Calabria 2025. Occhiuto e l’eredita berlusconiana della “politica”

Il portale “Generazione” ha pubblicato una bella e approfondita inchiesta sulla Calabria di Occhiuto. Katia Sabbagh ha analizzato la strategia comunicativa di Occhiuto e ha passato in rassegna tutti i gravissimi problemi irrisolti della regione mettendo in modo spietato a confronto le cazzate e la realtà. Abbiamo suddiviso l’inchiesta in diverse parti, a iniziare dalla “strategia”

di Katia Sabbagh

Fonte: Generazione 

Le vicende politiche della Regione Calabria sono la sintesi della crisi amministrativa del paese Roberto Occhiuto ha fatto della guida della Regione Calabria un banco di prova per una comunicazione politica fortemente personalizzata, incentrata sul tema del “riscatto calabrese”. Dietro la forza delle parole e di un racconto ben costruito, però, si cela una realtà ben più complessa

Le dimissioni lampo di luglio 2025, a seguito di un’inchiesta per corruzione, e la contestuale ricandidatura segnano l’apice di una parabola in cui la potenza della narrazione ha sostituito il bilancio reale dell’azione di governo regionale.

LA STRATEGIA DELLE DIMISSIONI-NON DIMISSIONI

Quando la politica diventa marketing

In un sistema democratico maturo, le dimissioni di un Presidente di Regione rappresentano un atto politico di grande rilievo: interrompono il mandato conferito dai cittadini e segnano una presa di responsabilità di fronte a eventi che compromettono l’azione amministrativa. È un gesto che dovrebbe essere accompagnato da trasparenza, riflessione e rispetto delle forme istituzionali.

Il caso di Roberto Occhiuto si discosta radicalmente da questo schema. Il 31 luglio 2025, alla vigilia degli Stati Generali del Mezzogiorno di Forza Italia, ha annunciato le sue dimissioni non in una conferenza stampa istituzionale, ma con un video diffuso sui social media. Una scelta tutt’altro che neutra, che dice molto di come la politica contemporanea tenda a reinventare – o meglio, a piegare – le regole del gioco democratico alle proprie esigenze comunicative. “Non ci faremo fermare, mi dimetto e mi ricandido”, ha dichiarato, trasformando un atto formale in uno slogan elettorale. La strategia, infatti, è ribaltare una crisi giudiziaria in un’opportunità politica, facendo delle dimissioni non un’ammissione di responsabilità, ma il trampolino di lancio per una nuova campagna elettorale.

La retorica dell’assedio

Dopo l’avviso di garanzia per corruzione ricevuto nel giugno 2025, Roberto Occhiuto ha costruito una narrazione precisa: quella dell’uomo solo al comando, ostacolato da un sistema ostile. Ha adottato toni da crociata personale, ricorrendo a quella che gli esperti di comunicazione politica definiscono “retorica dell’assedio”. Una strategia tipica dei leader in difficoltà, che offre vantaggi evidenti: trasforma l’indagato in vittima, i magistrati in persecutori e gli avversari politici in nemici del territorio. Così, l’inchiesta giudiziaria – anziché essere affrontata con trasparenza – diventa un’occasione per rilanciare l’immagine e rafforzare il consenso.

Il messaggio implicito è che non conta ciò che emergerà dalle indagini, ma ciò che decideranno le urne. “Questa volta il futuro della Calabria lo decidono solo i calabresi”, ha affermato, fondendo abilmente volontà popolare e presunzione di innocenza. Questa narrazione mira a trasformare un’eventuale rielezione in una sorta di assoluzione politica preventiva, un precedente che, se consolidato, rischia di minare alla radice il principio di separazione dei poteri su cui si fonda la democrazia.

