Calabria 2021. “Stop and go”: Amalia Bruni e il progetto-fantasma da 1 milione e mezzo di euro in due anni!

In molti hanno sperato in queste ore che avessimo finito di indagare e di raccontare la “truffa” di Amalia Bruni. Lo hanno sperato tanti in silenzio e qualcuno un poco meno, tirando fuori le ipotetiche capacità divinatorie della scienziata che nei fatti non tornano, ma che diventano il verbo per chi è abituato ad usare la lingua come una carta moschicida. Il quadro che sta emergendo dalle carte e dalle testimonianze dirette che stiamo ricevendo è desolante: le vittime sono sempre i nostri anziani e la speranza di cura tradita. Colei che si ritiene “la vestale” della dinastia della scienza calabrese, Amalia Bruni appunto, che sventola una sua missione quasi sacerdotale, è nella concretezza uno dei più vecchi arnesi delle ruberie italiche che ha costruito il suo regno su una ragnatela di complicità e di opportunità, ma che dimentica di parlare e di spiegare quello che è il vero problema: la questione morale.

Serviranno a poco i suggerimenti e gli appunti di Carlo Tansi, il leprotto claudicante di Agazio Loiero, ed il suo tragicomico codice etico, se la candidatura di Amalia Bruni e della sua bad company nasce nel retrobottega della peggiore politica regionale cosenzacentrica, dove anche il letame si cerca di trasformarlo in oro senza l’intervento di Re Mida, ma usando le mani sporche dei suoi sponsor più diretti: Nicola Adamo alias Capu i Liuni ed Enza Bruno Bossio, meglio conosciuta come Madame Fifì. Già questo basta e avanza!

Vestire i panni della lady di ferro confermando la linea dura nei confronti di chi, sempre nel centrosinistra venne escluso nelle liste del 2020, affermando: «Chi venne escluso all’epoca non troverà posto con noi nemmeno stavolta», la rende ancora meno credibile se nelle sue liste troverà posto magari la stessa Madame Fifì (o magari sua figlia Rita come sussurra qualcuno), la cui credibilità morale è da decenni oscurata da una eclissi totale di sole. «Partiremo dal codice etico del Pd e lo implementeremo con altre norme, magari mutuando qualche previsione inserita da Carlo Tansi in un documento recentemente preparato», così integra il suo ragionamento Amalia Bruni, uno sputo controvento di cui sarà vittima per il fuoco amico, nemico e neutrale, quando magari qualcuno obietterà che il codice Tansi, il manuale delle giovani Marmotte con la sciarpa arancione, l’ha dettato, scritto e corretto Agazio Loiero, quello che non sembra un illuminato ed incolpevole pezzo di storia della Calabria ma solo un dinosauro che starebbe benissimo nel famigerato Jurassic Park.

God save the Queen ricomincino a cantarla a squarcia gola i suoi complici, la pletora dei caproni, perché Queen Amalia nel tentativo di legare il suo foulard di Chanel rischia di farlo diventare un altro nodo scorsoio, quello che potrebbe strozzarla ancora prima di aver varcato la soglia dell’emiciclo di Palazzo Campanella. Affidare la verifica di mafiosità delle sue liste (che dilaga nella concorrenza che da decenni combutta con la magnifica coppia Adamo-Bruno Bossio), ad un magistrato di alto profilo potrebbe soffocarla irrimediabilmente, per questo le suggeriamo noi un nominativo autentico che conosce la politica regionale, nazionale e che peraltro ha chiari i confini della sua ragnatela e dei suoi ultimi sponsor, tipo Rubens Curia diventato improvvisamente “competente”. Se ha coraggio (ma ci crediamo pochissimo) ndichi come nome quello dell’ex senatrice Doris Lo Moro, il cui lavoro di sintesi e derattizzazione non farà piacere né a Loiero, né a Curia e nemmeno a lei, la divina Amalia Bruni. E’ aperta la sfida!

