OCCHIUTO COME CALIGOLA: MA QUANTO DURERA’ QUESTA GIUNTA DI FAMIGLIA?!
La nuova giunta regionale più la guardiamo e più ci convinciamo che è la conseguenza della presunzione di Roberto Occhiuto di poter fare quello che vuole perché ormai il popolo calabrese lo ama (?!?). Non è il primo politico che all’improvviso si sente toccato dell’infallibilità parapapale. Il caso più eclatante è stato Matteo Renzi che, dopo il 40% conquistato alle Europee, pensava che l’Italia lo adorasse. Fu l’inizio della fine che arrivò dopo un anno con il referendum costituzionale. La stessa strada sta percorrendo Roberto Occhiuto. Che esattamente come Renzi non se ne accorge, circondato com’è da lecchini, cameriere, cortigiani, cicisbei e signorsì.
Ieri abbiamo rievocato anche la storia e a dire il vero ci hanno pensato in molti: con la nuova giunta siamo davanti ad una specie di nuovo Caligola, l’imperatore romano che nominò il suo cavallo senatore. Questo straordinario cavallo si chiamava “Incitatus” e le cronache di storici come Svetonio vengono ricordate ancora oggi come paradossi, che tuttavia non sono molto diversi da quelli di oggi. Ci vuole “fegato” a nominare assessore la “cummare” Eulalia di Mario Occhiuto ma anche la Pasqualina del “sistema Straface” che ha portato allo scioglimento per mafia del comune di Corigliano e la cui nomina ha “liberato” in Consiglio nientepopodimenoche Piercarlo Chiappetta, bancarottiere di Serie D (pena patteggiata a 2 anni…) e fustigatore senza vergogna della malattia di Jole Santelli. Per non parlare del “cavallo” di Cannizzaro che non si chiama “Incitatus” ma “Cirillus”, un soggetto tragicomico senza né arte né parte se non quella di esaudire i desiderata dell’altro aspirante “imperatore” Ciccio “Bumminus” Cannizzaro.
C’è da rimanere scioccati all’annuncio che Robertino vuole fare una consulta della cultura. Si torna al Medioevo con i giullari e gli eruditi di corte. La nuova giunta appattuma solo i suoi desideri, quelli del fratello Mario, in parte di Ciccio Cannizzaro e molto in parte di Gianluca Gallo. Che è incazzato nero perché lui alla Straface – e anche con molte ragioni – non la digerisce proprio…
Poi riserva delusioni, amarezze, bocconi amari a quasi tutti gli altri siano essi partiti importanti come Fratelli d’Italia o pezzi importanti della stessa Forza Italia a partire dalla Succurro o forze più marginali come Noi Moderati. La domanda nasce spontanea: può una giunta avere nel proprio interno una distribuzione territoriale così sbilanciata e sfasata? Vediamo insieme.
1) CIRCOSCRIZIONE SUD. Su sette assessori ben due componenti sono espressione territoriale della Locride, uno Galabrese, quello con la zeppola, per Fratelli d’Italia e l’altra Eulalia Micheli di Forza Italia che però è stata voluta fortemente dai fratelli Occhiuto. Sempre della Locride sarà il nuovo presidente del Consiglio regionale Cirillo, voluto in questo caso da Ciccio Cannizzaro. Una provincia come quella di Reggio Calabria che ha dato il 70% dei consensi al centrodestra viene concentrata in pochi kmq. Non un assessore alla città di Reggio Calabria, né alla piana di Gioia Tauro dove il centrodestra arriva a punte dell’80%.
2) CIRCOSCRIZIONE NORD. Qui due assessori, e siamo a quota quattro, che sono Gianluca Gallo e la Straface. Entrambi operano nell’alto Jonio cosentino ed è per questo che Gallo non avrebbe voluto Pasqualina dentro la giunta a fargli “ombra”. Anche qui sbalordisce la mancanza assoluta dell’altra grande città, Cosenza. Forse una punizione per non aver votato il suo figlio Robertino della ditta Occhiuto. Un affronto. Pagato anche con la “benedizione” del nuovo ospedale a Rende. Così come tutta la costa tirrenica viene nuovamente trascurata.
3) CIRCOSCRIZIONE CENTRO. Qui siamo ai casi più eclatanti. Due province importanti come Vibo Valentia e Crotone restano fuori. I due assessori eletti sono espressione della città di Catanzaro, Filippo Mancuso della Lega e Montuoro di Fratelli d’Italia. Resta ancora una volta fuori Lamezia Terme. Nelle scelte compiute traspare chiaramente il nuovo disegno politico di Roberto Occhiuto, che in fondo è sempre quello di utilizzare gli altri, amici e nemici, per fare gli affari politici propri e della famiglia. A Crotone fa un’alleanza con il sindaco Voce che si basa sulla ricandidatura di questi a sindaco della città. Vedrete che le dimissioni date da Voce entro un paio di settimane rientreranno. E che prevedeva anche l’elezione di Sergio Ferrari il sindaco di Ciró Marina che è stato l’unico eletto di Forza Italia nel collegio.