LA PERSONALIZZAZIONE DEL POTERE: UN MODELLO CHE SVUOTA LE ISTITUZIONI

L’eredità berlusconiana nella politica calabrese

La vicenda Occhiuto non è un caso isolato, ma rappresenta l’evoluzione di un modello politico ben radicato nella storia recente dell’Italia: la personalizzazione della leadership. Silvio Berlusconi lo inaugurò nel 1994 con Forza Italia, un “partito personale” costruito interamente attorno alla figura del leader. Gli elementi chiave di questo modello – controllo dell’informazione, risorse economiche significative, carisma personale e capacità di comunicazione – sono diventati progressivamente dominanti nel panorama politico italiano. La televisione prima, i social media poi, hanno reso questo approccio non solo possibile, ma quasi inevitabile. La politica si è trasformata in spettacolo, dove conta più il modo in cui si comunica qualcosa piuttosto che il contenuto effettivo del messaggio.

Roberto Occhiuto incarna pienamente questa tradizione. Ha saputo trasformare un atto giudiziario in un’occasione per rafforzare il proprio ruolo, mostrando una padronanza delle tecniche di comunicazione contemporanea che supera le competenze amministrative convenzionali. Ma questo processo ha un costo: le istituzioni smettono di essere garanti dell’interesse collettivo e si trasformano gradualmente in strumenti al servizio del progetto politico personale del leader di turno.

Con la campagna elettorale ormai conclusa, Occhiuto non ha perso occasione per rivendicare i pochi risultati positivi ottenuti, scaricando invece ogni responsabilità dei fallimenti su altri soggetti. Privatizzare i meriti, socializzare le colpe: è una strategia che funziona, ma che svuota il senso stesso della politica. Le elezioni anticipate, inoltre, comportano costi aggiuntivi per il bilancio regionale e interrompono la continuità amministrativa in un momento particolarmente delicato, con progetti PNRR in corso e fondi europei da spendere. Una mossa che rafforza il leader, ma indebolisce la Calabria.

PROFILO DI UNA LEADERSHIP IBRIDA

Le radici di una scalata al potere

Roberto Occhiuto, nato a Cosenza nel 1969, incarna una “leadership ibrida” tipica dell’Italia contemporanea, che intreccia imprenditoria, giornalismo e politica. Laureato in Economia all’Università della Calabria, ha fatto della comunicazione strategica il suo punto di forza, padroneggiando sia media tradizionali che piattaforme digitali per costruire narrazioni politiche incisive.

Il suo percorso politico, iniziato nella Democrazia Cristiana, lo ha portato progressivamente nel centrodestra, fino a diventare figura chiave di Forza Italia nel Mezzogiorno e vicesegretario nazionale nel 2024. Questa posizione ha un’ambivalenza strategica: quando i risultati dell’amministrazione regionale sono positivi, il merito viene rivendicato personalmente; quando emergono ritardi, criticità o fallimenti, la responsabilità viene sistematicamente attribuita al “centro” che continua a trascurare le esigenze del Sud. Una narrazione flessibile che gli permette di indossare, a seconda delle circostanze, i panni dell’uomo delle istituzioni o dell’outsider che lotta per il riscatto del territorio calabrese.

Il trionfo elettorale del 2021 e i suoi limiti

La consacrazione politica di Occhiuto è arrivata con le elezioni regionali del 2021, dove ha ottenuto una vittoria netta con il 54,46% dei consensi, doppiando la candidata del centrosinistra-M5S Amalia Bruni (27,68%). Questo successo è stato reso possibile da una coalizione ampia e ben coesa che ha saputo tenere insieme Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, UDC, Forza Azzurri, Coraggio Italia e Noi con l’Italia. Tuttavia, al di là del trionfo in termini di percentuali, emerge un dato che merita particolare attenzione: l’astensionismo si è attestato al 55,6%, una cifra che evidenzia la persistente sfiducia di una parte significativa dei calabresi verso la politica regionale.

Lo slogan della campagna elettorale – “La Calabria che l’Italia non si aspetta” – racchiudeva l’ambizione di restituire centralità a una regione troppo spesso relegata ai margini. Era una promessa di trasformazione profonda che, a quattro anni di distanza, presenta un bilancio molto più complesso e contraddittorio di quanto la narrazione ufficiale lasci intendere.

1 – (continua)