La bacchettata sulle nocche alla scanzonata Amalia Bruni gliela dà proprio Enzo Ciconte sulle colonne del Domani del 23 luglio 2021, accusandola di aver aperto a sproposito la bocca nel rilasciare un’intervista a Repubblica, tanto da affermare: «La ‘ndrangheta è questione di cui si devono occupare i tribunali». Il professore Enzo Ciconte considera paradossale questa affermazione tanto che basterebbe ad Amalia Bruni considerare che la città dove vive, prospera e fa i suoi affari sulla pelle dei malati di demenza e Alzheimer, è Lamezia Terme, il cui consiglio comunale è stato sciolto per mafia per tre volte! Le consiglia di studiare prima di parlare, perché l’argomento ‘ndrangheta è qualcosa che attraversa la società dove tante persone con la schiena dritta hanno pagato un prezzo: magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, imprenditori e tanti comuni cittadini.

«Io mi auguro che il Pd dica cose diverse dalla sua candidata su questo argomento, e mi attendo che Enrico Letta pronunci parole chiare perché il Pd ha una sua storia antimafia e molti amministratori, dirigenti, iscritti sono impegnati su questo terreno. A tutti questi non si può dire: Contrordine amici e compagni, adesso della ‘ndrangheta ci pensano i tribunali. Voi fate altro» così ha aggiunto Enzo Ciconte aspettando una risposta dallo chansonnier di Parigi, mai pervenuta perché troppo impegnato a portare in processione la Madonna pellegrina con i proconsoli del Nazzareno.

Lapidaria è la conclusione di Enzo Ciconte che facendo riferimento sempre a Queen Amalia, aggiunge: «Non basta dire come fa la candidata che “uno che è indagato deve farsi da parte anche se si sente innocente per non mettere in difficoltà gli altri” perché ci vuole davvero molto di più. I grandi uomini della ‘ndrangheta e anche altri mafiosi come Cutolo, Riina e Provenzano sono morti sentendosi innocenti. Io non ho mai conosciuto un mafioso che non si sentisse innocente. Persino Buscetta, che pure ha denunciato con vigore gli uomini di Cosa nostra, disse a Giovanni Falcone: “Io non mi devo pentire di niente”. Appunto: si sentiva innocente!».

La questione morale così come declinata all’acqua di rose da Amalia Bruni non convince nessuno. Il 23 luglio 2021 nella sua prima uscita nella città di Catanzaro, si presentava seduta al tavolo con Luigi Incarnato, segretario del Psi ma soprattutto imputato nel troncone principale del maxiprocesso alla ‘ndrangheta Rinascita-Scott, nato dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia catanzarese coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, accusato di voto di scambio in una vicenda legata alla creazione di un centro di accoglienza per migranti, che ha definito la Bruni una candidata a 18 carati! C’è pure nel parterre de roi un altro vecchio drago della politica devastatoria della storia catanzarese, quella che della sanità ne ha fatto banchetto spolpandola fino all’osso, Pierino Amato che fa gli onori di casa senza toccare l’argomento perché non conviene né a lui, né a Queen Amalia da anni seduta al tavolo ricco della spartizione e della truffa alla sanità calabrese.

La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità…”, diceva Paolo Borsellino, ma questo sfugge all’attenzione della candidata Amalia Bruni, l’ha detto anche Enzo Ciconte, perché lei, Queen Amalia, sa bene che nelle sue cucine siedono loschi figuri molto più che impresentabili rispetto ad una esigenza di questione morale. Agazio Loiero, Nicola Adamo, Enza Bruno Bossio, Rubens Curia e tanti altri che piano piano verranno a galla, sono quelli che l’hanno messa sul trono regionale, che le hanno regalato il kit di presentazione per la filibusta, come esisteva quello di Forza Italia e quello della massoneria, fatto di cappucci e grembiuli. Ma va tutto bene, perché i suoi complici e sostenitori sono quelli che riescono a trafugare anche le bucce di patate, facendole passare per patè de foie gras, consentendole di narrare un’altra trama di rieducazione della società, un suo metodo Montessori, dove le ruberie e la massomafia sono un vezzo e non una realtà e dove i diritti dei cittadini sono regali concessioni: “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”, tradotto «Se non hanno più pane, che mangino brioche».

