Calabria. La Commissione Antimafia come una locale di ‘ndrangheta. Ecco come sono stati eletti dai clan Mangialavori e la Ferro

Pietro Giamborino da Vibo Valentia è uno degli uomini-chiave del processo Rinascita Scott. Forse non come Pittelli ma certamente ci siamo vicini. Ex consigliere, assessore e presidente del consiglio provinciale di Vibo Valentia, ex consigliere regionale e comunale, è stato un volto di primo piano nello scenario politico vibonese e calabrese. I pentiti Andrea Mantella e Raffaele Moscato lo accusano apertamente di essere uno ‘ndranghetista. Affiliato alla locale di Piscopio ma sostanzialmente intraneo al clan Mancuso. Pesano, sulla sua figura, parentele ingombranti, iniziando da quel cugino, Giovanni Giamborino, che gli investigatori indicano come il faccendiere di Luigi Mancuso, il “capo dei capi” della ’ndrangheta vibonese.

Oggi Giamborino è ridotto peggio dell’uomo nero. Lo scansano tutti, persino chi fino a qualche mese prima del suo arresto “garantiva” per lui e adesso lo identifica come il male assoluto. Funziona così nel fantastico mondo dei colletti bianchi, specie se sei un imprenditore funzionale alla massomafia e hai un sacco di attività che devono “camminare” grazie agli amici degli amici. Cercano di renderlo inattendibile in tutti i modi perché sanno bene che non è solo indagato ma anche testimone e per il momento sono uscite fuori solo le cose più grossolane e pacchiane o quelle che convengono ai manovratori. In particolare, quelle sulle elezioni politiche del 2018 che ci raccontano una realtà squallida del mondo politico calabrese.

Pietro Giamborino

È il 23 febbraio 2018, Pietro Giamborino è in auto con un amico. È un dialogo lungo e articolato. Si parla delle ambizioni di Giuseppe Mangialavori, Forza Italia, che sarà eletto senatore nel collegio plurinominale Calabria e che punta ad un exploit di consensi Mangialavori, strategicamente, avrebbe appoggiato – come emerge dalle intercettazioni – la candidatura di Wanda Ferro, first lady di Fratelli d’Italia, poi eletta deputata nel collegio uninominale 6.

Un quadretto viscido che descrive in pieno i contatti tra la ‘ndrangheta e la politica e dovrebbe far arrossire parlamentari come Giuseppe Mangialavori e Wanda Ferro, che nonostante quanto emerge sul loro conto stanno ancora dentro la Commissione Antimafia (!) protetti dal loro complice Nicola Morra (che dopo non essere stato ricandidato ha cominciato a ragliare ma non l’ha ascoltato neanche… il bue) e vanno ciarlando ancora di legalità insieme al loro sodale corrotto candidato a presidente della Regione, il parassita sociale legato anche lui a doppio filo alla massomafia, Robertino Occhiuto. 

Ma ecco cosa emerge dalla informativa dei Ros all’interno dell’ordinanza del processo Rinascita Scott. La preoccupazione di Mangialavori è, ovviamente, per il sostegno in vista delle Politiche 2018. Il progetto è quello di riportare il faccendiere del clan Anello di Filadelfia nonché architetto e consigliere comunale di Vibo Francescantonio Tedesco nell’alveo di Forza Italia. I due, secondo le sintesi delle conversazioni intercettate, «parlavano di organizzare un incontro per pianificare il riavvicinamento a Mangialavori del gruppo (Vibo Unica), di cui faceva parte Tedesco, per un appoggio elettorale a scapito di Bruno Censore (esponente e candidato del Partito Democratico). Tedesco suggeriva le mosse che Mangialavori avrebbe dovuto fare: fingere di ignorare Tedesco il quale, da parte sua, avrebbe attuato una finta resistenza al riavvicinamento salvo cedere per non “impiccarsi ad una questione di principio”». “House of Cards” alla vibonese con vista sul Parlamento.

La vista, però, si apre a incontri scomodi e relazioni pericolose. L’architetto, infatti, «ipotizzava di organizzare un incontro tra il boss Rocco Anello e Giuseppe Mangialavori nel corso del quale a quest’ultimo avrebbero entrambi chiesto, ironicamente, delle spiegazioni» rispetto a una presunta «mancanza» della quale il futuro parlamentare si sarebbe reso responsabile nei confronti della moglie di Tedesco. Il riavvicinamento si concretizza e, quando le elezioni si avvicinano, il sostegno per Mangialavori è assodato.

