Calabria 2025. Tridico, la solita proposta del candidato “v(u)oto a perdere” del Pd

Pasquale Tridico, l’uomo che l’asse M5s–Pd vorrebbe vendere ai calabresi come “volto nuovo”, di nuovo non ha proprio niente. Ex presidente dell’Inps, con un curriculum lucidato a colpi di comunicati stampa e foto istituzionali, è in realtà un perfetto prodotto di sistema: forgiato nei salotti romani tra Pd e Cgil, travestito da grillino per convenienza, e oggi pronto a incarnare l’ennesima operazione di riciclo politico. Dietro il suo finto sorriso rassicurante e la retorica dell’alternativa, restano i fatti: il caso della falsa dirigente di Crotone, gli appoggi politici agli amici degli amici (vedi Lo Moro), gli incarichi senza concorso, il maxi-aumento di stipendio retroattivo a 150 mila euro, le ombre sui contributi universitari durante l’aspettativa. La scalata politica di Tridico non può certo definirsi limpida e trasparente. E sono proprio questi suoi “trascorsi” a renderlo il personaggio ideale da inserire in questa squallida pagliacciata che sono le elezioni regionali del 5 e 6 ottobre.

La questione “elezioni”, dopo le dimissioni e l’annunciata ricandidatura di Roberto Occhiuto — maturate in un contesto di scontro tutto interno al centrodestra, legato alla gestione degli intrallazzi privati con la cosa pubblica — per i vecchi marpioni travestiti da politici, è delicata. Seppur interna al centrodestra, riguarda tutti: gli affari loschi nelle istituzioni pubbliche, per i marpioni, vengono prima di ogni altra cosa. E, come tutti sanno, sono trasversali alla politica. Quindi il problema è anche del Pd, che di intrallazzi vive da sempre. E non può certo restare a guardare il sistema che si sbriciola. Ma la situazione non è semplice: Roberto Occhiuto, con le sue dimissioni, ha costretto il fuoco amico a uscire allo scoperto, obbligandolo a prendere posizione sulla sua ricandidatura, scongiurando così il rischio logoramento e l’ipotesi di un suo possibile sostituto all’interno del centrodestra. Allo stesso tempo ha sottratto tempo prezioso a una candidatura che, da qui a un anno — termine naturale della legislatura regionale — sarebbe potuta diventare davvero pericolosa per la sua riconferma: quella di Flavio Stasi. Una mossa, quella di Robertino, dettata dalla disperazione, perché non poteva fare altro, e che non è stata certo un lampo di genio. Ma ha funzionato. Almeno fino a oggi.

È questo lo scenario che i marpioni del partito trasversale politico–massonico–imprenditoriale devono affrontare in queste elezioni farsa: da un lato devono gestire un candidato come Roberto Occhiuto, inviso a tutta la paranza politica trasversale intrallazzona per via del suo arraffare tutto, capeggiata, in questo caso, da Fratelli d’Italia e da pezzi importanti di Forza Italia: il fuoco amico che ha mosso guerra contro Occhiuto proprio per esautorarlo dal ruolo, stanchi della sua perenne sete di denaro. E sono proprio loro a temere più del cosiddetto centrosinistra la sua rielezione: se mai questo dovesse avvenire, la vendetta di Occhiuto potrebbe avere effetti devastanti sui loro intrallazzi. Ma non possono fare a meno, per mere questioni di immagine pubblica, di appoggiarlo pubblicamente e devono in qualche modo trovare una soluzione, sottobanco, per impedirne la rielezione.

E, dall’altro, l’urgenza di mettere subito in campo una figura da contrapporre all’oramai certa candidatura di Roberto Occhiuto sotto le insegne di tutto il centrodestra. Una figura malleabile e adattabile a tutti gli scenari possibili di queste elezioni farsa. Scenari che possono essere diversi e imprevedibili. Ed è qui che entra in scena il PD che, come sempre, quando si tratta di affari e intrallazzi, non fa mai mancare il suo aiuto ala paranza. Perché in tutta questa storia non c’è nulla di politico: non ci sono programmi, idee, proposte, discussioni o valutazioni. E non è solo per una questione di tempi stretti, come qualcuno vorrebbe far credere: è sempre stato così. La politica istituzionale è solo una questione di affari. Ed è così anche questa volta: l’unica differenza è che questa volta c’è la complicazione Occhiuto da risolvere.

Scongiurato il pericolo Stasi, che, come si sa, può nuocere gravemente agli intrallazzi – ma attenzione ancora non è detta l’ultima parola -, lo scenario per il Pd si presenta fantastico: a questi, come tutti sanno, non interessa vincere o perdere; a loro, che fanno parte a pieno titolo della paranza politica trasversale, interessa che il sistema intrallazzi ritorni a funzionare come sempre. Non esiste centrodestra e centrosinistra: quello che esiste è la rodata filiera trasversale degli intrallazzi, che va salvaguardata, e chi siede sulla poltrona da presidente deve avere chiaro questo. Non bisogna essere fedeli agli ideali per fare il presidente: l’unica fedeltà che si chiede è quella agli intrallazzi. È l’occasione per il Pd di garantirsi, comunque vada a finire, un posto al sole. E Tridico è la persona giusta. Il suo nome è una genialata, perché quando si tratta di salvaguardare gli intrallazzi, il PD le soluzioni le trova.

