Calabria 2025. Sul “Titanic” del centrosinistra gli “statisti” continuano a ballare (di Francesco Di Lieto)

Penso sia un dovere sporcarci le mani. Il voto di ognuno pesa come un pugno sul tavolo, e non possiamo stare alla finestra a guardare la nostra terra mentre inesorabilmente affonda.
Per questo, pur sapendo che il mare è torbido e che la barca non è la mia, mi piego al rito del “voto utile”; mi “turo il naso” proprio come chi passa accanto a una nauseabonda discarica… e penso di dover votare Occhiuto.

Sì, proprio lui: non certo per convinzione, ma per disperazione.
Perché dall’altra parte, sul Titanic del “centrosinistra”, mentre lo scafo si spacca nell’acqua gelida, gli “statisti” continuano a ballare, eleganti e leggiadri.

Dinnanzi un disastro di proporzioni bibliche, i loro “capibastone” sono troppo indaffarati a tessere trame contro se stessi, divorati dalla fottuta paura di poter vincere; pronti a sabotare la nave pur di conservare il privilegio di rimanere nei salotti di prima classe.
Penso sia doveroso – e per qualche istante perfino liberatorio – mandare a quel paese questa cricca di “intellettuali organici” del cosiddetto “centrosinistra”, mestatori da retrobottega, ladri di speranze, mendicanti di voti travestiti da rivoluzionari di cartapesta.

I protagonisti dello sfascio, i banditi che stanno saccheggiando ciò che resta della sanità pubblica, gli strozzini e i mercanti di vite, purtroppo sono (osannati) ovunque. In questa finta contrapposizione ideologica che cela una squallida guerra tra comitati d’affari c’è una sola differenza; questa destra è spudorata: ha già divorato la Calabria e vuole continuare a farlo, alla luce del sole, come padroni di un feudo. Il cosiddetto “centrosinistra”, parimenti colpevole, almeno ci risparmiasse la morale: predicano giustizia con la bocca impastata di privilegi, si vestono da compagni ma tengono il portafoglio in banca e intanto barattano la nostra terra come fosse una vacca da monta.

Per la Calabria, oggi, la rivoluzione è questa: mandare a… lavorare questi comici di terza fila, sapendo, nel fondo amaro dello stomaco, che domani un’altra masnada prenderà il loro posto e che, ancora una volta, resteremo soli a guardare il campo incolto.