisizioni tra Italia e Germania.

“Respingere i tentativi di infiltrazione”

“Ringraziamo sentitamente la magistratura, la DIA e la Guardia di Finanza per questa operazione e per l’impegno costante profuso, insieme alle altre forze dell’ordine, per sgominare le presenze mafiose nel tessuto economico del nostro territorio – hanno commentato l’assessora al commercio del Comune di Bologna, Luisa Guidone, e la delegata alla legalità di Comune e Città metropolitana, Giulia Sarti – È fondamentale che il mondo del commercio tenga alta l’attenzione su queste dinamiche gravi, così dannose e pericolose non solo per l’economia ma per la società tutta. Come Comune di Bologna continueremo a offrire la massima collaborazione, anche grazie ai protocolli che abbiamo stipulato, per continuare a svolgere questo lavoro prezioso, respingere i tentativi di infiltrazioni, tutelare l’economia cittadina e diffondere la cultura della legalità”.

“Si tratta della terza operazione in pochi mesi sul settore della ristorazione, un segnale importante – afferma Andrea Giagnorio, referente di Libera Bologna – che ci mette in guardia su un asset strategico, quello del cibo a Bologna, in continua e costante crescita che deve essere sempre più attenzionato. È un’indagine importante che contesta condotte portate avanti, secondo gli inquirenti, con il metodo mafioso nella nostra città, da cui emerge un quadro inquietante. Ancora una volta emerge l’importanza dell’attenzione da parte delle forze di polizia e l’utilità delle segnalazioni che arrivano da parte della cittadinanza”.