E nel progetto rientra – lo si evince da una chiamata tra Giovanni Anello e Maurizio De Nisi (ex presidente della Provincia di Vibo del quale tratteremo in seguito) – l’appoggio a Wanda Ferro («Noi a chi appoggiamo?», chiede Anello. E De Nisi risponde: «Wanda»).
Questo il passaggio nel decreto di fermo: «L’appoggio a Wanda Ferro, per la Camera, rientrava nell’appoggio politico a Mangialavori». L’idea, al solito, è quella di organizzare una cena «alla quale avrebbe dovuto partecipare Mangialavori e sarebbe stato invitato anche Rocco Anello». «Noh… E no, lo devi conoscere?[…] Guarda, se è solo senza il suo entourage è una persona … Se ti dico…», assicura Tedesco.

Un paragrafo viene intitolato “La campagna elettorale di Censore Bruno: il ruolo di Pitaro Vito”. Bruno Censore per gli amici Brunello, di Serra San Bruno, è il deputato uscente del Partito democratico che, malgrado la messe di voti acquisita, candidato nel collegio uninominale di Vibo Valentia, sarà battuto da Wanda Ferro (Fratelli d’Italia) e Dalila Nesci (M5S). Vito Pitaro, invece, è un dirigente del Partito democratico, grande elettore di Censore, che alle successive amministrative stringerà un patto con il senatore Mangialavori sostenendo il centrodestra e la candidatura di Maria Limardo come sindaco di Vibo Valentia. Più avanti, siamo nel gennaio 2020, verrà ripagato dalla candidatura nella lista della governatrice della Regione Jole Santelli e con l’elezione, nei ranghi del centrodestra, in consiglio regionale. E ancora vorrebbe essere ricandidato, magari con i buoni uffici di Morra, Mangialavori e della Ferro. E poi dicono che la Commissione Antimafia è credibile. Sì, certo, come un locale di ‘ndrangheta…

È il 4 febbraio del 2018, intercettazione telefonica. È la prima di una lunga serie di captazioni nelle quali emerge chiaramente l’avversione di Pietro Giamborino verso il deputato uscente del Pd: «Non si vota Censore nell’opinione pubblica… Poi i voti che sono aggiustati… Ma quelli… ne hanno tutti… mi segui?». E ancora: «Nessuno ha il coraggio di caricarsi con la mafia… Quelli con la mafia si prendono tutto…».

L’ex consigliere regionale Pietro Giamborino non è in pista direttamente, deve scegliere chi votare ed è corteggiato da mesi da diversi aspiranti parlamentari, affinché dia il suo supporto alle elezioni politiche. Il Ros aveva già registrato, infatti, colloqui con le personalità più disparate, tutte speranzose nel suo appoggio: dall’imprenditore che scalpitava per un posto in Parlamento con il Partito democratico, alla professionista dell’informazione che attendeva il via libera dal Movimento 5 Stelle. Velleità poi tramontate. Così, quel giorno, Pietro Giamborino spiega chi avrebbe votato alla Camera: il centrodestra. E dice anche perché: «Io lo voto perché è uno strumento per abbattere Censore, punto e basta».

Questo è il quadro generale dentro il quale si sono svolte le elezioni politiche di appena 5 anni fa in Calabria e non è ancora finita. E prima di andare avanti, è opportuno tornare alla situazione altrettanto grave della Commissione Antimafia, all’interno della quale si trovano ancora (fino a prova contaria) due soggetti come Giuseppe Mangialavori e Wanda Ferro, che sono stati eletti dai clan. Il M5s, del quale ormai non fa più parte il presidente Morra, attraverso una nota ufficiale, aveva denunciato l’assurdità della posizione di Mangialavori ma non ha tratto nessuna conclusione se non quella di… chiedere l’intervento della presidente del Senato Casellati ovvero di una compagna di partito di Mangialavori…

In un Paese normale qualcuno sarebbe intervenuto per tempo ma soprattutto Morra si sarebbe dimesso per… vergogna e invece no, non solo non si è dimesso quando avrebbe dovuto farlo ma ha anche dato il via libera appena 18 mesi fa alle liste del capo di questa associazione mafiosa ovvero Roberto Occhiuto. Il quale, dall’alto della sua mafiosità, ha la faccia come il culo e scriveva testualmente:… La reputazione è uno degli aspetti più importanti per dare un nuovo corso alla Calabria. Purtroppo troppo spesso la nostra Regione è stata associata a scandali, inchieste, pregiudizi. Tutto questo ha provocato un danno enorme alla nostra terra. Un danno che va evitato ad ogni costo… Dobbiamo offrire all’Italia l’immagine di una nuova Calabria. Di una Calabria che il Paese non si aspetta!“. Siamo alla follia.