Calabria 2021. L’asse Robertino-Peppe ‘ndrina contro Abramo e compari. E Ivan scappa al Viminale

Catanzaro Caput Mundi? Da questa risposta passa il futuro prossimo della politica regionale, quella uscita dalle urne del 3 e 4 ottobre che, nei numeri, sancisce la fine dello strapotere dai tratti massomafiosi del sistema Catanzaro, mentre si consolida un nuovo asse politico ‘ndraghetistico che unisce Vibo a Cosenza secondo il volere di Peppe ‘ndrina alias Giuseppe Mangialavori e del re dei parassiti Robertino Occhiuto.

Gli elementi ci sono tutti per parlare di una nuova guerra di mafia, ordita e consumata nelle stanze dei palazzi di governo e nascosta dietro i risultati elettorali, quelli sempre inquinati da un voto comprato ed imposto, da sempre la misura ed il limite della democrazia in Calabria. I fatti, gli antefatti e le risultanze ci dicono che la città di Catanzaro, da sempre il cuore del sistema, sarà terreno di faide interne ed esterne ai diversi partiti, di centrodestra e di centrosinistra, dove la composizione della nuova giunta regionale sarà la miccia che darà fuoco alle polveri secondo la logica dei “soliti” capibastone che devono difendere una loro supremazia territoriale ed al contempo garantire pane ai loro mercenari ormai alla fame.

“La meglio gioventù” cresciuta ad intrallazzi e mazzette, spina dorsale del sistema Catanzaro, guarda al futuro con grande preoccupazione perché i potentati traballano e quindi la “stella” a cinque punte dei Tallini, Parente, Aiello, Esposito ed Abramo non garantisce più nessuno, tanto che sono iniziati i viaggi della speranza alla ricerca di un incarico, di uno stipendio anche part-time, quello che Vibo e Cosenza possono elargire, sancendo di fatto la rottura di un giuramento di fedeltà a quella “Santa” che a Catanzaro è sempre stata camera di compensazione e sistema di governo.

Se la ‘ndrina di Tallini e Parente in Forza Mafia ha cercato di difendere il territorio dai predoni con la candidatura di “…Silvia mia”; anche l’ex senatore Piero Aiello e BraccoBaldo Esposito si leccano le ferite, mentre il loro delfino Marco Polimeni è dietro la porta di Katya Gentile per una nocciolina; così come il sindaco Sergio Abramo è rimasto senza seggiola e senza truppe, tradito da subito da Frank Mario Santacroce che gli ascrive un contributo elettorale inesistente, candidandosi al suo posto per un assessorato regionale forte delle firme false di amministratori locali, la fine prevista del partito di s-Coraggio Italia.

La guerra non dichiarata è all’orizzonte della nuova giunta Occhiuto, passa attraverso il “rimpasto” di giunta quasi annunciato da Abramo e si incrocia con le prossime elezioni comunali di primavera, mentre tutto intorno si sgretola celebrando la fuga fuori dalle mura cittadine. E’ tempo di seppellire i cadaveri nel più breve tempo possibile, di cancellare le tracce che potrebbero portare il procuratore Nicola Gratteri a scoprire altre schifezze, narrate con disinvoltura e celebrate con imperizia dai banchi della politica, insomma un fuori tutti, che nelle ipotesi potrebbe arrostire Forza Mafia, almeno quello che resta in città e decretare per apostasia la fine del duopolio Tallini e Parente, già come rappresentanza di ‘ndrina nel rimpasto di governo cittadino.

Mentre Abramo prepara gli ingredienti per il rimpasto e con il lievito madre scaduto, c’è chi ormai da tempo si è dato alla fuga, o meglio ha giustamente tracciato un suo futuro, ma al contempo riscuote dalla cassa comunale e non garantisce presenza e continuità. Siamo nel tempo del discontinuo, del vedo e non vedo, del ci sono e non ci sono, insomma dei cartonati pubblicitari che sanciscono una presenza di fatto decentrata in quel di Roma. Ivan Cardamone, coordinatore cittadino di Forza Mafia, già vicesindaco ed attuale assessore alla cultura del comune di Catanzaro, essendo passato pure dalla delega al patrimonio, il buco nero dell’amministrazione comunale dove lui stesso dichiarava di avere ricevuto pressioni non meglio specificate, si dice sia vincitore di un concorso presso il Ministero degli Interni e peraltro inserito nell’organico del Viminale, tanto da risiedere ormai nella città eterna.

Da sempre ritenuto il braccio organico della ‘ndrina di Tallini e di Forza Mafia, l’uomo delle cinque ville di Basso Profilo, Ivan Cardamone, continua a riscuotere lo stipendio dal comune di Catanzaro come assessore in remoto, verrebbe da dire, non garantendo la sua presenza e soprattutto nascondendo la verità, di certo facilitata dal clima di complicità ed opacità della politica del sistema Catanzaro. Così Abramo fra farina mancante e lievito andato a male, prepara un rimpasto, che nelle prospettive può salvare i reduci di Forza Mafia e dimentica di continuare a pagare una delega, con i soldi dei cittadini, che non ha la caratteristica dell’ubiquità, quel dono divino scoperto e sbugiardato nella storia di Gettonopoli.