4) VIBO VALENTIA. Il caso Vibo Valentia merita un capitolo a parte. Nell’ultimo consiglio regionale la provincia di Vibo esprimeva tre consiglieri regionali. Due di minoranza, Raffaele Mammoliti e Antonello Lo Schiavo, entrambi sonoramente bocciati. E uno di maggioranza, Michele Comito di Forza Italia. Il dottore Michele Comito, primario all’ospedale Jazzolino, fu eletto con oltre 12 mila voti di preferenze. All’epoca, quattro anni fa, era espressione dell’allora segretario regionale Giuseppe Mangialavori che era considerato l’astro nascente di Forza Italia in Calabria. Tanto potente che tutte le indagini anti ‘ndrangheta messe su da Nicola Gratteri, nonostante parlassero di lui e dei suoi rapporti opachi con alcune ‘ndrine vibonesi, non l’hanno mai visto raggiunto nemmeno da un avviso di garanzia.
Grazie a Giuseppe Mangialavori, Michele Comito diventa capogruppo di Forza Italia nel consiglio regionale e Rosario Vari, un professionista che viveva a Roma diventa assessore allo sviluppo economico. Grazie anche alla parentela con la famiglia Petrolo e quindi anche con Tonino Daffinà. Il potere di Giuseppe Mangialavori prende un brutto colpo con la caduta della sua madrina politica romana, la famigerata gridazzara Licia Ronzulli (cervello zero, almeno la Carfagna aveva altre qualità…), quando Berlusconi concentrò la sua attenzione politica e non solo sulla sua nuova compagna, la Marta Fascina.
Questo cambio di equilibri romani portò dopo pochi mesi alle dimissioni di Mangialavori da coordinatore regionale e all’ascesa di Ciccio Cannizzaro da Reggio Calabria, e portò soprattutto a far fuori Maria Limardo dalla ricandidatura a sindaco a Vibo Valentia. Si arriva così alla candidatura di Roberto Cosentino, dirigente alla Regione Calabria, scelto da Tonino Daffinà, amico per la pelle di Occhiuto e da Michele Comito, che tentava di salvare la pellaccia cambiando squadra e amicizia. La città di Vibo viene così consegnata a Enzo Romeo per la felicità di Mangialavori, che fu il primo a complimentarsi a spoglio appena iniziato. Oltre a Roberto Cosentino questa data può essere ricordata anche come la dipartita politica di Michele Comito da consigliere regionale. Ecco come si arriva a scendere dai 12 mila voti ai sei mila di oggi. Anche perché Maria Limardo si candida con la Lega portandogli via circa quattromila voti e perché Mangialavori candida e fa votare Vito Pitaro con Noi Moderati che supera i 12 mila voti.
In più aggiungete che Michele Comito é cognato di Giovanni Arruzzolo, parlamentare di Rosarno non più in sintonia con Ciccio Cannizzaro. La conseguenza è che Michele Comito da capogruppo regionale di Forza Italia viene dirottato a capeggiare la lista del presidente. Un chiaro declassamento. In pratica il povero Michele Comito si è trovato stritolato nelle lotte interne di Forza Italia. Arriva secondo nella lista Occhiuto e spera fino all’ultimo di essere ripescato o come consigliere regionale o come assessore. Ma non capisce che ormai anche per lui la campana suona la sua morte politica e che Roberto Occhiuto ha puntato su altri cavalli e cavalieri. Il prossimo sarà Mangialavori. Così il Vibonese rimane scoperto e fuori gioco. Non che prima con consiglieri e assessore avesse contato molto ma adesso proprio non è più considerato.
CONCLUSIONI. La domanda è sempre la stessa. Quanto può reggere una giunta così impostata e debole? Sarà fatta fuori insieme al suo presidente dall’azione della magistratura o ci penseranno i partiti amici avvelenati dal l’arroganza di Occhiuto? Dei partiti di minoranza abbiamo scarsa considerazione. A tre giorni da questo obbrobrio di giunta spicca in maniera assordante il silenzio dei segretari dei partiti maggiori da Nicola Irto a Ferdinando Pignataro passando per Anna Laura Orrico. La musica è sempre la stessa. Sono di una incapacità disarmante…










