Pretendere la verità da chi ha sempre vissuto nella menzogna non è cosa facile. Anzi direi impossibile. È noto a tutti che i bugiardi (cronici) edificano la propria esistenza su fragili fondamenta di sabbia pronte a sgretolarsi al primo soffio di verità: difendere la menzogna è l’unica possibilità di impedire che la loro stessa esistenza crolli. Ed è quello che ha fatto ieri la pifferaia Jole: sgamata la fake news della candidatura di Occhiuto per conto di Forza Italia, si è aggrappata alla menzogna pur di non far crollare il castello di bugie messo in piedi da lei, Roberto e Mario Occhiuto.
Ha negato ogni responsabilità in merito alla diffusione della fake news, fino ad addossare la colpa ai tre giornalisti, di tre testate diverse, responsabili, secondo Jole, di aver diffuso – senza che gli fosse arrivato niente (comunicati o veline), e senza aver parlato con nessuno dei partecipanti alla direzione regionale di Forza Italia – la notizia della candidatura di Occhiuto per conto di Forza Italia, alla presidenza della Regione Calabria. Di più: i tre giornalisti, di provata esperienza e professionalità, per rendere credibile la fake news, secondo Jole, decidono, all’unisono, di pubblicare particolari dell’incontro di pura fantasia, tipo: raggiunto l’accordo tra Abramo e Occhiuto, il primo candidato alle Europee, il secondo alla presidenza delle Regione Calabria. E per dar visibilità alla bufala, decidono pure di lanciare la notizia dedicandogli la “locandina”.
La ricostruzione di Jole, sulla diffusione della bufala, si può così sintetizzare: la responsabilità è dei tre giornalisti che decidono di fare un favore ad Occhiuto, chissà perché e chissà per cosa, lanciando la notizia della sua candidatura di testa loro e inventandosi di sana pianta argomenti mai pronunciati dai partecipanti alla riunione di Forza Italia, il tutto per condizionare l’opinione pubblica e far passare il messaggio che il cazzaro è l’unico candidato possibile, salvo poi a favore fatto ritrovarsi scaricati e accusati di aver prodotto una fake news. Così descritti, da Jole, i tre giornalisti una bella figura proprio non ce la fanno.
Ma veniamo alla verità. Ecco come sono andati realmente i fatti: i tre giornalisti ricevono al termine della direzione regionale di Forza Italia convocata dalla coordinatrice Jole Santelli – e subito dopo la diffusione delle foto di Jole che ritraggono i partecipanti alla riunione dove, non a caso, Mario Occhiuto è ritratto mentre abbraccia Abramo – una telefonata (intesa come contatto) da parte di Roberto Occhiuto che li informa dell’esito e dei contenuti dell’incontro. Interlocuzione accompagnata da una “velina” recapitata, subito dopo l’avvenuto contatto, via mail. E’ Roberto che si adopera presso le redazioni amiche. Il che dimostra ancora una volta come gli Occhiuto hanno sempre controllato l’informazione a Cosenza. Questo se mai ce ne fosse bisogno.
Lo avevamo già detto: lo stratega di casa Occhiuto è Roberto, un personaggio che definire inutile è dire poco. E’ lui l’ideatore della falsa notizia. Lo scopo è semplice: provarci, visto che c’è chi è disposto a pubblicare la fake (in buona fede). Se nessuno se ne accorge passa il messaggio, se sgamato, com’è successo, negare e addossare la colpa ai poveri giornalisti, colpevoli di essersi messi a “disposizione”. Questo “tecnicamente”. Politicamente, invece, lo scopo era quello di anticipare i tempi, bruciare gli avversari e mandare un messaggio ai vertici del partito pompando i contenuti: in Calabria siamo tutti d’accordo per la candidatura di Mario alla presidenza della Regione, e come prova c’è il fatto che lo scrivono anche i giornali.
Un bluff che è andato male ed è finito nel peggiore dei modi.
Infatti subito dopo la diffusione della fake news e lo sgamo, sono iniziate ad arrivare telefonate da Roma a Jole e ad Abramo. Telefonate dai toni alti da parte dei vertici romani di FI che chiedevano conto ai due di quella uscita. Abramo, una volta capito in che guaio si era cacciato, ha subito smascherato il trio (Jole, Mario e Roberto Occhiuto) costretto da Tajani (e chi per lui) a smentire la notizia. Da qui “il ripiego” di Jole che non sapendo come uscire dal casino in cui si era ficcata, accusa i giornalisti di essersi inventato tutto. Ovviamente, fino a che non ha parlato nessuno, gli stava bene leggere sulle locandine: Occhiuto candidato di Forza Italia. Salvo poi negare come una forsennata, a sgamo avvenuto, ogni addebito in merito alla diffusione della notizia, pur di non fare il nome di quella nullità di Roberto. Pensavano, come sempre, di farla franca, perché così sono abituati, e di ipotecare quella candidatura che come vi raccontiamo da tempo, non ci sarà mai. Nessuno del partito vuole più avere niente a che fare con loro, men che meno la Lega, che con un post lo scrive a chiare lettere. Se Occhiuto vuole candidarsi dovrà farlo senza il partito e senza la Lega. Questo è chiaro a tutti.
Così sono andati i fatti, se non l’avete ancora capito questi vivono così: sanno solo raccontare bugie e infamare gli altri. E da vigliacchi quali sono non si fanno scrupoli di addossare, quando vengono scoperti, le proprie responsabilità sugli altri, in perfetto stile occhiutiano. Vili e infami. Gente che accoltellerebbe anche i propri familiari pur di salvarsi. Uno squallore che sembra non voler finire mai. Ma tutto prima o poi finisce, e questo episodio dimostra, inequivocabilmente, il livello di meschinità a cui sono arrivati che è l’anticamera del loro declino, morale, etico e politico.
Chissà se questa, e tutte le altre bufale di Occhiuto e compari, rientrano nel libro che Geppino De Rose si appresta a presentare: Fake di Calabria.