Calabria 2020, gli impresentabili: Pino Gentile (della famiglia dei Cinghiali) e i riciclati dell’Udc

Un’accozzaglia pressoché infinita di truffatori, imbroglioni, massoni (deviati) e impresentabili. Nelle sei liste che hanno sostenuto la candidatura della defunta Jole Santelli. Il numero uno, anche per una questione anagrafica, è Pino Gentile della famiglia dei Cinghiali di Cosenza, classe 1944, da 50 anni ininterrottamente sulla scena eppure ancora insaziabile. Neanche l’ultima ordinanza del blitz di Gratteri nella quale il suo nome figura tra quelli che il pentito Virgiglio – massone anche lui – compongono la “loggia coperta” con Pittelli e Chiaravalloti ha fermato la Santelli. Niente da fare.

L’unica variante rispetto alle previsioni è stata quella della sua collocazione “politica”: Pino Gentile non ha capeggiato la lista della Lega nella circoscrizione di Cosenza ma una lista civica chiamata Casa della Libertà, e ci vuole davvero un bel coraggio… Ma questo “cambio” gli è costato l’elezione perché la lista civica a Cosenza e provincia non ha preso i voti necessari per far scattare il seggio e il Cinghiale è rimasto “intrappolato” o meglio “trombato”…

Compa’ Pinuzzu, tra i leader indiscussi del cosiddetto “superclan dei calabresi” che ha rastrellato tutti i finanziamenti possibili per i suoi porci comodi, ha comunque ancora fame e sete di potere e si dice che adesso abbia “puntato” le prossime elezioni comunali a Cosenza, dove vorrebbe candidare a sindaco la figlia Katya. Esperto nella categoria “mattone”, ha fatto razzia di fondi per l’edilizia sociale distribuendo decine e decine di milioni ai suoi amici palazzinari ed è stato anche rinviato a giudizio dalla procura di Catanzaro dopo averla passata liscia con una sentenza farlocca e assurda dallo scandalo delle case popolari di Cosenza che ha coinvolto anche i clan mafiosi.

Il contenitore nel quale è affluito il maggior numero di impresentabili è l’Udc, una sorta di refugium peccatorum d’altri tempi. Fa impressione il generale Giuseppe Graziano capolista nella circoscrizione Nord. Eletto in Forza Italia ma poi cacciato via perché non si era messo in aspettativa, “trombato” con tredici liste a Corigliano-Rossano dalle cinque liste di Flavio Stasi, rieccolo a cercare gloria. Diverse procure si sono interessate di lui per le sue audaci acrobazie nella doppia attività di soggetto autorizzatore per il ruolo regionale di direttore generale del Dipartimento Ambiente nonché di alto dirigente regionale del Corpo Forestale, attraverso il quale utilizzava ditte conniventi per le concessioni nonché il taglio abusivo di grandi estensioni boschive. E che dire delle autorizzazioni ambientali per impianti fotovoltaici, eolici, discariche, depuratori e così via? Ci fermiamo qui per carità di patria aspettando sviluppi sotto il profilo giudiziario ad inchieste che non possono non approfondire anche questi temi.

Sulla dottoressa Emira Ciodaro da Paola potremmo scrivere un romanzo per quante gliene sono capitate e per come la sua famiglia resta incredibilmente abbarbicata alla politica ma tant’è. La Ciodaro è stata condannata in primo ed in secondo grado per avere, con la propria negligenza, causato la morte di un nascituro; solo la prescrizione – maturata in Cassazione – ha salvato la dott.ssa Ciodaro dalla condanna definitiva; ma è la stessa Cassazione a ricordare che, «stando a quanto evidenziato in entrambe le pronunce di merito, la Ciodaro pare si presentasse al pubblico come specialista in ginecologia pur non essendo tale» e a confermare la responsabilità civile della dottoressa nei confronti delle vittime, condannandola persino alle spese. Senza contare poi che la dott.ssa Ciodaro è la compagna di Sergio Stancato, recentemente scomparso, già assessore regionale all’Ambiente, arrestato in passato nell’ambito dell’inchiesta Artemide sull’interramento delle ferriti di zinco, anche lui salvato dalla prescrizione; ma Stancato è stato anche intercettato mentre chiedeva voti a Carmela Gioffrè, poi condannata in via definitiva nel processo per l’assassinio di Tonino Maiorano. Un bellissimo quadretto, non c’è che dire.

Ma il “pezzo grosso” dell’operazione è senz’altro Tonino Scalzo, proveniente dalle file di Palla Palla ma che aveva già saltato il fosso da tempo, pronto a riciclarsi. Scalzo del resto, e non è una novità, è tra gli esponenti di spicco della “struttura cosentina” di Opus Dei e vanta potenzialità elettorali direttamente legate ai suoi variegati interessi, che lo vedono spaziare su più fronti. Un po’ come i suoi cambi di casacca: l’ex vicepresidente del Consiglio regionale ha infine ottenuto una collocazione all’ombra dello Scudocrociato, dopo aver a lungo corteggiato il partito di Giorgia Meloni. Un “campione”. Ma purtroppo per lui non ce l’ha fatta: “trombato” anche lui fu…

Da sinistra: Scalzo, D’Agostino, Gentile, Graziano. Che bella comitiva!

Pino Gentile, Tonino Scalzo e il generale Graziano sono stati anche clamorosamente sputtanati per la clamorosa condanna che hanno subito dalla Cotte dei Conti, che li ha obbligati a restituire tutti i soldi che avevano illecitamente intascato nella squallida vicenda di “Rimborsopoli”.

Non solo l’uso illegittimo dei fondi destinati ai gruppi, ma anche la rinuncia ad incassare le somme da restituire al Consiglio regionale. Come dire: oltre al danno che c’è stato, si è tentato di mettere in campo anche… la beffa.

Ed ecco perché la Corte dei Conti non ha dubbi nell’infliggere l’ennesima sentenza di condanna per la “Rimborsopoli” in salsa calabrese: «Quanto deliberato dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale si risolve nell’indebita rinuncia a un credito erariale ormai certo». I provvedimenti oggetto del procedimento erariale risalgono al 2015 e fanno seguito a precedenti pronunce della Corte dei Conti, che con delibera della sezione regionale di controllo del 2014 aveva dichiarato irregolare la rendicontazione di cospicue somme.

Secondo la Procura, si sarebbe strumentalmente “dribblato” l’obbligo di restituzione con un’interpretazione normativa illegittima, rinunciando di fatto all’incasso di 531mila 106,77 euro dal complessivo budget da restituire quantificato dalle sentenze definitive. Da qui la condanna inflitta adesso a sei soggetti chiamati in causa, cinque politici e il dirigente del servizio Bilancio e Ragioneria del Consiglio regionale: Giuseppe Gentile, Antonio Scalzo, Francesco D’Agostino, Giuseppe Neri e Giuseppe Graziano dovranno rifondere ciascuno 63.732 euro, il dirigente Luigi Danilo Latella 212.400 euro.

Giusto per la cronaca, va aggiunto un altro soggetto molto particolare: Rosalbino Cerra altri non è che Orlandino Greco “travestito”. Ritenuto impresentabile da Callipo si è immediatamente buttato con l’altra coalizione ma ha perso, poichè alla fine è passato il generale. Orlandino è incappato nelle inchieste del pm Bruni, al quale hanno lasciato prendere lui e Principe prima di essere “promosso” a Paola. Corruzione elettorale con l’allora clan Rango-zingari e una vicenda giudiziaria molto lunga e complicata che arriverà comunque ad un processo. Quanto basta per tenerlo lontano dalle scene ma non per l’Udc, refugium peccatorum.