Noi a questa lettura non ci stiamo non per la nostra storica eresia, ma per un dovere morale e di giustizia che dobbiamo alle tante famiglie calabresi che hanno conosciuto la demenza e l’Alzheimer e che, nel loro cammino hanno incrociato la “strega” Amalia. Le testimonianze scritte che abbiamo letto sono devastanti nell’anima, tanti figli, tante mogli e mariti ci descrivono il Centro Regionale di Neurogenetica come una specie di loggia, guidata da una donna – Amalia Bruni – «fredda ed algida, dal cuore mummificato, incapace di fare un sorriso diverso da un ghigno animale, che mai ha fatto una carezza a quei malati che dice di curare, ma che per lei sono solo gli elementi di un pallottoliere con cui fare soldi». Noi non aggiungiamo altro, ci basta quello che abbiamo letto come una confessione dell’anima e quello che abbiamo rintracciato nei documenti.

E allora riprendiamo esattamente da dove avevamo lasciato. L’operazione “Stop and go” effettuata dalla Guardia di Finanza su delega della DDA di Catanzaro del procuratore Nicola Gratteri ha messo in luce il sistema truffaldino esistente nell’Asp di Catanzaro con il quale sono stati volatilizzati fra favori e ruberie circa 300mila euro dei fondi destinati alla non Autosufficienza co-finanziato dalla Comunità Europea per un budget totale di 750.592,00 euro, per quel “piano delle Demenze” voluto dall’ex Direttore Generale Gerardo Mancuso in adesione al DGR 582 del 6 settembre 2010, giunta Scopelliti.Il progetto aveva una durata biennale e gli obiettivi erano ambiziosi, almeno nello schema presentato, mai realizzato al netto di viaggi per mogli, figli, missioni a Roma e Bruxelles ed altre piccole ruberie della cricca dei complici dell’Asp amici di Amalia Bruni che con il suo Centro Regionale di Neurogenetica recitava un ruolo di leader e di formazione cura. La Guardia di Finanza si è fermata alla traccia dei soldi, quelli visibili degli ingordi, ma forse avrebbe dovuto andare più a fondo incrociando i dati e verificando se qualcosa è piovuto sul Centro Regionale di Neurogenetica e come sono stati spesi. Il nostro è un modesto suggerimento che lasciamo alla sensibilità del procuratore Nicola Gratteri.

Non stiamo raccontando fandonie, leggiamo le carte che parlano di un centro di riferimento identificato nel Centro Regionale di Neurogenetica cui afferiscono, vengono trattati e resi disponili i dati della demenza per tutti gli attori coinvolti su una piattaforma informatizzata. Questo non è mai esistito, nemmeno decollato se quello che dicono le famiglie calabresi ha un senso, quello della verità e se i malati di Alzheimer continuano a morire come cani nelle RSA lager di Calabria, quella regione che doveva in forza di un piano regionale delle demenze, identificare reparti dedicati per la malattia e strutture aperte sempre nelle RSA. Chiedete in giro, fatevi delle domande sul perché. La risposta è semplice ed ha dei nomi molto conosciuti e riconosciuti nelle carte delle diverse procure regionali, gentaglia come i fratelli (i)Greco, la dinastia di Ennio Morrone, il faccendiere catanzarese Claudio Parente con il suo degno socio Massimo Poggi, il nuovo business-man Carminuzzu Potestio, prestanome di Roberto e Mario Occhiuto, don Pierino Citrigno ed il suo rampollo Alfredo, senza dimenticare gli interessi di qualche curia calabrese infiltrata di massomafia e di affaristi con la tonaca.

