La sanità pubblica non è una bandiera da sventolare in campagna elettorale. È una battaglia da vivere ogni giorno.
In Calabria, terra ferita e dimenticata, ci raccontano che il centrosinistra è il fronte della difesa della sanità pubblica. Che vogliono cambiare tutto, curare chi non può pagare, restituire dignità agli ospedali, ai medici, agli infermieri. Alle persone.
Poi però, tra le loro candidate, troviamo una figura legata a doppio filo a un colosso della sanità privata. E tutto si incrina. Tutto si contraddice.
Ma allora a cosa è servita la lotta? A cosa sono serviti i partigiani che hanno dato la vita per un’Italia più giusta?
A cosa è servita la coerenza morale di Enrico Berlinguer, che rifiutava ogni compromesso con il potere?
A cosa sono serviti l’esempio e la schiena dritta di Sandro Pertini, che parlava con gli ultimi, non con i lobbisti?
Se oggi ci ritroviamo a vedere candidati che incarnano gli interessi della sanità privata all’interno di uno schieramento che dice di volerla combattere… allora qualcosa si è rotto.
La sanità pubblica non è perfetta, ma è un pilastro costituzionale. È un diritto, non un servizio in saldo. Non può essere il terreno di conquista del profitto. Non si può parlare di “difesa del pubblico” e poi candidare chi con il pubblico compete — e spesso lo affossa.
Questo non è solo un errore politico. È un insulto alla memoria di chi ha lottato, a chi ogni giorno aspetta mesi per una visita, a chi non ha alternative se non il pronto soccorso.
La sinistra o è popolare, o non è.
O sta con chi non ha voce, o è parte del problema.
O si batte davvero per la sanità pubblica, o non merita di rappresentarla.
La coerenza è rivoluzionaria. Ma oggi sembra merce rara.