Il Pd non ha niente contro Occhiuto e, soprattutto, non è il mandante dei suoi guai. Anzi, il Pd e gli Occhiuto hanno sempre fatto buoni affari insieme. E hanno sempre stretto, sottobanco, accordi. Uno su tutti: l’elezione di Franz Caruso a Cosenza, che ha vinto il ballottaggio con i voti degli Occhiuto. Al Pd la città di Cosenza, agli Occhiuto la Regione, lo sanno tutti. Ed è proprio in nome di questo vecchio accordo che il Pd, per non sembrare ostile agli Occhiuto, ha deciso di mettere in campo un candidato di cartone come Tridico, che al Pd deve tanto e non può dire di no. Deve fare solo la comparsa e adattarsi a seconda della situazione, tanto non ci perde niente. Il Pd ha bisogno di mostrare un gesto di cortesia nei confronti di un vecchio sodale. Un modo per restare neutrali nella faida in corso nel centrodestra. E Occhiuto gradisce: sa bene che Tridico, oltre ai pochi voti di apparato che il Pd riesce a procurargli, giusto per non farla sporca, non va lontano, e contro di lui potrebbe anche farcela.

Del resto, Tridico non è certo una figura che mobilita i tantissimi calabresi sfiniti dalla falsa politica che non si recano più alle urne. Quelli che dovrebbero fare la differenza e sterilizzare il voto d’apparato che, in nessun’altra regione d’Italia, è controllabile e manipolabile come in Calabria. Tridico, a differenza di Stasi, per Occhiuto, non è un candidato temibile. Occhiuto può giocarsela. E se Occhiuto dovesse farcela, il Pd, a capo della macchina macina-intrallazzi regionale, si troverà una persona non certo a loro ostile. Una mossa astuta, e ben calibrata. Questo è uno scenario.

Ma ce n’è un altro che potrebbe avverarsi e che dipende dal fuoco amico, a cui sta bene un candidato di sistema come Tridico, burattino del Pd, piuttosto che un vero antisistema come Stasi. Bisogna, però, impedire a Occhiuto di ridiventare presidente. Un certo numero di voti, per disciplina di partito, saranno costretti a garantirglieli: un’eventuale débâcle elettorale si rifletterebbe anche sulla maggioranza di governo e scoprirebbe le carte con i cittadini. Spostare decine di migliaia di voti, dell’apparato del centrodestra, all’apparato del centrosinistra, è un’operazione che si nota. Una mossa troppo rischiosa che confermerebbe la tesi, certa, del fuoco amico. Serve una soluzione per allontanare la paura che, contro un candidato come Tridico, Occhiuto possa farcela. Uno scenario così, per loro, sarebbe la rovina.

Non resta che una strada: quella giudiziaria. Un bell’atto giudiziario consegnato durante la campagna elettorale potrebbe azzopparlo politicamente, il che potrebbe giustificare la perdita di consenso e, quindi, vistosi spostamenti di voti. Un alibi perfetto. Ma è un coltello a doppio taglio: se ciò dovesse verificarsi, Occhiuto potrebbe passare da perseguitato a vittima e potrebbe prodursi l’effetto contrario, con un’ondata di solidarietà dei calabresi nei suoi confronti. Una scelta difficile. E con esiti incerti.

Potrebbero aspettare e, nel caso in cui dovesse essere eletto, colpirlo giudiziariamente, da presidente. Rendere il suo insediamento complicato e costringerlo ad abdicare. Anche questa opzione presenta delle incognite enormi. Non è detto che, una volta eletto, l’azione della magistratura — che, come si sa, agisce a comando — nei confronti di Occhiuto prosegua. Una sua eventuale rielezione a furor di popolo potrebbe costringere anche la Meloni a rivedere la sua posizione nei confronti di Occhiuto. E questa volta scendere in campo con tutto il governo a difesa di Occhiuto. Sarà costretta a difenderlo da eventuali “attacchi” giudiziari, in nome della sovranità popolare che lo ha rivotato e rivoluto alla presidenza. E se così sarà, Occhiuto pretenderà la testa di chi si è messo a capo della congiura contro di lui: sarà questo il prezzo da pagare per una nuova tregua.

Comunque vada, o con Tridico presidente o con Occhiuto presidente, al Pd va bene. E tutto questo Tridico lo sa, ma non si sottrae a diventare il candidato del sistema. L’unico che potrebbe sbrogliare la matassa e ridare dignità e speranza ai calabresi è Flavio Stasi. Lui sì che smuoverebbe i tanti calabresi che non votano da anni. Ed è per questo che fa paura alla paranza tutta. E non è un caso se il Pd non ha neanche pensato per un attimo a proporlo come candidato, perché, lo abbiamo detto, al Pd non interessa vincere: gli interessano gli affari, quelli loschi. E con Stasi questo non è possibile. Invece con Tridico tutto è possibile. Votare Tridico significa esprimere un “voto a perdere”. Significa perdere l’occasione, per tutti i calabresi, di dare un calcio in culo al sistema. Indipendentemente dal fatto se la paranza deciderà di farlo vincere o perdere. Resta, per la Calabria, se ma dovesse essere Tridico il candidato, un voto perso.