Amalia Bruni non è certamente meglio di questa gentaglia e forse il procuratore Nicola Gratteri dovrebbe farle qualche domanda, se resta fermo il concetto che chi ruba, specula e fa affari sulla malattia e sugli anziani, merita la galera, altro che candidatura alla Regione Calabria! Noi non pretendiamo di essere creduti solo perché abbiamo fatto un’affermazione pesante, che non ci serve a fare scoop, è una logica che non ci appartiene quando narriamo una verità che è documentale.

E’ per questo che pubblichiamo lo stralcio del documento che abbiamo citato, quello da 750.592,00 euro.

Si tratta del famoso portale informatizzato che doveva essere sviluppato dal Centro Regionale di Neurogenetica, sulla base del modello sperimentale già in essere e ritenuto idoneo alla sperimentazione sul campo.

Ed ancora…

L’aspetto assistenziale e di ricerca sulla malattia di Alzheimer, nonché i percorsi di sostegno a gruppi di mutuo soccorso per favorire le relazioni interpersonali, l’empatia e la comunicazione sulle demenze…

Ed infine.

La diagnosi tempestiva usando la duplice veste del Centro Regionale di Neurogenetica come centro di assistenza e ricerca, per elaborare procedure da usare nella clinica corrente, usando le capacità dei laboratori presenti…

Noi non aggiungiamo alcun commento, ci stiamo mordendo la lingua, lasciamo alla libera coscienza di chi vorrà avere la pazienza di leggere la nostra analisi facendosene una personale idea. Noi restiamo fermi a quello che ci hanno scritto le famiglie calabresi che hanno incontrato per sfortuna “strega” Amalia ed il suo carrozzone circense: «una donna fredda ed inospitale con il suo centro dove si prescrivono solo medicine e basta!».

Una riflessione ed un auspicio però ci sia consentito.

A cosa serviva impegnare 750mila euro per i primi 12 mesi sui fondi 2010 ed altrettanti 746mila per altri 12 mesi sui fondi 2011, se poi siamo in presenza di un normale ambulatorio che ancora chiamano Centro Regionale di Neurogenetica? Chiamatelo pure CDCD (Centri per i disturbi cognitivi e Demenze) uno degli altri 38 presenti in Calabria, dove nella migliore delle ipotesi la demenza resta ancora assimilata ad una malattia mentale, con buona pace di Basaglia, che si cura con la prescrizione di farmaci solo per ingrassare i gommoni delle big pharma, che poi finanziano i seminari, le abbuffate pagate anche dai cittadini, dove sempre sono sgraditi i malati, da non invitare nemmeno al buffet!

Ed ancora, perché il procuratore Gratteri non manda qualcuno a fare una ispezione nei laboratori del “centro” di Queen Amalia? Avrebbe certamente qualche sorpresa sgradita, da rendere pubblica magari con qualche indagine per danno erariale e per truffa diffusa. Deve prima farsi largo fra macerie e ragnatele!

L’abbiamo citato e ne pubblichiamo il documento, è sempre lo stesso progetto su cui la Guardia di Finanza ha avuto da ridire con l’operazione “Stop and go”, che viene replicato sui fondi FSN 2011 per la somma di 746.947,00 euro, stessa spiaggia stesso mare. Questa volta porta la firma di Rubens Curia, Dirigente del settore LEA della regione Calabria all’epoca di Loiero, che non era certo “l’usciere” anonimo insieme alla “Maria fuori onda” del generale Cotticelli. Avremo modo di parlarne in seguito, il tempo ce l’abbiamo e la strada è ancora lunga.

Rinnoviamo però l’invito a Queen Amalia di nominare proprio Doris Lo Moro a verificare la bontà delle sue liste, quella che qualche callo l’ha pestato al suo amico e mentore Rubens Curia ed ai tanti papponi che sono l’altra faccia della medaglia di Amalia Bruni e di tutti quelli che hanno rubato le speranze dei calabresi in tema di salute, ma che oggi diventano “competenti” per una verginità rifatta dall’avanzare dell’età e non della demenza…almeno in questo caso purtroppo…